Pisa – Aeroporto S.Giusto – Raduno ANPDI 1958 o 1962(?).
In divisa il Magg. Zingales già comandante della I^
Btr, , alla sua destra Siro Ursini, padre di Max, anche lui già della I^ Btr
del I° Grp. del 185°; alla sinistra di
Zingales Tano Pinna, 3^ Btr, poi 2^; primo
a sinistra un altro paracadutista triestino.
Il cap. Zingales, dopo la sfortunata pattuglia da lui
ordinata, lasciò il
Gruppo, venne
trasferito ad un Battaglione, ben
combatté, meritandosi una MAVM e venne ferito durante la “ Battaglia Grande”.
Una sfortunata infiltrazione degli
artiglieri paracadutisti della 1^ batteria del I° Gruppo nel racconto di uno
dei superstiti
Dai diari di Gaetano Pinna, cl. 1921, da Umago
d’Istria,
art. parac. 185°
Reg. I° Gr. 2^ btr.
24 settembre 1946, martedì
…rientro dalla prigionia…
Da Roma arrivo a Foligno, così
prima di andare a Trieste passerò dalla zia Marcella, a Cannara, vicino ad
Assisi…Attraversiamo i binari, poi uno stabilimento bombardato “..
Ci abbracciamo contenti di rivederci dopo quattro anni.
Ci scambiamo notizie dei comuni amici della batteria. Carletto non lavora, gioca a calcio, è rientrato dalla prigionia da sei mesi.
Anche Marchegiani, il “Rosso”, mi dice, è rientrato, lavora da muratore…forse lo troviamo alla stazione.
Aveva ragione Carletto, ecco Marchegiani|
E’ sempre uguale, è rientrato da poco, quando dispone di sigarette e vino è sempre felice.
In attesa della partenza del treno che è in ritardo, mi faccio raccontare la sua avventura con la pattuglia del ten. De Gasperi.
Radio fante aveva dato la notizia della cattura della pattuglia De Gasperi, si raccontava che il comandante della batteria, il cap. Franz Zingales, padre e zio generali, di sua iniziativa aveva dato l’ordine di andare in pattuglia per distruggere una supposta batteria nemica.
Si raccontava che era stato letteralmente “prelevato” da Rommel stesso e portato al suo Q.G..
Rommel non guardava in faccia a nessuno!
“…Partimmo dal Passo del Cammello, - racconta Marchegiani - eravamo in tredici, costeggiate le sabbie
mobili e giunti al punto dell’”albero isolato” camminammo per due ore verso
levante, dietro le linee inglesi. C’erano dei rilievi, ad un certo punto ci
fermammo perché uno doveva andare di corpo, era l’alba dell’11 agosto.
Si stava diradando la nebbia, quando vedemmo numerose blinde e carri
armati venirci incontro, non erano in colonna, ma si muovevano a ventaglio: ci
avevano visti.
Dalle blinde partirono colpi di cannone e di mitraglia, Baldi venne subito colpito da una
raffica:
De Gasperi mi era lontano una cinquantina di metri, cercai di chiamarlo
per dirgli che Baldi era morto. Eravamo allo scoperto, così cercammo di
avvicinarci a formare un quadrato per meglio difenderci. Due blinde si
avvicinarono, ci chiesero di arrenderci, ma De Gasperi si rifiutò e ordinò di
sparare.
Alla fine la resa, dopo aver sparato tutte le munizioni.
Gli inglesi ci ordinarono di seppellire il povero Lepanto, ci diedero
una pala, facemmo una buca, gli mettemmo sotto la testa il suo tascapane, la
giacca sul volto.
Sul tumulo avevo infilato il mitra con sopra l’elmetto, ma gli inglesi
si presero il mitra.
Ci portarono al loro comando.
Eravamo in pantaloncini e durante la notte faceva un freddo cane, ci
diedero alcuni teli per coprirci, poi iniziarono ad interrogarci uno alla
volta. In previsione ci eravamo accordati su cosa rispondere e su cosa tacere.
Ci chiesero il corpo d’appartenenza, nessuno disse di essere paracadutista,
“…fanteria Divisione Sabratha.” rispondevamo.
Poi ci portarono ad Alessandria dove ricominciarono ad interrogarci.
Da Alessandria dopo poco ci portarono al Cairo dove ci trattennero per
due settimane, durante le quali continuarono ad interrogarci. Ci chiedevano la
disposizione delle divisioni in linea “…non so, sono da pochi giorni in Africa
…” ci chiedevano informazioni sull’Italia.
Eravamo chiusi in celle separate, uno per cella. Un giorno misero in
cella con me un tizio, diceva d’essere italiano, prigioniero scappato, ma
temendo che fosse una spia, non dissi niente.
Un mattino ci misero tutti in fila davanti a stuoini di paglia, gli
inglesi alle nostre spalle facevano scattare gli otturatori dei fucili,
credevano di farci paura, eravamo sì in posizione per la fucilazione ma notammo
delle persone di là degli stuoini, quindi nessuna paura. Poi ci portarono in
Palestina, al campo 231.
De Gasperi sparì quando ci portarono ad Alessandria…”
E’ tempo di andare e prendere il treno, saluto gli amici, ci rivedremo?”
FINE
N.d.A.
Vincenzo Marchegiani, piccolo, robusto ed asciutto, il “rosso” dal colore dei capelli, classe 1913, già soldato d’artiglieria in Albania e prima ancora camicia nera in Etiopia, continuò a fare il muratore fino alla fine, scomparve nel 1986, era l’alfiere del labaro della Sezione di Foligno ai Raduni ed alle cerimonie alla Scuola d’Artiglieria di Foligno.
Non si metteva il cappello né d’inverno, lavorando nella nebbia dei cantieri edili, né d’estate per ripararsi dal sole mentre caricava sabbia e cemento nella betoniera.
Si metteva il basco amaranto nelle cerimonie e nei raduni e diceva sempre che di berretti quello era il solo che si metteva, non altri.
Oggi l’unico ufficiale vivente della I^ Btr, è il Gen. Carlo Massoni, MAVM, che ad oltre novant’anni, è ancora in gambissima, vive a Piacenza.
Tano Pinna lo considerava probabilmente il più “duro” e preparato degli ufficiali del Gruppo, freddo e lucido, soprattutto nei momenti peggiori e considerato che gli altri ufficiali del Gruppo erano, per Tano, “tutti eccezionali”, il Ten. Massoni era …ed è…un vero Ufficiale di Artiglieria Paracadutista.
Basta vedere e sentire la sua testimonianza, nel filmato girato nell’anniversario di El Alamein del 2002, unito poi al film di Monteleone, e nel servizio di RAI EDUCATIONAL , è una delle analisi più lucide, “crude”, della battaglia. della ritirata e della cattura.