Dai diari di Tano Pinna, di Umago d’Istria

art. parac. della 3^, poi 2^ btr. \ I° Gruppo

 

 

L’ATTACCO

 

Parte quinta

 

Dal 29 ottobre al 2  novembre

 

Gli ultimi combattimenti, l’inizio della ritirata,

sotto le bombe del nemico, che frugano il deserto, implacabili

 a caccia degli uomini.

 

 

Il recto della medaglia disegnata da Tano Pinna in prigionia, a Barce, nel 1944, incisa da Ario Fiumi della 21^ cp, levigata da Glauco Vicentini del Plot. c.do regg.le del 187°, a ricordo del I° Gruppo Artiglieria Paracadutisti. Tano aveva stilato il primo ruolino del  Gruppo sotto un ulivo di Tarquinia il 7 agosto 1941.

Sono riportate le date dell’arrivo in Africa, 21 luglio, e dell’ultimo giorno del ripiegamento, con la cattura degli ultimi artiglieri paracadutisti, il 7 novembre. In totale 109 giorni che videro la gloria e la distruzione della prima unità di artiglieria paracadutista.

Ora l’originale della medaglia si trova, assieme con la divisa di Tano, ed altri ricordi, al Museo dei Paracadutisti di Pisa.

 

 

29 ottobre

Durante il giorno c’è normale fuoco disordinato da parte dei mortai e delle batterie da 88.

Si sperava in una notte tranquilla, anche se la calma non è sempre segno buono.

Alle ventitre precise sulle posizioni della 10^ scoppia l’uragano, non c’è stato un cannoneggiamento preparatorio.

Improvvisamente urlano tremende le mitragliatrici, si odono scoppi di bombe a mano, i colpi secchi del 47\32.

Hanno attaccato a sinistra, tenteranno di aggirare il caposaldo?

Il caposaldo del IV° era sistemato a triangolo, la 11^ con il fronte est\ovest, la 10^ con fronte nord\est, la 12^ con fronte nord\ovest.

Siamo pronti al pezzo, gli uomini in avamposto, isolati, attendono, pronti a dare l’allarme.

A mezzanotte ritorna la calma.

 

30 ottobre

Arriva il rapporto, arrivano le notizie, i particolari.

Erano degaullisti che hanno attaccato a sorpresa, strisciando fin sotto i reticolati, ma i ragazzi in avamposto hanno dato l’allarme.

L’ordine era di sparare a …lancio di bomba a mano…sotto il naso.

Ordine rispettato.

Il nemico ha avuto una dura lezione.

Alla luce dei razzi sono stati bloccati a sventagliate di mitraglia e sotto una pioggia di bombe a mano.

Le blinde che appoggiavano i fanti sono state subito sotto il tiro dei 47\32.

Erano tanti, i ragazzi hanno contrattaccato ed il nemico ha preferito ritirarsi.

La compagnia ha avuto 5 o 6 morti, parecchi feriti.

Numerosi sono i caduti nemici.

Se fossero passati ci avrebbero presi alle spalle.

Con il contrattacco sono stati catturati molti prigionieri.

Quali sono le intenzioni degli inglesi?

Questi “mezzi” attacchi quale scopo hanno?

Certamente vogliono logorarci.

Ma sono sempre loro ad avere la peggio!

Non impiegano più forze tali da sfondare, e allora?

Quale tattica mettono in pratica?

Siamo a corto di munizioni e non solo noi, il capitano Cristofori, che ha preso il comando del battaglione, ha fatto richiesta al C.do ma…

Abbiamo saputo che hanno richiesto una tregua per seppellire i morti ancora insepolti davanti al caposaldo del VII°.

La zona era quella occupata dalla 6^, 19^ e 22^ cp.

La giornata è passata, i soliti tiri di disturbo, per fortuna non si lamentano perdite.

Si fa sera, arriva il solito camion, scaricano il rancio e alcune cassette di munizioni, ma per gli altri, non per noi.

Il camion è appena ripartito che si fa sentire il cannone ed il mortaio.

I colpi rincorrono il camion, cannone ed anche mortaio.

Ma cadono anche nello spazio dove si ferma il camion per lo scarico del materiale.

Sono ancora a terra le cassette delle munizioni, il mortaio sembra cercarle.

Ci dobbiamo riparare. E se saltano? Non succede nulla, la fortuna ci assiste.

Ancora voci sullo sfondamento a nord, la Bologna, dicono, è stata sfondata.

Giungono troppe notizie cattive, e radio scarpa non sbaglia!

 

31 ottobre

Anche oggi passa con le solite …visite di cortesia da parte dei mortaisti britannici, con qualche colpo lungo di cannone.

Sono insistenti le voci di una grossa battaglia verso il mare.

Le notizie sono contraddittorie, non sono notizie di prima mano, passano attraverso gli autieri ed arrivano a noi.

La monotonia non solleva il morale, il silenzio fa fare molti pensieri, le voci seminano dubbi ed interrogativi.

 

2 novembre

I Santi … i Morti … San Giusto… Vittorio Veneto…

Quattro festività che ricordano tradizioni, cerimonie.

E’ il giorno dei Morti. Sono triste, per l’ambiente sempre più cupo e sepolcrale, è forse per questo stillicidio continuo che provoca sempre nuove vittime, per questa attesa della morte frusciante, strisciante, per il ricordo della festività.

Raggomitolato ai piedi del pezzo penso al piccolo cimitero del mio paese, S. Damiano, a tutte quelle piccole luci accese nella notte, sulle tombe, a quelle file di croci nere, di lapidi, alle tante piccole croci bianche.

Il lento salmodiare delle donne, del sacerdote, la benedizione di tutte le tombe, di tutti i morti.

Requiem aeterna dona eis Domine… Requiescant in pace. Amen”.

Vedo in fondo al campo di destra una croce, una scritta:

Anna Divari ved. Moro 1847 – 1936”, mia nonna.

Nonna, vedo la tua testa bianca, i tuoi occhi chiari, sento la tua voce, i tuoi racconti, ti sento cantare.

Tu mi hai insegnato “Fratelli d’Italia”, e quando cantavi “Tripoli bel suol d’amore..”?

Di nascosto, piano, come quando c’era “Magnafogo”, il gendarme di Cecco Beppe.

Vedi nonna, ora sono nel deserto, sono un soldato, in guerra.

Tu mi hai insegnato ad amare la Patria, come una mamma.

Senti il cannone? Tuona e semina la morte, quanti amici sono caduti, ora sono lassù con te, per l’eternità.

Sento la tua mano sfiorare l’elmetto, la mia guancia, vedi come sono magro?

Ho fame, ho sete, ho sonno, ma qui si combatte.

Senti il fruscio della bomba del mortaio?

Dove cadrà?

Hai inteso lo schianto?, un grido soffocato?

Sangue.

Mi guardi la divisa?

E’ sporca, di sangue, dei miei compagni.

Ho la barba lunga, tu non mi hai mai visto con la barba lunga.

Non c’è acqua per lavarsi le mani, la faccia, non mi bagno gli occhi da otto giorni.

E’ la guerra, nonna.

Arrivano gli amici a darmi il cambio.

Ritorno nella buca.

Stammi vicino nonna!

Verso le venti arriva il camion.

L’autiere porta notizie poco allegre, confuse.

Ripartito il camion, abbiamo appena finito di consumare il solito rancio, la solita sigaretta cercando di nascondere la brace, quando arriva una staffetta.

Va al comando e riparte subito.

Eco la notizia!

Bisogna ripiegare, dobbiamo prepararci.

Togliamo il pezzo dalla postazione, prepariamo li zaini, leghiamo le cassette con le munizioni sul pezzo…cosa dobbiamo fare di quelle che non si possono trasportare?

Le mettiamo negli zaini, e le altre?

Lasciarle? Mai

Propongo di sistemarle, senza sicurezza, sotto la sabbia, ai piedi della postazione, sulla pista, dove probabilmente passeranno fanti e carri nemici.

Esco dalla piazzola e sistemo le granate… come fossero mine, infilandole nel terreno, dopo un primo attimo gli amici mi aiutano.

Bisogna fare presto.

Noto segni di nervosismo collettivo.

Siamo pronti, attendiamo la solita scarica del mortaio per poter correre fino alla postazione dei mortai.

Si deve raggiungere Q. 112 a Gebel Kalak, distante circa 15 chilometri da qui.

Il ten. Driusci ci consiglia di vuotare gli zaini di tutto ciò che è personale e che non potrà servirci, di mettere dentro le munizioni, le granate, così il traino dei pezzi sarà più facile.

A malincuore butto vi a tutto.

Ho infilato sei granate nello zaino.

Incontriamo il sten. Carnevale, Maghet, gli amici.

Siamo tutti riuniti.

Resterà nella postazione il serg. magg. Marinozzi, con alcuni uomini, con il compito di sparare deliberatamente raffiche di mitragliatore, spostandosi nel caposaldo.

All’alba dovranno raggiungere il reparto.

Il cap. Cristofori ci parla, il ripiegamento dovrebbe essere in funzione tattica in attesa di un contrattacco, in alto il morale, nulla è perduto.

Sarà vero?

E’ passata la mezzanotte.

 

continua

 

L’altra faccia della medaglia disegnata da Tano. A ricordo della sua II^ Batteria. Copie ne furono fatte e donate al suo tenente, Tabelli, ad Ario e a Glauco. Ora loro sono tutti scomparsi. Ma la gioia di avere tra le mani un piccolo pezzo d’argento con sopra riprodotti gli antichi segni li fece ritornare giovani e fieri, non più piegati dai malanni e dagli anni. Il sorriso e l’orgoglio ritornarono nei loro occhi. Così li ricorderemo.

Ora l’originale si trova, con la divisa di Tano, ed altri ricordi, al Museo dei Paracadutisti di Pisa.