LE MEDAGLIE D'ORO AL VALOR
MILITARE
DI EL ALAMEIN
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Caporal maggiore paracadutista, 186°
rgt. fanteria
paracadutisti "Folgore" Comandante di squadra
mortai da 81 posta a guardia del varco di un campo minato, durante dura e
violenta battaglia si prodigava per otto giorni nell'impiego tempestivo
delle armi tenendo altissimo coi suo esempio il
morale dei suoi uomini contro gli accaniti e reiterati sforzi del nemico
diretti ad impadronirsi del varco. Ferito, rifiutava ogni cura e rimaneva
al suo posto. In fase di ripiegamento, al nemico che con altoparlanti
invitava alla resa offrendo a quel pugno di
uomini l'onore delle armi, rispondeva col fuoco dei mortaio
mettendo in fuga i mezzi esploranti che si avvicinavano alla postazione.
Fatto segno alla intensa reazione di fuoco,
incitava i compagni a resistere ed usciva dalla postazione allo scoperto
per meglio dirigere il tiro, in questo supremo tentativo cadeva colpito da
una granata. Ai compagni accorsi per soccorrerlo indicava nell'agonia gli
elementi nemici contro cui dirigere il fuoco e
spirava ordinando ancora: "Sparate!". Sublime esempio di dedizione al
dovere, spinta oltre la vita. |
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Tenente cpl., 186° rgt. fanteria, Divisione
"Folgore" Comandante di un centro
di fuoco sulla linea di resistenza, attaccato da preponderanti forze
motorizzate sostenute dall'intenso efficace tiro di
artiglieria, reagiva con perizia e valore riuscendo ad arrestare
l'impeto nemico e a ristabilire la situazione con audace contrassalto.
Ferito, continuava a mantenere il comando del centro sottoposto alla
pressione nemica. Attaccato nuovamente, resisteva imperterrito a malgrado delle gravi perdite subite e quindi contrassaltava con violenza. Gravemente ferito una
seconda volta, persisteva nell'impari lotta alimentando lo spirito
combattivo dei suoi valorosi paracadutisti col suo eroico esempio. Colpito per la terza volta
protraeva l'azione, culminante in epica mischia all'arma bianca, finché
cadeva sull'estremo lembo della posizione da lui contesa all'avversario
per tre giorni con ammirabile tenacia. Purissimo esempio di leggendario
eroismo, chiudeva la sua giovane esistenza al grido di "Avanti
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Tenente cpl. 187° rgt. paracadutisti, Divisione
"Folgore" Comandante di plotone
paracadutisti, attaccato da preponderanti forze corazzate, rincuorava ed
incitava col suo eroico esempio i dipendenti a difendere a qualsiasi costo
la posizione affidatagli. Sorpassato dai carri, raccolti i pochi
superstiti, li guidava in furioso contrassalto, riuscendo a fare
indietreggiare le fanterie avversarie seguite dai mezzi corazzati.
Nuovamente attaccato da carri, con titanico valore, infliggeva ad essi gravi perdite ed, esaurite le munizioni anticarro,
nello estremo tentativo di immobilizzarli, si lanciava contro uno di
questi e con una bottiglia incendiaria lo metteva in fiamme. Nell'ardita
impresa veniva colpito da raffica di
mitragliatrice che gli distaccava la mandibola; dominando il dolore si
ergeva fra i suoi uomini, e con la mandibola penzolante, orrendamente
trasfigurato, con i gesti seguitava a dirigerli, e ad incitarli alla
lotta, tra fondendo in essi il suo sublime eroismo. Col suo stoicismo e
col suo elevato spirito combattivo salvava la
posizione aspramente contesa e, protraendo la resistenza per più ore,
oltre le umane possibilità, s'imponeva all'ammirazione dello stesso
avversario. I suoi paracadutisti, ammirati e orgogliosi, chiesero per lui
la più alta ricompensa. |
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Sottotenente
cpl., 132° rgt. fanteria
carrista Comandante di plotone
carri M. 14/41, con indomito valore tracciò ai suoi
equipaggi la dura via della vittoria e del sacrificio. In azione di
ricognizione offensiva, attaccato da numerosi mezzi corazzati avversari,
alla testa del suo reparto, accettava l'impari lotta sopperendo
all'esiguità numerica con abili temerarie manovre. Benché ferito alla spalla destra, protraeva con
ammirabile tenacia la violenta azione fino al termine dell'ardua missione.
Rifiutava quindi decisamente di essere avviato
alla base in previsione del nuovo impiego dei suoi carristi. Il giorno
successivo impegnato in aspri e cruenti scontri contro soverchianti forze
corazzate, sosteneva, pur essendo minorato fisicamente, il formidabile
urto alimentando nei propri equipaggi, con la sua serenità e fermezza,
spiccato spirito aggressivo. Prescelto per la sua abituale arditezza a
proteggere la manovra di sganciamento del battaglione cui apparteneva, si
slanciava decisamente col suo plotone rinforzato
da una sezione di semoventi, sul fianco del dispositivo avversario.
Conscio e fiero della grave missione affidatagli, sdegnando ogni personale
pericolo, si sporgeva dalla torretta incitando gli equipaggi a più serrata
lotta. Più volte investito da violenta reazione
di fuoco avversario insisteva nel suo movimento a fuoco infliggendo gravi
perdite al nemico sorpreso da tanto ardire. Ferito alla fronte da scheggia
di granata, rimaneva al suo posto di dovere persistendo nella disperata
azione. Colpito in pieno il suo mezzo corazzato, trovava
gloriosa fine nel rogo del proprio carro divenuto fiammeggiante
bara della sua giovinezza generosa ed ardita. |
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Paracadutista, 186° rgt. paracadutisti
"Folgore" Portaordini di un centro
avanzato attaccato da ingenti masse corazzate nemiche, si spingeva
audacemente in avanti fin dall'inizio della lotta per poter dare sicure informazioni. Ferito persisteva nel suo
compito e rientrava poi portando sulle spalle un compagno ferito più
gravemente di lui. Medicato sommariamente, rifiutava di allontanarsi e
rimaneva al suo posto di combattimento. Rimasto il suo centro isolato, si
offriva per riferire al comandante di compagnia sulla situazione e, in
terreno piatto, completamente scoperto, sotto lo infuriare del tiro
nemico, compiva anche questa seconda missione e, benché nuovamente ferito,
rientrava ancora al suo centro per riprendere la
lotta. Completamente accerchiato il centro, costretto con i superstiti
all'ultimo limite della trincea, caduti tutti i graduati, era ancora
l'anima della resistenza e, rifiutata la resa, continuava la lotta, fino a
che una granata, colpendolo in pieno, non ne stroncava la eroica resistenza. |
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Paracadutista, 187° rgt. fanteria
"Folgore" Staffetta portaordini di
compagnia, durante un intensissimo e tambureggiante fuoco di preparazione
di artiglieria nemica, assicurava i collegamenti
del comando con i vari centri di fuoco. Nel corso dell'attacco, benché
ferito e grondante di sangue, portava a termine rischiose missioni.
Nuovamente ferito rifiutava ogni soccorso e si offriva pel recapito di un messaggio al comando del
battaglione. Al ritorno, ferito una terza volta nell'attraversare una zona
scoperta molto battuta, pur immobilizzato negli
arti inferiori, a forza di sole braccia e reggendosi sui gomiti, si
portava al comando di compagnia e consegnava l'ordine ricevuto. Sentendo prossima la fine, al proprio comandante che lo
sorreggeva dichiaravasi felice d'offrire la vita
per l'Italia ma dolente di non poterla più servire. |
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Paracadutista, 186° rgt. fanteria
"Folgore" Volontario di guerra, in
numerose azioni rischiose era sempre di esempio e
di incitamento ai propri commilitoni di squadra. Durante un attacco
avversario compiuto con poderosi mezzi corazzati, sopraffatto il suo
reparto, rimaneva ferito in diverse parti del corpo e cadeva prigioniero.
Nonostante la menomazione fisica riusciva, dopo cruenta
lotta con sentinelle attaccanti, a liberare diversi camerati catturati e,
dopo inauditi sforzi, a raggiungere le nostre linee con un ufficiale
gravemente ferito portato sulle spalle ed un altro, rimasto cieco, guidato
per mano. Nuovamente catturato durante violento combattimento,
tentava ancora di fuggire ma veniva gravemente
ferito. Ripresa conoscenza, s'impossessava di una rivoltella di un caduto
e impegnatosi in epico corpo a corpo, riusciva,
all'estremo delle sue forze, a rientrare al suo reparto. Paralizzato degli
arti destri, quasi cieco, resterà nel tempo, mirabile esempio di nobile
altruismo e spiccato valore personale. |
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Sottotenente
cpl., 186° rgt. paracadutisti, Divisione
"Folgore" Comandante di centro
avanzato attaccato da preponderanti forze corazzate e motorizzate, per
tutta la notte, con il tiro delle proprie armi,
riusciva ad inchiodare il nemico davanti alle sue posizioni,
arrestandone lo slancio offensivo, e causandogli forti perdite. All'alba,
per quanto ferito, con i pochi superstiti, si lanciava al contrassalto,
per alleggerire la pressione sui centri di resistenza laterali. Ricacciato
nel suo centro dall'azione dell'artiglieria nemica, ormai quasi privo
di uomini, ferito una seconda volta, riprendeva
personalmente il fuoco con le armi rimastegli. Ferito per una terza volta
ed intimata gli la resa, rifiutava; ritto in
piedi, sparava l'ultimo caricatore di moschetto sul nemico, e colpito una
quarta volta, moriva al suo posto di combattimento gridando:
" |
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Tenente cpl., 186° rgt. fanteria paracadutisti,
Divisione "Folgore" Ufficiale di artiglieria paracadutista di elette qualità
professionali e morali chiedeva di far parte di un battaglione
paracadutisti. Ricoverato in luogo di cura per malattia contratta a causa
dei disagi della vita del deserto, fuggì
dall'ospedale per partecipare ai combattimenti in cui il battaglione era
impegnato. Più volte, sotto rabbioso tiro nemico rimase calmo, in piedi, a
dirigere il tiro dei propri mortai sublime esempio ai suoi paracadutisti.
Durante un violento e pericoloso attacco di prevalenti forze nemiche
preceduto da lungo ed intenso tiro di preparazione d'artiglieria
appoggiato da carri armati e diretto al fianco ed al tergo del battaglione
sostituiva col tiro accelerato dei suoi mortai il fuoco di sbarramento
di artiglieria venuto a mancare, continuando a
martellare il nemico durante la sua avanzata ed incurante del violento
fuoco di controbatteria cui era sottoposto. Delineatosi il contrattacco dei paracadutisti italiani,
di iniziativa, riuniva i propri serventi e si scagliava contro il nemico
disorientandolo. Ferito due volte, continuava a combattere; ferito una terza volta e mortalmente, rifiutava
energicamente di essere soccorso dai suoi paracadutisti accorsi e li
incitava ancora al combattimento. Consapevole della sua prossima fine,
rimaneva sereno e forte e dichiarava solo di
essere fiero che il battaglione avesse assolto il compito
affidatogli. Spirava poche ore dopo, chiudendo gloriosamente la sua
generosa esistenza. |
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Paracadutista, 186° rgt. fanteria, Divisione
"Folgore" Lanciafiammista addetto allo
sbarramento del varco di un campo minato, attaccato da preponderanti
forze, sotto violento e continuo fuoco dell'artiglieria, per oltre 24 ore
si prodigava in ogni modo con il suo speciale mezzo di lotta per impedire
il transito dei carri armati dell'avversario. Esaurito il liquido
da lanciafiamme, continuava a combattere, lanciando bottiglie anticarro,
fino a che caduto ferito, veniva catturato
dall'avversario. Appena riavutosi, con un piccolo gruppo di compagni
impegnava con audace corpo a corpo le sentinelle,
e riusciva a rientrare nelle nostre linee. Ripreso il suo posto di
combattimento e colpito nuovamente persisteva nella strenua impari lotta. Esaurite le munizioni, stretto da vicino
da carri armati che irrompevano ormai attraverso il varco, sdegnoso di
arrendersi, dissotterrava una mina e, a tre metri
di distanza, la lanciava sotto il carro armato di punta che veniva
distrutto dall'esplosione, investito dalla vampata e dalle schegge trovava
gloriosa morte. Fulgido esempio di supremo eroismo nella
luce delle più pure virtù guerriere. |
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Tenente cpl., 132° rgt. fanteria carrista
"Ariete" Comandante di compagnia
carristi, negli aspri combattimenti dell'ultima battaglia di El Alamein trasfondeva nel
suo reparto eccelse doti di animo e di cuore col costante esempio di
cosciente sprezzo del pericolo. Sosteneva con indomita fermezza il compito
di proteggere il fianco sinistro dello schieramento reggimentale pressoché
accerchiato dalla dilagante massa di mezzi corazzati avversari,
consentendo così agli altri reparti l'esecuzione dell'ordine di
ripiegamento. Conscio della necessità di arginare, anche per poco tempo,
l'avanzata dell'avversario, nonostante l'infernale bombardamento, e
incurante della schiacciante superiorità dei
nemico, alla testa degli undici carri superstiti si avventava in
mezzo alla formazione avversaria costringendola ad arretrare in disordine
e con gravi perdite, seguito, nel supremo consapevole sacrificio,
dall'emulazione dei suoi eroici soldati. Il campo della cruentissima lotta
non restituì le loro spoglie, ma rimasero i dilaniati relitti dei loro
carri a testimoniare la sublime, disperata impresa e ad additarli ad esempio dello spirito di sacrificio, di
abnegazione e di cameratismo spinto alle più alte vette
dell'eroismo. |
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Capitano s.p.e.
fanteria, 133° reggimento carrista Comandante di compagnia
carri M. 14/41, a malgrado della critica
situazione tattica, dei mezzi inadeguati, delle condizioni ambientali
particolarmente difficili, la guidava con superbo slancio all'attacco di
soverchianti forze corazzate, contribuendo, con abile manovra e singolare
audacia, ad un netto successo. Caduti i tre quarti degli ufficiali e lo
stesso comandante di battaglione, io sostituiva
e, coi carri superstiti, benché il suo fosse stato colpito, incalzava
arditamente l'avversario. Gravemente ustionato, ferito alla gola ed al
petto e con un braccio stroncato, non desisteva dall'azione alla quale,
imperterrito, imprimeva rinnovato vigore col suo eroico esempio e, nella
luce della vittoria, immolava la sua vita per l'onore delle armi d'Italia,
con fermando anche tra i suoi carristi, le salde virtù di comandante
capace e valoroso di cui aveva dato prove
luminose in precedenti campagne di guerra. |
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Sergente
maggiore, 185° reggimento artiglieria "Folgore" Comandante di un pezzo
anticarro impegnato da forte formazione di carri armati di fanteria
nemica, riusciva, dopo strenua lotta, ad infliggere al nemico sensibili
perdite, catturando con ardita mossa lo
equipaggio di un carro colpito. Successivamente, avuto immobilizzato il pezzo, feriti i
suoi serventi, ferito egli stesso gravemente alle gambe, incitava i
dipendenti a non perdersi d'animo ed a continuare a combattere con le
bombe a mano ed i pugnali. Sopraffatto dal nemico, irrompente nella
postazione, vincendo lo strazio del suo corpo martoriato, sorreggendosi
con uno sforzo supremo sulle gambe maciullate, scaricava la pistola sul
nemico e gridando: "Voi non mi avrete vivo -Viva
l'Italia", cadeva da prode. |
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Sergente
paracadutista, 186° rgt. fanteria "Folgore" Nel corso di un'accanita
e sanguinosa battaglia, destinato con la sua squadra alla difesa di
un'importante posizione, per quanto duramente attaccato, resisteva
tenacemente con successo per oltre 24 ore. Accortosi che l'avversario con
ingenti forze corazzate e con truppe di assalto
stava circondando e sopraffacendo un centro di fuoco al suo fianco, di
iniziativa, portava un gruppo di uomini a soccorso dei compagni
pericolanti e con grande ardimento, all'arma bianca ed a colpi di
bottiglie anticarro, riusciva a rompere il cerchio degli attaccanti e,
benché ferito, ad entrare nella posizione. Quivi, trovato morto
l'ufficiale comandante, riuniva i pochi difensori superstiti e li portava
al contrassalto ricacciando l'avversario. Nuovamente ferito rimaneva al
suo posto. In un nuovo improvviso ritorno offensivo dell'avversario
rifiutava di arrendersi e, gridando ai suoi uomini: " |
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Caporalmaggiore, 185° rgt. fanteria paracadutisti
"Folgore" Posto di vedetta oltre
un campo minato per prevenire la rimozione delle mine, durante un intenso
tiro a nebbiogeni, avvertiti rumori, avanzava fra la nebbia per
accertamenti. Caduto in una imboscata, impegnava
accanita lotta corpo a corpo invitando ad alta voce i difensori della
posizione retrostante ad aprire il fuoco sulla zona dove lui si trovava ad
evitare che le mine venissero rimosse, immolava così la sua giovane
esistenza, mirabile esempio di elevato senso del dovere e di stoica
fermezza. |
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RUSPOLI Costantino principe di Poggio
Suasa Capitano cpl. cavalleria, 187° rgt. paracadutisti
"Folgore" Comandante di compagnia
paracadutisti impiegata come fanteria nella difesa di un importante
caposaldo isolato nel deserto, benché ammalato, sosteneva una poderosa
preparazione di artiglieria e poi l'attacco di
forze corazzate nemiche soverchianti che contrattaccava con indomito
coraggio. Mentre il nemico sorpreso da tanta bravura ripiegava coi suoi carri, non avendo potuto né sopraffare e
neppure fiaccare l'eroica resistenza dei difensori, il prode comandante
alla testa della compagnia decimata cadeva nel contrassalto colpito al
petto da una raffica di mitragliatrice e trovava ancora la forza di
gridare ai suoi uomini "Evviva l'Italia". Fierissimo comandante ed
esemplare soldato contribuiva a formare intorno
al nome della Divisione "Folgore" un alone leggendario di gloria. |
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RUSPOLI Marescotti Carlo dei principi di Poggio
Suasa Tenente
Colonnello s.p.e. cavalleria 186° rgt. paracadutisti "Folgore" Comandante di raggruppamento paracadutisti, due volte ferito
nell'attraversare i campi minati e, per quanto tormentato da malattia,
restava in linea con i suoi prodi. Attaccato da preponderanti forze
corazzate, presente dove maggiormente infuriava la lotta, calmo ed
impassibile sotto il bombardamento dell'artiglieria, era l'anima della
resistenza e di fulgido esempio ai suoi dipendenti. Colpito a morte,
chiudeva eroicamente un'esistenza di intrepido
soldato e di fierissimo comandante tutta dedicata alla grandezza della
Patria. |
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Capitano s.p.e.
cavalleria, 187° rgt.
paracadutisti "Folgore" Volontario in reparti
paracadutisti, celava stoicamente le sofferenze di
precedente infermità di guerra per non allontanarsi dai suoi uomini, in
durissima battaglia, comandante di compagnia, sosteneva con
indomita fermezza per più giorni consecutivi sotto incessanti
bombardamenti terrestri ed aerei l'urto di fanteria e mezzi corazzati
nemici, costringendoli sempre a ripiegare. Vista la gravità del pericolo
che correva l'intero schieramento, decideva con fulminea prontezza di
contrassaltare; fatto impugnare le bottiglie
incendiarie dai pochi uomini rimasti, con ardimento sovrumano si avventava
alla loro testa contro carri armati infiltratisi, riuscendo ad arrestarne
alcuni ed a ricacciare gli altri. Nell'inseguirli oltre la cerchia del
caposaldo, cadeva colpito a morte, coscientemente sacrificandosi per la
salvezza del settore in un atto di disperata audacia, il solo che in
quella tragica situazione poteva ricacciare ancora una volta il nemico.
Altissimo esempio di consapevole dedizione al
dovere. |
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Tenente cpl. paracadutista, Divisione
"Folgore" Allievo paracadutista,
vibrante di entusiasmo e di fede, perduti il
braccio e la spalla sinistra in esercitazione, conscio del pericolo cui si
esponeva, insisteva fino ad ottenere di proseguire i lanci per essere pari
agli altri nei pericoli, nei disagi, nella lotta. Inabile alle fatiche di
guerra, ma animato dal più alto spirito guerriero, seguiva la sua
divisione paracadutisti al fronte, dove prodigandosi con perizia,
ardimento e profondo senso del dovere nei difficili e vitali compiti
assegnatigli, costituiva con l'esempio fiamma vivente di patriottismo, di
fede e di abnegazione. In un momento assai
critico della battaglia, accerchiata la divisione da preponderanti forze
nemiche, superava con sforzo sovrumano per più giorni e notti consecutive,
ostacoli e stenti di ogni sorta per porre in
salvo preziosi materiali affidatigli. Durante un più intenso bombardamento
nemico, abbandonati a rischio della vita gli occasionali ripari si
slanciava generosamente in soccorso di un grave ferito riuscendo con il
braccio superstite a trarlo a salvamento. Colpito egli stesso alla testa
cadeva privo di sensi. Soccorso e trasportato in un ospedaletto da campo, trovava ancora la forza di
insistere con sublime ostinazione per tornare al proprio
reparto. |
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Reggimenti 186° e 187° Paracadutisti "Folgore" e
185°
Artiglieria Paracadutisti
"Folgore" Divisione
paracadutisti "Folgore" (185^) Reggimento Paracadutisti
della gloriosa Divisione "Folgore", in unione alle aliquote divisionali ad
esso assegnate, per tre mesi, senza soste, si
prodigò valorosamente in numerose azioni offensive e difensive stroncando
sempre l'impetuosa avanzata del nemico enormemente superiore per numero e
per mezzi. Nell'epica battaglia di El Alamein stremato per le perdite subite, cessato
ogni rifornimento di acqua, viveri e munizioni, con la fede che solo il
più sublime amor di Patria può generare, respingeva sdegnosamente, al
grido di "Folgore", ripetuti inviti alla resa, dimostrando in tal modo che
la superiorità dei mezzi poteva soverchiare i paracadutisti d'Italia,
piegarli mai. Attraverso innumerevoli episodi di
eroismo collettivi ed individuali, protraeva la resistenza fino al
totale esaurimento di ogni mezzo di lotta imponendosi al rispetto e
all'ammirazione dello stesso nemico, scrivendo così una delle pagine più
fulgide per l'Esercito Italiano. |