LA SCHEGGIA
22 Mar 2004
Autore: Par. (El Alamein) Emilio Camozzi

LA SCHEGGIA

Sono andato a trovare a casa sua, assieme ai miei commilitoni Glauco, Lucio e Fabio, il mio camerata Giovanni Canziani.

La volta precedente, un paio di mesi fa, ero andato al convalescenziario, dove era sottoposto ad un trattamento fisioterapico per postumi di un ictus che lo aveva immobilizzato. Dopo un mese, come prassi vuole, aveva dovuto andarsene via. O casa propria o ricovero anziani non autosufficienti.

La moglie, che aveva assimilato le caratteristiche paracadutistiche del marito, ha preferito portarselo a casa. Un impegno da non augurare nemmeno al più acerrimo dei propri nemici.

Lui, malgrado sia ammalato da sempre, è grande e grosso, perchè l'unica funzione attiva che non gli è mai mancata è l'appetito. Lei, di primo acchito, non puoi renderti conto che possa essere all'altezza del compito che si è assunta.

Poi, vedendola all'opera, ti rendi conto dell'immensa forza che cinquanta anni di vita in comune e la consapevolezza del dovere di assolvere un compito improbo ma dovuto e soprattutto voluto, uno possa attingere dalla fonte della convivenza famigliare.

Poichè Giovanni non può stare nè sdraiato nè seduto, è un continuo darsi da fare per raddrizzarlo sulla sedia, perchè tende a cadere sia a destra che a sinistra ed in avanti. Ho provato a darle una mano, ma spostare un individuo di un quintale che non reagisce a nessun stimolo è una faticaccia veramente improba.

Lei ci riesce da sola, con una apparente facilitò che ti lascia di stucco. Mi confesserò poi che alla sera ne esce distrutta. Come al solito, quando si ritrovano quattro che hanno fatto la guerra, l'argomento è ovvio, come ovvio, data l'età , è il passaggio alla discussione dei vari stati di salute.

So che Giovanni è stato rimpatriato perchè ferito nelle battaglie di Tunisia, ma non so in quale parte del corpo lo sia stato. La moglie mi fa vedere una lastra radiografica dove chiaramente, all'apice del polmone destro, compare una scheggia di discrete proporzioni.




Leggo la data della lastra e rimango allibito: 27.2.2003. Sbotto: e tu, per sessanta anni non hai detto niente e ti sei tenuto per te le tue malattie!!?. Non mi risponde.

Non ama parlare di queste cose. Mi astengo ad insistere. Non sono un giornalista ma solo un amico. E non voglio fargli del male tormentandolo con episodi ormai sepolti nella sabbia del passato. Maledizione!, è mai possibile che queste cose esistano?

A cosa o a chi sono dovute? Giovanni è passato attraverso mille difficoltà di salute. Posso anche ammettere che la scheggia stà bene lì dove è,
e che è meglio non toccarla.

Ma chi dice questo è sicuro di non avere smentite?
Già un altro amico mio, Vittorio Marraffa, è morto venti anni fa per un cancro al polmone. Una settimana prima della morte, gli avevano trovato schegge di granata nei polmoni. Io stesso ho una cicatrice sulla gamba sinistra.

La scheggia era superficiale e me la sono levata da solo. Ma se ce ne fosse un'altra? Meno male che, a parte gli acciacchi dell'età, sto bene. Quindi ben venga l'eventuale scheggia. A questo punto penso a coloro che ancora sopravvivono. Quanti di loro potrebbero essere in dette condizioni e soffrire di malattie le cui cause potrebbero essere attribuite a residui di quelle battaglie.

Non sono in grado di fare una crociata per rispondere ai miei interrogativi un pochino retorici. È però un problema.

Emilio Camozzi


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