23
ottobre 1942
23
ottobre 1945
24 ottobre – stazione
ferroviaria di El Alamein, - un sacerdote cattolico
benedice le salme dei militari
neozelandesi, poco prima di esser e sepolte.
Al pow camp 305
scorrono i giorni tutti eguali, ma il 23 ottobre è ancora segnato nella mente e
nella carne di tutti, e lo sarà fino alla fine dei Loro giorni.
Tano non riesce a dormire in quella notte, e
così sarà fino alla fine dei suoi giorni, nel suo cuore cresce la tristezza per
gli amici ancora insepolti nel deserto, accarezzati dal sole e dal ghibli.
Rivede Dario Pirlone, la sua barba intrisa di
sangue, le sua mano fredda che stringe
E tutti gli altri, i fantaccini del 28° Pavia, appena
arrivati in linea ed impauriti, i ragazzi della 11^ e della 24^ e 22^ cp., dell 6^, le ferite del Magg.
Vagliasindi, colpito
due volte dall’88.
Nasce una poesia, ma in realtà è una
preghiera, un inno, dedicato a Loro, ed il titolo è unico: “Santa Alamein”.
I due piccoli fogli, dove per la prima volta
ha gettato giù la poesia con le correzioni, sono ancora tra le sue vecchie
carte, sono trasparenti, la scrittura è
appena visibile,
Leggendola si ha l’impressione di essere lì,
nella notte, tra le fiammate e gli scoppi, nella buca, con il rumore delle
esplosioni che talora è sopravanzato dal rumore del silenzio, con il respiro sordo
e talora rabbioso dei motori dei carri e la litania dei lori cingoli, quasi
come mostri
preistorici che sorgono dal nero della notte.
Ogni volta che Tano la leggeva, di nascosto,
i suoi occhi si bagnavano di lacrime, il cuore si riempiva di orgoglio e di
fierezza.
Santa Alamein
Livido è il cielo
In agguato è la morte
Sorride il ragazzo
Fora la notte con gli occhioni neri
L’arma rimira ed appronta
Nuove croci
Fioritura cruenta
Il deserto eleva
Gelido soffio
Ghigno schifoso e truce
Di morte ebbra
Sfiora con la sua ala
Uomini e spirti
Baglior di fiamme
Rombo, turbinio
Rompono il freddo muto notturno
Sibila, fruscia
Schiantasi in guizzi ignei
L’aria sferza
Stritola la carne
Ritorno di lotta
Marcia della morte che rantola rotta
Guizzano ombre curve
Silenti
La rabbia nemica
Martella insistente
S’infuria, divampa
Stizzisce, zittisce.
Rombo di motori
All’armi, morti, ma non si passa!
Barriera i Caduto fanno
I feriti attendono io riscatto
Tremenda, spasimante è l’attesa
Lampi più vicini
Tuoni, guaiti, rombi
E’ l’alba.
Ride la morte
Nero, pauroso, ferrigno
Il deserto appare
Tra nembi di fumo
Imperiosa avanza
Massa di ferro
Contro cuori e braccia
Alla morte votati
Ritti, quasi indispettiti,
all’anticarro stretti,
immobili, divini, stoici,
si beffano del corruccio nemico
e della morte
Qui si muore?
La postazione tace:
scoppi, spasimi,
rombo, rantoli,
si confondono
Folgore: è un tuono
Un urlo di gloria e di morte
Risorgono i Morti
Si levano i feriti
Dove sono i ragazzi?
Demoni., demoni scatenati
Contro la morte
che morte rovescian
sul nemico.
Giace
Esausta
Sul ferro di sangue rosso,
domina incontrastata
del Golgota la
duna
Scivolo, tra ombre in armi,
a consacrar quest’alma,
dove, olocausto cruento,
per
nuova gioventù cadè
cantando.
Folgore fu il grido estremo
Che soffocò nel sangue di lor vene
Folgore rispondono i vivi
Ed il loro grido, in un turbinio africano,
tuona, di trincea in trincea.
Italia
Per Te caddero.