Operazione "Canguro 11"
Il 2 luglio 1993 le unità
della "Folgore" per la prima volta dopo la fine della seconda guerra
mondiale parteciparono agli scontri a fuoco del check point "Pasta".
In particolare la mattina del 2 iniziò l'Operazione "Canguro 11" che
prevedeva un rastrellamento nel quartiere di Heliiwa posto alla
periferia nord-est di Mogadiscio. Si sospettava la presenza di
miliziani somali e ingenti quantitativi di armi.
Alle ore 0500 i
reparti occupavano le basi di partenza e successivamente prendevano la
loro posizione nel dispositivo.
Inizialmenta veniva effettuata
la cinturazione del quartiere da parte del raggruppamento Alfa
costituito su base 185° reggimento artiglieria "Folgore".
Alle
ore 0600 circa i reparti responsabili dell'attività di
rastrellamento superavano la linea di partenza controllando le singole
case, i depositi di materiali, i vicoli del quartiere. Già
dalle prime battute venivano requisite molte armi e munizioni e tale
fatto scatenava l'ira dei miliziani somali che reagirono.
Inizialmente aizzando la folla e subito dopo attacando con azioni di
cecchinaggio i singoli militari.
Immediatamente il comando
italiano al fine di non inasprire la situazione e per evitare inutili
rischi alla popolazione del quartiere interrompeva l'Operazione e dava
ordine ai reparti di ripiegare e rientrare agli accampamenti.
Durante questa delicata fase la popolazione si scagliava contro
i paracadutisti con fitte sassaiole e, nel contempo, offriva protezione
ai miliziani che effettuavano azioni di fuoco improvvise e mirate.
In questa prima fase cadeva il Sergente Maggiore PAOLICCHI del 9°
rgt. Col Moschin decorato poi di medaglia d'oro al valor militare alla
memoria.
Quando ormai i reparti avevano terminato il
ripiegamento, i miliziani si spostavano dal quartiere di Heliiwa
all'incrocio fra la via Imperiale e la via XXVIII ottobre ,dove era
ubicato il check point "Pasta" e attaccavano i paracadutisti di
presidio. Gli stessi, essendo in numero limitato, chiedevano
rinforzo e il Comando del Contingente inviava un complesso meccanizzato
composto da paracadutisti della 15^ cp. del 186° "Folgore", della 12^
cp. del 183° "Nembo" e da Lancieri dell' 8° rgt "Montebello".
COSA SUCCESSE A BORDO DEL VCC DEL PAR.BACCARO
La squadra del Serg.Magg Monti, impegnata dal mattino
nel rastrellamento, mentre ritornava alla base seguendo gli ordini del
Comando, incrociò i mezzi diretti verso il Check Point Pasta.
Monti chiese ed ottenne di salire a bordo del VCC insieme ai
suoi uomini,nessuno dei quali rifiutò di partecipare all'operazione.
Tra questi il par.ZANIOLO,fuciliere assaltatore del 183mo ,
compagnia Leopardi, che rimarrà gravemente ferito gravemente ad
una mano .
Secondo Mitragliere del VCC , il Paracadutista
Baccaro.
Monti si sedette a ridosso del portello, intravedendo
il corpo di Baccaro sopra di sè , posizionato in torretta.
Non
conosceva nessuno in quell VCC, tranne i suoi ragazzi.
La
colonna,appena arrivata in prossimità del chek point,fu
immediatamente bersagliata da intensi attacchi a fuoco dei miliziani che
sparavano sia con armi automatiche che con armi controcarro :i temibili
RPG.
Uno di questi colpì il VCC 1 della 15^ cp.,infilandosi tra
la blindatura appoggiata sulla carrozzeria, ed il corpo macchina.Pur non
esplodendo completamente ,nella sua traiettoia colpì,ferendolo a morte,
il cle BACCARO (medaglia d'oro al valor militare alla memoria).
Ci racconta il Mar.Monti:
"quando il cingolato
si fermò iniziammo immediatamente a sentire i colpi arrivare numerosi.
Per esperienza sapevo che un cingolato fermo pieno di uomini era una
trappola mortale. Per questo urlai verso il pilota del mezzo di
aprire il portellone e farci uscire.La mia squadra, che avevo con me da
oltre sette mesi al 183mo, avrebbe saputo cosa fare.L'avevamo ripetuto
centinaia di volte in esercitazione.I miei ragazzi apparivano tranquilli
e sapevo che uscendo avrebbero eseguito la procedura senza esitazioni.
L'atmosfera iniziava a diventare pesante. Si avvertiva il
pericolo imminente, poi,d'improvviso un boato, fumo, le urla dei miei
ragazzi. Il corpo di Baccaro,sopra di me, che si affloscia.La sua gamba
quasi staccata dal corpo.Il sangue inizia a macchiare copiosamente la
mia mimetica. Un dolore sordo al ventre: mi guardo e vedo il mio
intestino.Una scheggia mi aveva asportato la parete muscolare , mi hanno
detto in seguito all'ospedale,procurandomi un taglio di 20 cmt x 30.
Spingendo con la mano sulla pancia, urlai immediatamente "TUTTI
FUORI!!!" azionando il comando manuale del portellone, e trascinandomi
dietro afferrandolo per un braccio il paracadutista seduto di fianco a
me.Lui fece lo stesso con il suo vicino,ed in pochi secondi eravamo
fuori. Il fuoco dei miliziani letteralmente grandinava sopra il
cingolato. Se non fossimo usciti in pochi secondi saremmo morti
tutti.Il secondo"rpg" era probabilmente già pronto.
I miei
ragazzi uscirono e si disposero a difesa.Stranamente non avvertivo alcun
dolore, e rimasi lucido.Ci appoggiammo all'angolo di una casa ,io fui
aiutato dal serg BOCCINI,che mi trascinò per le ascelle, dopo che mi ero
tolto quello che rimaneva del mio giubbotto antischegge..Avevo Baccaro
con la sua testa sulle mie gambe.Gli tenevo la fronte e lo rassicuravo.
Intorno a noi vedevo e sentivo i Paracadutisti che si difendevano.
Il pilota del VCC tenne in moto il cingolato... Baccaro
lentamente perdeva la vita. La sua fronte diventava sempre più fredda.
Intravidi il ten Paglia che si schierò a difesa dei feriti,
ingaggiando uno scontro a fuoco furibondo, ed incitando i suoi a
coprirsi e ragire.
Zaniolo, con le dita amputate dal dardo che
aveva colpito anche Baccaro ,senza un lamento , si appoggiò al muro
della casa, con l'arma in mano.
Non potendo sperare nei
soccorsi,bloccati lontano da noi, Paglia decise di utilizzare lo stesso
cingolato per evacuare la squadra con i feriti....
Mi
rialzai,aiutato da Paracadutisti a mia difesa, e mi stesi nel cingolato
che era rimasto in moto con il pilota a bordo.Il povero Baccaro di
fianco a me.
Durante il viaggio verso l'Ambasciata,protetto dal
Capitano Ratti,intervenuto velocemente con un ARIETE, Baccaro mi disse
"Ho sete". Giunti al riparo il Medico,parlando con un infermiere disse
di Baccaro: " Non c'è più.Se n'è andato": """
Continua la cronaca di qualla maledetta mattina: All'interno
del VCC si trovavano il Serg. Magg. MONTI con i caporali VICENZETTO,
ZIVILLICA e ZANIOLO tutti seriamente feriti.
MONTI colpito da
una nuvola di schegge subìva l'asportazione di un consistente lembo
muscolare dell'addome, ZANIOLO subiva l'amputazione di tre dita della
mano.
Dopo il rimpatrio ed il ricovero all'Ospedale Militare del
Celio hanno subìto importanti interventi chirurgici.Un lungo calvario
per il serg.magg MONTI,ora Maresciallo Capo in servizio al 183mo Nembo
decorato con Medaglia d'Argento al V.M., che non è ancora terminato: sta
ancora sopportando interventi chirurgici per l'asportazione delle ultime
schegge.
I Paracadutisti VICENZETTO e ZIVILLICA,la cui foto ha
fatto il giro del mondo caricati sullo scafo della Blindo Centauro del
Sottotenente TIROLO attraversavano la zona degli scontri, oltrepassavano
le ostruzioni stradali realizzate dai somali e giungevano sani e salvi
alla base del 185° rgt. Artiglieria.
Un
fotoreporter dell'Associated Press fotografava quella blindo nel momento
in cui idue caporali feriti, sdariati sullo scafo, e il Capitano RATTI
di fianco alla torretta giungevano al check point "FERRO" e il giorno
successivo, la scena era immortalata sulle prime pagine di tutti i
giornali .
Ecco il il racconto del Tcol Ratti:
Salii sullo scafo del centauro, imbracciando l'arma.
Non riuscivo a valutare la gravità dei feriti se non dalla
enorme chiazza di sangue che sporcava la mimetica ed il blindato.Ordinai
pertanto di mettere in movimento immediatamente il blindo ed esfiltrare
senza indugi verso l'Ambasciata ITALIANA. Una timida reazione del
Capo Carro fu superata da un mio ordine ancora più perentorio .La
situazione poteva ulteriormente degenerare, ed i ragazzi all'esterno
rischiavano di venire colpiti dai miliziani ormai inferociti. Il
carro si mise in movimento.Il conduttore,sporgendosi dalla torretta mi
guardò senza parlare, indicandomi con gli occhi una barriera
apparentemente invalicabile. Gli risposi con il mio sguardo,senza
parlare. Lui capì che non avrei accettato un fermo del mezzo oppure una
inversione ed accellerando travolse il mucchio di masserizie,rottami di
auto,bidoni , oggetti in ferro di ogni tipo, permettendoci di
raggiungere una zona sicura Consegnai i feriti. Nonostante
l'invito dei miei superiori di rimanere al comando per coordinare le
operazioni dei miei uomini, decisi di sfruttare la disponibilità
del Centauro per ritornare al CHECK POINT PASTA. Appena arrivato
vidi subito una scena terribile: i feriti appoggiati in un angolo, il
VCC con il corpo del Ten Paglia sdraiato e sanguinante.Sangue
dappertutto a fiumi.Gianfranco era silenzioso e cosciente.Il sangue non
scorreva più.Per un drammatico effetto i colpi indandescenti che
riducono a brandelli la carne, contemporaneamente cauterizzano la ferita
con il loro calore.Questo era successo a molti, compreso Gianfranco
Fu un turbinìo di manovre brusche,spari,ordini urlati ,mentre ci
occupavamo di caricare tutti i feriti sul VCC. In ospedale il
medico,osservando le ferite di Gianfranco scosse la testa guardandomi.
Un foro di entrata all'altezza della spalla lasciava temere il peggio.
In quei momenti penso di avere ben compreso il significato della
parola "cameratismo". Ognuno di noi stava operando come parte di una
"organismo" fatto di amici,commilitoni,colleghi,Comandanti, ed ognuno
stava dando il "suo massimo".Ognuno sentiva che "doveva"
fare,reagire,collaborare,aiutare i propri uomini. Una sensazione di
serenità mista ad agitazione. Chi è stato in zona di combattimento
me lo potrà confermare."
Ed ancora la
cronaca incalza: Intanto nell'opera di soccorso si distingueva il
Sottotenente MILLEVOI dell' 8 rgt. Lancieri di Montebello che con la sua
blindo "Centauro", nel generoso tentativo di scortare un mezzo che
trasportava militari feriti, veniva colpito a morte dal fuoco dei
cecchini. Il giovane ufficiale era giunto in Somalia solo pochi giorni
prima. Verso le ore 1030 il combattimento continuava incessante, il
Colonello TORELLI comandante del "NEMBO" e presente a "PASTA" coordinava
il fuoco dei suoi reparti e quando la situazione fu critica richiese
l'intervento dei distaccamenti del 9° rgt. Col MOschin. Questi giunsero
assieme ad alcuni carri M 60 della compagnia carri dell'Ariete.
Anche gli elicotteri dell'ALE parteciparono all'azione sia come
basi di fuoco mobile sia come vettori per lo sgombero dei feriti.
Nonostante i paracadutisti continuassero ad effettuare azioni di
fuoco con l'intento di sopprimere quelle avversarie, i miliziani che
venivano immessi nel combattimento aumentavano di ora in ora tanto che
l'impiego degli incursori e dei carristi si rendeva particolarmente
utile nella fase di abbandono delle posizioni avvenuta all'incirca alle
ore 1300, sotto il costante fuoco dei somali.
Quando tutti i
paracadutisti, i carristi e i lancieri arrivarono alle rispettive basi
mancavano all'appello 3 uomini: il Sottotenente MILLEVOI, il Serg. Magg.
PAOLICCHI, il CLe BACCARO.
Altri 30 erano ricoverati con ferite
di varia gravità .
Il loro sacrificio e il loro impegno
saranno ricordati per sempre.
Riprende il Tcol Ratti:
Oggi, con i doverosi distinguo, si può asserire che a "Pasta" ,
cosi come quarant'anni prima a El Alamein, i paracadutisti della
"Folgore", i carristi dell'Ariete e gli equipaggi di Cavalleria hanno
onorato, con il loro comportamento, il tricolore e l'Esercito Italiano
tutto.
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