LA GIORNATA DEI VINTI
25 Aprile. Anche quest’anno, come tutti gli anni vedo
scorrere i filmati dell’ingresso delle truppe americane inglesi,indiane, nere e
marocchine nelle città italiane.
Devo esser sincero: non mi sarebbe piaciuto essere nazista, né
mi avrebbe interessato seguire le campagne di invasione di Hitler.
Credo nella superiorità del modello culturale “romano” e nella sua
attualità. Nella superiorità e nella forza dell’idea organizzativa della
società che dal 1922 al 1943 ha tentato di plasmare una razza, quella
italica, ormai corrotta da duemila anni di storia, di filosofia e di
decadenza e dagli errori orientali costantiniani. Mi sarei
accontentato, se fossi nato nel 1900, di studiare , seguire ed
applicare i modelli culturali della nostra storia con la forza dei
vent’anni. Forza culturale, quella “italica” da
nessuno rinnegata ma anzi presa ad esempio. Quindi sono contento che il
nazismo abbia perduto. Tanto per essere chiari. Tuttavia l’Italia
sconfitta, vinta, soggiogata, svenduta e cameriera mi riempie di
disonore.Mi umilia sempre.Maggiormente oggi.
Dal Settembre 1943, e se ne parla malvolentieri, migliaia di
Militari e di giovani si batterono per non svendere l’Onore
dell’Italia, o meglio: per non svendersi con disonore.
Se una guerra andava persa, che lo fosse con le
armi in pugno, perlomeno.
Questo devono aver pensato quei ventenni e questo avrei
pensato anche io,al loro posto. Meglio una Resa definitiva e
contemporanea. Non con il tradimento di un armistizio negoziato nelle
cantine ed annunciato con i generali in fuga sui camion con l'argenteria..
Ecco il succo delle decine di colloqui, interviste, incontri,
dibattiti che ho avuto l’onore ed il dolore di fare in questi anni di
indagine, parlando con i "nostri" Paracadutisti vinti ma mai arresi.
Spezzati ma non piegati.
Ogni anno, appena sento le note della prima “o bella ciao”
rifletto sui volti dei nostri “Ragazzi della Folgore” impegnati in
Africa e, dopo, nel nordovest d’Italia; ripenso alle parole del sottotenente
par Lucio Grimani, della Nembo del 43, che sul Moncenisio ha protetto i
confini dai francesi, impedendo di avere la Francia ben oltre Cuneo;
ricordo le lacrime di un “ragazzo” di Anzio, che si immolò con altri
seimila per non svendere la propria Bandiera al primo nemico che passava
per la strada. E mentre penso alla loro scelta, unica, irrevocabile,
terribile, mortale, i filmati della televisione mi scorrono davanti
agli occhi.
Vedo le nostre donne sguaiatamente abbracciate a soldati
inglesi ed americani. Vedo passare camionette di foggia straniera
cariche di italiani con cappelli da alpino, con cappotti militari
strappati e disonorati, con fazzoletti al collo. Vedo ufficiali di un
esercito in disfatta, sorridenti e straccioni con le armi sottratte al
proprio reggimento. Il colore dominante è il bianco e nero, ma le
falci ed i martelli lo fanno intuire, quel colore. Sfila gente in
impermeabile, pistola in pugno e sigaretta all’angolo della bocca.
Bambini con mitra e caricatori a tracolla che puntano armi su
terrorizzate schiene adulte. Mi sembrano tanto quegli animali del
Darfur che siamo abituati a vedere nei telegiornali. Soldati stranieri
che lanciano oggetti, raccolti senza dignità fin sotto alle ruote dei
loro camion. Baci rubati a donne sul ciglio della strada. Una
popolazione sul marciapiede.Sul lastrico, letteralmente.
Un formicaio di umanità impazzita che riverisce, bambini che
accattonano, anziani che benedicono piangenti. L’Italia liberata.
L’Italia cameriera. L’Italia che si inchina ancora una volta, e come
sempre nell'ultimo secolo,davanti a chi vince. Prima che vinca.
L’Italia improvvisamente unita, partigiana ed antifascista. Una Italia
sofferente ma senza onore. Senza dignità, nella tragedia della
sconfitta. Una Italia che pur di affrettare la fine delle angherie di
un nazismo impazzito per la rabbia del tradimento ha venduto per
l’ultima volta, ancora una volta, come sempre, l’onore e l’orgoglio
dell’orgoglio. La fine sarebbe arrivata lo stesso. Le truppe,
inarrestabili e potentissime, sarebbero ugualmente entrate in Italia.
Il contributo dei “resistenti”, con le loro armi rubacchiate ed
aviolanciate col contagocce, è stato trascurabile. Non c’era bisogno
di tanta viltà, di tanti assassinii, di tante angherie, di tanto
servilismo, di tanto fratricidio. Il “piatto” della bilancia dei
vincitori ci ha attribuito poche centinaia di azioni militari.I paracadutisti della Herrring immolati a poche ore dalla invasione di Bologna da parte degli alleati.Morti inutili, hanno scritto gli storici.
Nei nostri paesi sono rimaste le molte migliaia di morti
civili inermi e non strategici per gli alleati. Il triangolo rosso, con i
suoi quattromila omicidi notturni alle spalle farebbe impallidire
qualunque Stazzema. Bombardamenti a tappeto sui civili. Montecassino rasa al suolo senza motivo e tanto tantissimo altro.
Preti, donne, militari “collaborazionisti” sono stati le prede
di bande di improvvisati partigiani che da colline, casali e montagne
calavano di notte e terrorizzavano la popolazione collaborante, sino
alla fine del 1946.
Vedo dai filmati migliaia di queste formazioni partigiane per le
strade.Uniformi le più strane. Tutti dicono di aver combattuto.
Ognuno ha potuto vantarsi di un omicidio di fascista, di una
decapitazione, di una angheria a qualche “collaboratrice”. Qualcuno,
più "eroico", ha pure preso medaglie d’oro per via Rasella. Una Italia
strana, dolente, disorientata e annullata dal disonore.
Una Italia che nulla ha a che vedere con altri popoli.
Quello germanico, ad esempio, o giapponese.
Anch’essi sconfitti, decapitati, angariati, straziati,
bombardati, sgretolati, ridotti in miseria ma non servi. Atterriti.
L’Italia, al contrario vinta, umiliata e sottomessa, a mendicare caramelle e sigarette sui marciapiedi.
Il Dente Avvelenato