PERCHE' MALTA NON FU ESPUGNATA DAI PARACADUTISTI ITALIANI E TEDESCHI
28 Jun 2002
Autore: da IL SECOLO D'ITALIA DEL 27.6.02

Da il Secolo d’Italia - Giovedì 27 giugno 2002
El Alamein
STORIA DI UNA BATTAGLIA
Così Rommel si oppose all’invasione di Malta
CARLO DE RISIO

Erwin Rommel, 51 anni, comandante dell'Armata italo-tedesca in Libia, quando voleva, sapeva essere estremamente maleducato e scostante.

Albert Kesselring, comandante delle Forze Sud, di sei anni più anziano, pervenuto in età matura all'aviazione, rivelava per contro doti di diplomatico ed era di natura affabile, al punto da essere stato soprannominato «il sorridente Albert».

Tra i due non correva buon sangue e la cosa era nota: una «ruggine» destinata a protrarsi e ad influenzare, in seguito, la campagna d'Italia, dopo l'8 settembre 1943.

Sia il Capo di .Stato Maggiore Generale italiano, Ugo Cavallero, sia il generale Ettore Bastico dal quale Rommel dipendeva, almeno sulla carta avevano avuto prove ripetute della protervia di Rommel e dei suoi modi sgarbati.


A Cavallero, almeno in una occasione, la «volpe del deserto» aveva inflitto una anticamera mortificante e un altro generale italiano, Gastone Gambara, sempre per contrasti con Rommel, era stato richiamato in patria.


Kesselring condivideva pienamente il parere di Cavallero, circa l'ineludibilità del problema di Malta (la «Delenda Chartago» del Capo di Stato Maggiore Generale italiano).

A detta di von Mellenthin, capo dei servizi informativi dell’Afrika Korps, il colloquio avvenuto il 22 giugno 1942 tra Kesselring e Rommel - con le rovine fumanti di Tobruk, appena conquistata assume presto toni di stridente contrasto.

Kesselring intendeva riportare in Sicilia i reparti aerei che avevano appoggiato le operazioni nel deserto, Rommel sosteneva che erano indispensabili per appoggiare l'avanzata in Egitto.


La posta in gioco, chiaramente, era la realizzazione oppure la rinuncia all'operazione studiata contro Malta.

Neppure la riacquistata funzione offensiva dell'isola, nel Canale di Sicilia, valse a schiodare Rommel dalla caparbia determinazione di spingersi in profondità nel territorio egiziano, con le forze disponibili. Di fronte alle meditate obiezioni di Kesselring, Rommel si rivolse direttamente a Hitler.


Nella successione cronologica degli avvenimenti, il passo compiuto da Rommel acquista una grande importanza, cadendo in un momento di particolare euforia, che si era propagata da Roma a Berlino.


Un osservatore svedese nella capitale tedesca riferì infatti: «La caduta di Tobruk fece una enorme impressione a Berlino e in tutta la Germania.


Il morale si alzò immediatamente ad un livello mai più raggiunto dalla conclusione della battaglia di Francia nel 1940. Rommel era l'uomo del giorno, al quale nulla era impossibile.

"Forse possiamo vincere la guerra, dopotutto”, dicevano tutti, e si abbandonavano alla gioia di una vittoria che sentivano essere veramente una vittoria».


Questo diffuso sentimento popolare non poteva non avere un’ eco nella Cancelleria e Hitler aveva già pronto il bastone di Maresciallo per il suo «soldato al sole» (la qual cosa costrinse Mussolini a fare altrettanto, promuovendo al grado di Maresciallo Cavallero e Bastico: il Duce, ironico, aggiunse: «E non escludo anche Navarra, il mio usciere»).


Un altro fattore ebbe la sua importanza: la sfiducia di Hitler nella Marina italiana e quindi il suo scetticismo sulla effettiva possibilità di conquistare Malta, tanto più che l'anno precedente l'aviolancio su Creta era stato pagato a caro prezzo dai paracadutisti tedeschi e si era sfiorata una bruciante sconfitta.


Al generale Student , uno specialista nell'impiego degli aviotrasportati , che perorava l'attuazione dell'operazione « Herkules» , Hitler, niente affatto convinto, disse: «Sa che cosa accadrà? Gli inglesi usciranno con le loro navi da Gibilterra e da Alessandria, e allora gli italiani torneranno in porto e lei resterà piantato in asso sull'isola con i suoi paracadutisti! Le proibisco di tornare in Italia!».
In Africa, intanto, dopo Kesselring venne il turno di Bastico a subire la collera di Rommel.
Quando Bastico, Comandante Superiore in Libia, affermò che non avrebbe autorizzato l'avanzata in Egitto, Rommel « irritatissimo uscì villanamente dal locale della riunione» (questo si legge in una pubblicazione del nostro Ufficio Storico): un locale scelto ad hoc dal Comandante dell'Armata, del tutto spoglio, senza un tavolo e una sedia.
Rommel, quando si tentò di farlo ragionare, si alterò nuovamente. Quindi affermò con alterigia: « Sono libero ai fianchi e sulla fronte. Nessuno può fermarmi. So che a Roma insistono per realizzare l'attacco a Malta. Bisognava farlo prima. Malta, del resto, bombardata a dovere e sorvegliata dalla Marina italiana, non potrà darci fastidio. Io vado. Se gli italiani vogliono seguirci, vengano pure, altrimenti si fermino. Per me è indifferente!». Quindi, cambiò umore. Sorrise a Bastico e soggiunse: «Fin da adesso la invito a colazione al Cairo».
In seguito, consapevole di essere andato oltre il segno, Rommel disse che «non vi era differenza tra tedeschi e italiani» e che tutti erano anelanti di avanzare in Egitto, fino alla conclusione della campagna. In effetti, sulla via Balbia, intasatissima, colonne italiane e tedesche si rincorrevano e si superavano, dirette verso Oriente. Moltissimi automezzi erano di preda bellica, e questo fu causa di ulteriori dispiaceri per gli inglesi in fuga, che sovente si consegnarono ai vincitöri, a causa degli equivoci sulla nazionalità delle colonne avanzanti.
Di fatto, però, della forza iniziale degli italo-tedeschi non era rimasto molto e le poche decine di carri armati efficienti arrancavano sferragliando su piste polverose, sotto un sole rovente. Si avanzava sulle ali dell'entusiasmo, perché consapevoli che gli inglesi erano alle corde. Ma i rischi erano innegabili, man mano che l'Armata si allontanava dalle sue fonti di rifornimento.
Kesselring, come si è visto, era contrario a giocare d'azzardo (disse, profeticamente: «Non credo che possa andare oltre El Alamein. Di questo giudizio mi sento responsabile davanti alla storia»). II comandante delle Forze Sud stava già facendo il conto degli aerei efficienti che, in quel momento, si riducevano a 50-60 caccia tedeschi e altrettanti italiani, mentre i servizi logistici stavano incontrando difficoltà a spostarsi in avanti.
Contrarissimo era Bastico, mentre Cavallero cominciava ad adeguarsi alle scelte «politiche» dei capi dell'Asse.
Quanto a Mussolini che aveva scritto a Hitler, sollecitando una consistente fornitura di nafta per la Marina e ricordando che al centro del quadro strategico mediterraneo rimaneva il problema di Malta la risposta del Führer valse a convincerlo per la prosecuzione dell'avanzata in Egitto.
Le espressioni usate da Hitler risultarono musica per le orecchie del Duce. «Il destino scriveva il Führer ci ha offerto una possibilità che in nessun caso si presenterà una seconda volta sullo stesso teatro di guerra. La dea della fortuna nelle battaglie passa accanto ai condottieri soltanto una volta. Chi non l'afferra in un momento simile, non potrà molto spesso raggiungerla mai più». Espressioni enfatiche a parte, la lettera di Hitler conteneva anche una precisazione di carattere operativo, perché Rommel poteva fare affidamento soltanto sulle forze sul posto.
La mente del Führer, nonostante tutto, era fissa alla nuova offensiva estiva in Russia, che sarebbe scattata il 28 giugno: non una sola delle preziose Divisioni corazzate poteva essere inviata in Libia, come Rommel sperava.
Un meditato giudizio sulla decisione presa di andare avanti, fu quello del generale Giuseppe Mancinelli, all'epoca ufficiale di collegamento col comando di Rommel. «Molto si è scritto, con maggiore o minore competenza su questa decisione e certamente riuscirebbe assai facile oggi, sulla scorta del risultato negativo dell'impresa, sostenere che fu un grave errore. Lo sfruttamento a fondo di un successo tanto rilevante si presentava per Rommel come la naturale, necessaria conseguenza della vittoria: il comandante che non avesse ascoltato questo imperativo, arrestandosi titubante sulla soglia del deserto occidentale egiziano, sarebbe stato certamente bollato di incapacità e peggio, nonostante ogni precedente prova in contrario».
Quanto all'impresa di Malta, da anteporre a quella in Egitto, a parte i rischi dell'attacco, lo scetticismo, a Roma, era piuttosto diffuso. Orio Vergani racconta che Mario Bacchelli, fratello del romanziere Riccardo, destinato come ufficiale a prendere parte alla famosa operazione C 3«Herkules», si dilettava intanto a dipingere la Scalinata di Trinità dei Monti. Avendo Vergani chiesto lumi a Ciano sull'epoca dell'attacco, si sentì rispondere dal ministro degli Esteri: «Se Mario Bacchelli aspetta di imbarcarsi per Malta, può continuare a dipingere per tutta la vita i paesaggi romani».

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