Dai diari di Tano Pinna, di Umago d’Istria
art.
parac. della 3^, poi 2^ btr. \ I°
Gruppo
IL SERMONE AI REPROBI
Ecco
una bella foto fatta in prigionia, a Barce, nella primavera 1944, sullo sfondo
le case delle fattorie costruite nella metà degli anni ’30, con campi curati
dagli emigranti veneti. In basso a sinistra il buon Ario Fiumi, 21 cp, VII Btg,
da Pirano d’Istria, bravo calciatore, bravo meccanico”..de
fin”, ossia orologiaio, ed incisore. Amico fraterno di Tano, li univa l’amore
per la loro Istria, per il loro mare. Un’amicizia durata dal primo giorno di prigionia e fino
alla fine. ed
ora oltre …
Ecco
quello che qualsiasi “benpensante” direbbe essere uno “sconcio”, una
dimostrazione di non “saper vivere”.
Non lo
direbbe certo quel figlio di Naufrago in una isola
deserta, descritto nella introduzione dell’ultima edizione de “I Ragazzi della Folgore”, scritta da un “bravo mulo”, figlio di un paracadutista
del IV° Btg. e poi p.o.w. nel “305 camp” .
Già
più volte a Tano gli hanno fatto vedere le bellezze della Cirenaica, con gite e
bagni al mare, visite alle rovine romane, acqua fresca da bere e da …lavaggio,
riposo e una bella monastica celletta tutta per lui, basta che mettesse una firma…
Rinviato
sulla strada a lavorare con i suoi tre inseparabili amici, Glauco Vicentini,
Ario Fiumi e Meni Pischiutta, Tano si è divertito a riempire le buche di sabbia,
non di pietrisco, con
sopra una leggero velo di asfalto, fresco fresco.
Così
passando il camion americano, con autista neozelandese, colorati e smarriti
“facchini” del Centro Africa, il tutto al servizio di S.
Maestà Britannica, passando sopra l’italica buca, trascina via l’asfalto e la sabbia, si riapre
la buca che viene subito “beccata” dal
successivo Dodge.
Per
maggior sfregio e goduria il piccone di sera ha anche bucato di nascosto i
bidoni del catrame, così la mattina tutta la strada è bloccata da una bella
marea nera ed appiccicosa, costringendo le colonne dei vari multirazziali
Services Corp del Commonwealth a deviazioni fuori strada, tra poderosi vaffa…detti
nel non più fine linguaggio di Oxford, zigzagando tra pezzi di lamiera, per
caso messi tra i cespugli, …sperando che si buchino le gomme.
Ora
sono tutti “ospiti” nel villaggio Luigi di Savoia, sull’altopiano libico, oltre
600 mt. s.l.m., nel verde, in una vecchia fattoria
costruita nel ventennio, stanno bene, non hanno problemi, si mangia, non tanto
ma …meglio che niente, non si lavora per l’albionico pallido tommy, eccetto i
lavori artistici del trio “Tano-Ario-Glauco”, apprezzati da tutti, antesignani
del “…io riciclo…tu mi dai qualche uovo…qualche sigaretta”.
Ecco
che un giorno arrivano le “squadrette” degli ufficiali “badogliani”, cercando di
convincerli a firmare la collaborazione….
Sorridenti,
disponibili, amiconi, ma …..
Ecco
il “sermone ai reprobi” della firma, e la risposta di Tano, con relativa
“arrabbiatura” dell’oratore, risposta che poi, dopo un mese, “porterà” il trio ospite al pow
criminal camp n°305 di El Kassasine, Egypt. Salt Lakes District.
“27 dicembre 1944 – Villaggio Luigi di Savoia
E’ quasi fresco, si sta bene con
la giacca, Natale è passato, l’anno sta per finire.
Ordinano l’adunata, deve parlare
il capitano Ficai.
Io sono esonerato e me ne sto
sulla porta dello spaccio.
Trampus presenta la forza.
Ordinato il riposo Ficai comincia
a parlare.
“Soldati mettetevi bene in testa che insistendo
nella non collaborazione andate incontro a future severe punizioni.
Il nostro governo da oltre un anno ha firmato
l’armistizio, oggi l’esercito italiano combatte i tedeschi a fianco degli anglo-americani.
I vostri ufficiali non sono più nei campi di
concentramento, hanno raggiunto l’Italia e sono rientrati in seno all’esercito,
o sono come noi al vostro fianco, tutti impegnati nella lotta per la
liberazione della patria.
Non ascoltate chi vi parla differentemente, non ascoltate
i fanatici, che hanno spinto l’Italia a fare una guerra non sentita, i tedeschi
sono stati i nostri nemici secolari, mentre gli alleati di oggi sono stati i
nostri amici di sempre.
Soldati, agite secondo i sacri interessi della patria.
Potrei ordinarvi di firmare la collaborazione ma lascio a
voi la decisione, perché così è la democrazia, è finita la dittatura fascista,
il popolo ha scelto la libertà”.
Le ciance del conquistatore dell’impero
mi fanno sorridere, ma quando dice “…potrei
ordinarvi…” mi sento ribollire il sangue.
Quasi spinto a
una molla scatto in avanti, raggiungo l’ufficiale e, puntandogli il dito, gli
grido in faccia:” Non può ordinarci di
firmare la collaborazione, come non lo possono gli inglesi, come non lo può
Badoglio, siamo prigionieri di guerra, sì, siamo soldati, ma prigionieri degli
inglesi fino a prova contraria..”
“Ricordati che sei un soldato e io sono un capitano dell’esercito
italiano..” urla
gesticolando il capitano.
“Si – gli rispondo ridendo – siete un capitano dell’esercito italiano
agli ordini di un caporale negro sudanese”
“Come osi, io ti denuncio per insubordinazione!”
“A chi? Chi sono i vostri superiori? Eccone uno!” e gli indico l’imbambolato caporale negro “East Africa”.
Urli, fischi, si alzano dal
gruppo dei prigionieri.
Ficai tenta di mettermi le mani
addosso, ma sono più pronto e lo prendo per il petto scuotendolo con rabbia.
Giarrè, presente, chiama le
guardie che intervengono prontamente puntandomi i fucili con la baionetta
inastata.
Ma non li temo …sono con noi!
Giarrè mi ordina di passare in
fila con gli altri.
Ficai è paonazzo…non per
vergogna, con quella faccia!
E’ la volta di Giarrè”…te lo ordino!” mi grida.
“Tu non ordini un bel niente – gli rispondo gridando – tu sei un servo, non puoi comandare”.
Lo prendo per la giacca e non so
come sarebbe andata a finire se non fosse intervenuto
Ario Fiumi che, staccatosi dal gruppo, si avvicina di corsa e si interpone tra
me e Giarrè.
Interviene il sergente inglese,
mi ordina di seguirlo al comando.
Trampus ed i colleghi Falovo e
Marinozzi cercano di calmare gli animi.
Il capitano inglese mi riceve
mostrando un vivo disappunto per l’incidente.
“…in fondo – mi dice – sono
ufficiali dell’esercito italiano e voi dovete obbedire”
“Signor capitano – gli rispondo – lei avrà notato, come noi, i signori ufficiali che, ad un cenno della
guardia nera, salgono nel cassone assieme a noi soldati, mentre il negretto si
mette comodo in cabina, seduto, certamente in base alle vostre disposizioni. I
signori ufficiali prendono ordini da tutti, dal soldato di colore a lei,
comandante del campo”
”Ma tu fai propaganda contro la cooperazione – replica il capitano inglese – ti ho assegnato allo spaccio, ora basta, andrai a lavorare con tutti
gli altri”
Lo interrompo: “Non mi importa di
lasciare lo spaccio e mi rifiuto di fare qualsiasi lavoro fuori dal campo”.
“Dovrei punirti, ma vuoi finire nel campo di punizione?
Vuoi finire al 305?”
“Mi mandi pure nel campo di punizione, come lei dice”
Ritornato al campo tutti vogliono
sapere l’esito dell’incontro.
Il campo è in tumulto, gli
ufficiali stanno lontani.
Non siamo divisi, anche se i
pareri sono differenti.
I più rifiutano la collaborazione
sottoscritta, accettano di lavorare ma vogliono essere
liberi di rifiutarsi di fare determinati lavori.
Certamente la forma è ambigua, è
una posizione di comodo.
Possiamo però dare torto a questi ragazzi che vogliono stare al di
fuori della mischia?
Trampus chiede di parlare con il
capitano inglese, vuole riferire quanto si dice in campo.
Domani farò le consegne dello
spaccio.
Era come avevo pensato,
consegnandomelo credevano di farmi cambiare idea!
La volpe cambia il pelo ma non il
vizio!.”
fine