Dai diari di Tano Pinna, di Umago d’Istria

art. parac. della 3^, poi 2^ btr. \ I° Gruppo

 

 

 

 

 

ANDARE 305?

BONI TALIANI!

 

 

DEDICATO A COLORO CHE NON SI PIEGARONO

 

 

 3  gennaio ’45: fedele al Re o alla Patria? Il giuramento che valore ha?

10 gennaio ’45: la neve sul gebel, i freddolosi e le sentinelle negre.

20 gennaio ’45: finalmente arriva la posta

10 febbraio ‘45: domani al 305

11 febbraio ’45: viaggiando

12 febbraio ’45: in treno, nelle stazioni, il saluto degli arabi

13 febbraio ’45: El Kassassine, arrivo nella notte.

14 febbraio ’45: Gabbie rosse, gabbie nere.

 

 

 “3 gennaio 1945 – villaggio Luigi di Savoia  - tra Cirene e Berta, 600 mt s.l.m.

 

Ci siamo decisi, presentiamo domanda per andare al 305

Siamo in tredici, Pinna. Vicentini, Fiumi, Longo, Papi, Venturi, Taddei, Amorini, De Jure, Laguzzi, Bolla, Bertoncello: numero fortunato o no?

La lettera viene consegnata a Trampus per il comando inglese;

E’ stata una decisione meditata o impulsiva?

Un giorno ci pentiremo?

Gli ufficiali, apostoli della collaborazione, di tanto in tanto recuperano qualche collaboratore;non sempre lo fanno sapere, dicono solamente:”…tra di voi molti hanno già firmato, sono tra voi..”

“…i nomi vogliamo…”chiediamo insistendo.

“…i nomi non vi interessano, vi dico che in questo campo si sono oltre sessanta cooperatori…”

Sono tra noi e tacciono?

Perché?

Strano modo il loro, forse ha firmato anche l’amico che mi sta vicino?

Ha paura?

Ha vergogna di se stesso?

E’ semplicemente un povero diavolo che non ha il coraggio dei propri atti.

Pensò e si chiese, all’italiana:”Mi conviene?”

Prevedevo lo sfaldamento, la massa ha sempre navigato con il vento in poppa, la massa si colora per convenienza ed al momento giusto, un minuto prima del naufragio salta nella nuova barca e si salva…

Che fine avranno fatto i miei ufficiali, e quelli delle altre divisioni che hanno combattuto fianco a fianco dei tedeschi in tante battaglie?

Tutti abbiamo giurato fedeltà al re e alla Patria!

Il giorno del giuramento è stato un giorno di festa: “…giuro di essere fedele al re …per il bene inseparabile del re e della Patria.”

Il re era quello del Carso, quello che a Peschiera volle la linea sul Piave, quello che i miei avi attesero e salutarono come liberatore.

Quel giorno, quando il colonnello brandendo alto lo stendardo del giuramento, ci chiese:”Lo giurate voi?” mi sentii un brivido, forte e deciso risposi “Lo giuro!”.

Fedeltà alla Patria prima di tutto.

Ed il re?

Il re passa, la casa regnante si può estinguere, la monarchia può finire, la Patria non passa, non si estingue, non finisce.

Può un uomo essere succubo ad un giuramento fatto ad un altro uomo?

Il giuramento ha valore giuridico o morale?

Quale è in primo piano?

Io credo che sia il valore morale, che è imperativo ma che presume la libera volontà.

La morale non passa con l’uomo, neppure con le generazioni, non sfiora il materialismo, anzi, è l’opposto.

I motivi per cui molti hanno deciso di firmare la collaborazione hanno un fondamento molto prosaico, il giuramento è una scusa.

 

10 gennaio

 

Su tutto il Gebel soffia una tramontana che mi ricorda “el borin” di casa.

La temperatura è scesa d parecchi gradi.

Gli arabi dicono di non ricordare tanto freddo, solo i più anziani si ricordano di un inverno molto rigido con neve quindici anni fa.

Ci svegliamo un po’ intirizziti, fuori è tutto bianco!

Tre dita di neve sono pochine, ma …siamo in Africa!

Siamo come i bambini, la neve ci rende allegri.

Volano le pallate, qualcuna vola sui baschetti londinesi, gli ufficiali regi…temono il freddo, non si fanno vedere!

Evitiamo le teste nere, non si sa mai la reazione, sono con gli occhi fuori dalla testa, tremano, non sanno dove mettere le mani…in tasca non le possono tenere.

Chi ha la divisa militare la indossa, chi ha il pastrano lo indossa, chi non ha nulla …circola con la copertina sulle spalle…o non circola.

 

10 febbraio

 

“Domani mattina partirete per il 305” ci comunica Trampus.

Finalmente!

La nostra allegria infastidisce il comando inglese e non meno i regi ufficiali.

Gli amici offrono quanto hanno:”…vi servirà almeno per il viaggio…”.

Sapendo che andiamo incontro a rigide perquisizioni non prendiamo niente, ci verrebbe tolto tutto all’arrivo.

 

11 febbraio

 

Subito dopo la distribuzione del tè arriva un camion.

Le guardie sono pronte: nove soldati, tre graduati, un maresciallo nero.

Noi siamo tredici, loro sono tredici…

Un saluto a chi resta.

Entra la scorta armata, ci accompagnano al camion, nessuna ispezione.

Passiamo per il villaggio Luigi di Savoia, Berta, Derna, Tobruk, una corsa di oltre duecento chilometri.

Ci portano in un campo di collaboratori.

Ario Fiumi incontra il vice comandante della sua compagnia, il ten Rossi.

Non è un piacevole incontro.

Pernottiamo.

 

12 febbraio

 

Al mattino ci consegnano i viveri per due giorni: il solito scatolame.

Ci portano a Sollum, dove ci fanno salire su un treno che ci porterà a destinazione.

Siamo in un vagone normale, tra tanti viaggiatori arabi, partiamo alle 16.00.

Soste a Marsa Matruk, El Dabà, El Alamein, El Imajd.

 

13 febbraio

 

Sono le otto del mattino, arriviamo ad Alessandria, ci fanno scendere per cambiare treno.

Alcuni arabi, riconoscendoci come prigionieri di guerra italiani, in quanto indossiamo tutti la divisa militare, ci chiedono in perfetto italiano:”Andate al trecentocinque?”.

Alla nostra risposta affermativa ci salutano con il saluto romano e noi lietissimi rispondiamo nella stessa maniera.

Le guardie non interferiscono, avranno capito qualcosa?

Dopo una lunga sosta, durante la quale consumiamo il pasto, si parte per Tanta.

A Tanta ci fanno scendere e ci ordinano di sedere a terra, siamo davanti al bar della stazione.

C’è tanta gente, e non solo militari, ci sono anche molte donne, arabe, sudanesi, anche bianche.

Noi là, in bella mostra!

Si avvicinano alcuni arabi:”Andare al trecentocinque?”, ci sussurra il più vicino.

Alla nostra risposta ci sentiamo dire:”Boni taliani!”.

Certamente abbiamo molti amici tra gli egiziani.

Le donne ci guardano, ci scrutano, sorridono, ammiccano?

Non è che abbassiamo lo sguardo, anzi, c’è chi si spinge un po’ con i gesti, molto eloquenti.

Le “mambruke” ridono!

Mi alzo, mi avvicino al maresciallo. Gli chiedo di poter andare al bar a bere: “Possibile drink, thirst”.

“No possibile, sit down”  risponde gutturalmente il nero.

La mia richiesta ha incuriosito un marinaio inglese.

Anche se porta la divisa della marina inglese, mi sembra un tipico meridionale italiano: bruno, labbra carnose, capelli neri ed ondulati, occhi scuri, grassoccio, non alto, gesticolante, chiacchierone.

Si avvicina al maresciallo e discutono tra loro.

Alla fine il maresciallo ordina d una guardia di accompagnarmi al bar.

Il marinaio è stato il mio avocato?

Si avvicina, mi dice qualcosa in inglese.

Non parlo l’inglese” dico tondo tondo.

Parlez vous francaise?” mi chiede.

Oui, mais parlez doucement” gli rispondo.

Ci provo con il francese scolastico della signora Benedini.

Al bancone del bar mi offre una birra, parla di sé.

E’ figlio di italiani all’estero, nato a Liverpool, nel 1940 naturalizzato inglese, da piccolo è stato in Italia ai campi Dux con i Fasci degli Italiani all’Estero.

Mi offre delle sigarette, raduna pacchetti dai suoi amici e tanti ne compera, offre sigarette e birra a tutti.

Penso:”Questo vuole discolparsi di essere diventato marinaio di Sua Maestà Britannica?”

Mi chiede da dove veniamo e dove siamo diretti.

Domanda degli altri amici.

Ho l’impressione che stia volentieri in mezzo a noi.

Si sente tra paesani?

Il nostro è un discorso lungo e direi cordiale.

Non sempre ci si capisce, non mi è facile trovare tutte le parole, mi faccio comprendere intramezzando nel discorso qualche parola in inglese, qualche altra in italiano, in arabo.

Quando voglio mandarlo al diavolo mi esprimo in dialetto.

Siamo ancora sul treno, sosta a Bena e a Zagazig.

Seduto accanto al maresciallo comandante della scorta mi sono gustato una scenetta …

Un arabo gli ha chiesto:”What time is it?”

Il maresciallo, che in quel momento aveva una scatola di biscotti sulle ginocchia, ha messo la mano in tasca per prendere l’orologio, con l’altra si appoggiava per allungare la gamba e l’arabo, veloce come un fulmine, gli ha fregato la scatola messa accanto.

Se ne accorto solo dopo, quando si è girato per rispondere e l’arabo …. era sparito…con il pacco.

Arrabbiatissimo ha chiamato le guardie per inseguirlo, poi, pensando che così ci lasciava soli…le ha richiamate.

Grasse risate da parte di noi tutti e degli arabi …e forse anche di qualcuno della scorta.

Scendiamo a El Kassasine.

Sono le venti e trenta.

Qui siamo attesi.

Le guardie che ci prendono in consegna, ci trattano come fossimo delinquenti.

Quasi non possiamo parlare tra noi, domandiamo dell’acqua, ci rispondono “Sciarap!”.

Con ordine secchi un sergente inglese, urlando come un pazzo, ci spinge verso il camion.

L’autista corre, infila tutte le buche, ha fretta?

Le luci del campo ed il suo notturno silenzio ci vengono incontro.

Le guardie ci pungolano con la punta delle baionette, ci spingono con i calci dei fucili, l’ufficiale impugna la pistola.

Siamo tanto pericolosi?

E’ una sceneggiatura di “ouverture”?

Ci spingono in un piccolo recito di pochi metri quadrati, senza tende, sotto le stelle.

Cala il silenzio, mentre quattro guardie cominciano il turno, cadenzando un lento passo che affonda nella sabbia.

I riflettori sciabolano nelle tenebre.”

 

 

 

            Roma, 4 Novembre 1963 – I Reggimenti della Folgore sono decorati di MOVM -   Ecco un  gruppo di

                folgorini ex 305, Tano Pinna è il secondo da sinistra, Glauco Vicentini è il primo in ginocchio a destra.