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Dai diari di Tano Pinna, di Umago d’Istria

art. parac. della 3^, poi 2^ btr. \ I° Gruppo

 

 

 

 

LA  TORRE

18 Agosto 1941

 

Oggi per la prima volta andiamo al campo scuola.

Naturalmente avvertiamo un pizzico di emozione, c’è laggiù una realtà che non conosciamo.

Dagli anziani ci si distingue solamente per il pallore delle nostre gambe e braccia, e delle facce, che sono riposate e lisce.

Si parte di corsa cantando.

Tre chilometri, tutta una tirata, e di buon passo.

La polvere dell’arida terra etrusca si impasta con il salato sudore.

Sulla destra si vede già la torre svettante nel cielo.

Sulla sinistra il vecchio campo di fortuna intitolato ad Amerigo Sostegni, capitano pilota nato a Montalto di Castro, perito in un incidente aereo.

Volare è necessario, vivere non è necessario” non so chi abbia detto questa frase, ma è incisa su di una grande lapide di travertino all’entrata del campo.

Prima di noi sono entrate quella della prima e della seconda batteria, dietro di noi sono quelli del quinto e sesto battaglione.

Ci fermiamo inquadrati davanti ad un hangar.

Sul campo ci sono sei trimotori.

Ci sono alcune costruzioni in muratura, una dovrebbe essere la palazzina comando.

 Poco distante c’è un gruppetto di persone: uno, piuttosto basso, ha la divisa azzurra dell’aviazione, bustina azzurra, non ne distinguo il grado, gli altri del gruppo sono in grigioverde, altri solo con pantaloncini corti e camicia.

Arriva il ten. Pompei e due sottufficiali.

Il serg. Michelini, che gi ha accompagnato al campo, ci dice che il tenente sarà il nostro direttore di corso, mentre glia altri sono gli istruttori, i serg. magg. Galli e Ferrari.

Breve presentazione, fianco dest, avanti marsc, di corsa.

Andiamo verso lo stradone, lo attraversiamo andando verso la torre, gli altri impianti sono sparsi lì intorno.

Ci fermiamo sotto la torre.

La base è una piramide tronca a base quadrata, ai quattro vertici si elevano tralicci tubolari in ferro, conto 17 piani, un numero non troppo bello…, dal terzo piano pende fina a terra un gran telone, una scala a pioli di ferro collega i vari piani, all’undicesimo c’è un gran cerchio esterno,  sempre in ferro, e da questo sporge fuori un grosso braccio, per circa 5 metri.

 Nei vari piani non ci sono protezioni laterali, salvo due tubolari incrociati, mentre solo il 15° piano ha un completo rivestimento di tavole ,  con un lato aperto,  sulle altre pareti invece ci sono solo spioncini.

Dal sedicesimo piano pendono due grosse funi di acciaio.

 Ci dovremmo lanciare sul telone dal 5°, 6° e 7° piano.

Ci dicono subito che anche il telo ha avuto il suo morto, un carabiniere.

Poi ci dovremo lanciare dall’ultimo piano in scivolata  lungo le funi divaricate e trattenute a terra.

Parla il ten. Pompei: “…quattro alla volta salirete fin al piano telo, gli altri a terra terranno il telo teso, si salta in avanti, portando le braccia  in avanti e le gambe a novanta gradi con il corpo.

Non cercate di trattenervi, ai tubi di ferro laterali, appena sbilanciati in avanti, finireste fuori dal telo, da quell’altezza si muore.

Cadendo non sbilanciatevi in avanti, non sarebbe un salto valido, senza parlare che vi potreste pelare il viso.

Dopo il salto dal piano telo dovrete saltare dai due piani superiori.

Attenzione che non è uno scherzo, non è come saltare da un trampolino al mare.

Michelini me li mandi su secondo l’elenco, in bocca al lupo ragazzi.”

Quando vengo chiamato già quattro sono stati eliminati.

Il s.ten. Monti è sul piano da dove si salta.

Del mio gruppo, due goriziani, Golob e Gropaiz, dopo molte incertezze si ritirano.

Sono dietro di loro, l’attesa mi dava sui nervi, ho paura di autosuggestionarmi, paura della paura.

Appena i due si allontanano mi lancio, senza lasciare il tempo a Monti di darmi il via.

Prima vittoria.

Seguono gli altri salti.

Pomeriggio con …corsa,  ginnastica e sole …agostano.

 

 

 

 

 

 

 

Una bella foto dall’alto, la discesa con la corda doppia è iniziata,

a terra gli altri allievi stesi sull’erba si….. godono lo spettacolo

 

19 agosto 1941

 

Oggi siamo di nuovo alla torre, scivolata lungo le funi per cinquanta metri.

Normale corsa …campestre fino al campo…qui la marcia non la conosce nessuno?

Le due funi di acciaio vengono tenute divaricate e sottese da due gruppi di soldati.

A terra ci danno l’imbracatura.

Indossata si comincia a salire. Dicono che ci sono 312 pioli,  15 rampe.

Arrivare in cima è già una prova.

 Ho visto un maggiore degli alpini ritornare indietro dopo aver raggiunto il decimo piano, quando a terra si è tolta l’imbracatura ha detto che sulle montagne si sentiva più sicuro!

Dicono che quando tira il vento in cima si …balla.

 

 

Una bella vista della torre durante la discesa a corda doppia, si nota la torre

 che si piega sotto l’azione del vento, vedi la manica a vento  e del peso delle

funi in tensione e del corpo in caduta.

 

Arriva il mio turno.

Comincio a salire, salire, prima con una certa scioltezza, poi comincio a stringere il passamano.

Salendo la terra si allontana, gli uomini che trattengono le funi diventano sempre più piccoli.

La prospettiva cambia salendo ai vari piani, guardo di sotto, ma preferisco guardare in lontananza, sotto si apre un vuoto nuovo, è peggio provare a guardare indietro, l’ho fatto…non lo ripeto!

Coraggio sei arrivato!

Sorrido, a me stesso o agli altri che sono già lì?

Quel sorriso vale una parola: finalmente!

Porca miseria, quello che mi precede è là, esitante, incerto, titubante.

“Salta, via!” dice l’istruttore

 “Un momento”, si sporge, si ritira, riprova,  Non salto, mi ritiro”….finalmente.

Ora tocca a me.

L’istruttore aggancia l’imbracatura al moschettone della guida che trattiene le funi.

Guardo fuori, forse perché mi sento legato alle spalle, ma il telo mi ha fatto più impressione.

Mi raccomando, braccia e gambe in avanti a novanta gradi con il corpo”

“Va bene”

“Pronti. Fuori!”

Salto, mi viene incontro un gran vuoto e gli uomini che stanno a terra, stringo la bocca, spalanco gli occhi.

Sono a terra, con i piedi a terra, in piedi.

Fatto.

Tutto qui!

Semplice.

Altra prova superata.

Allegria, si ritorna al campo di corsa, chi ha superato la prova non dimostra stanchezza, non così chi è stato eliminato.

 

 

L’arrivo a terra, sorridendo.

fine