COSE CHE SUCCEDEVANO
27 May 2004
Autore:Par. (El Alamein) Emilio Camozzi
COSE CHE SUCCEDEVANO

Un giorno qualsiasi di ottobre prima della grande battaglia. Uno di quei giorni che sono liquidati dai bollettini di guerra con un "nulla da segnalare sul fronte africano". Era l'alba, ed il sole si dava un gran da fare per disperdere le tenebre luminose di stelle e l'immancabile nebbia mattutina che in pochi minuti sparisce. La squadra di turno, appena arrivata, stava prendendo posizione nell'avamposto. I ragazzi erano riposati perchè gli artiglieri di sua maestà  britannica si erano limitati a sparare pochi colpi, giusto per lasciare intendere che erano ancora lì. Ormai l'esplosione delle granate poteva essere considerata una ninna nanna. Se non sparavano, stavano probabilmente preparando qualcosa. Se sparavano troppo quel qualcosa era in atto. In entrambi i casi bisognava stare all'erta. Così invece si poteva stare tranquilli e sognare, come era di prammatica, cascate di acqua e bottiglie appannate dal gelo, e, per i più assetati, cascate di bottiglie gelate. La piana davanti era cosparsa dei vari rottami che raccontavano la cronistoria dei precedenti combattimenti.
La carcassa del carro armato da cui i cecchini avevano fatto fuori un paio dei nostri, era ormai talmente malandato che si rifiutava di ospitare altri tiratori scelti. Un particolare colpì il capoarma della mitragliera: un elmetto inglese, quelli brutti che chiamavamo scodellini, si intravvedeva a trenta metri circa dalla postazione. Il giorno prima non c'era. Indicava quindi che qualche pattuglia si era avvicinata di notte alle nostre linee senza essere vista. Quindi la nostra guardia se la dormiva tranquillamente! Ragion per cui meglio far sparire quella testimonianza pericolosa e dare ai ragazzi della guardia notturna una strigliata alla buona per evitare al comandante di plotone la seccatura del rapporto e la penosa incombenza di comminare una qualsiasi punizione. Ma poi, come era possibile che un tommy perdesse uno scodellino e non lo ricuperasse? Forse, come al solito pieni di whisky, non se ne era accorto. Il sergente decise che era meglio far sparire la prova: "Giovanni, fa una corsa e seppellisci quel coso." E Giovanni, armato di sola paletta e con le dovute cautele, si avviò verso lo scodellino. Giunto a pochi metri, l'elmetto si sollevò da terra. Conteneva un soldato inglese in divisa completa, come si usava indossare di notte. Il che significava che era alla fine della sua azione, non al principio. In questo caso avrebbe avuto calzoni corti e maglietta. Cosa ci facesse lì in quell'ora ed in quelle condizioni, Dio solo sa. Era uno spilungone, ed in un paio di balzi raggiunse una buca scavata da una granata d'artiglieria più distante. I nostri si guardarono bene dallo sparare perchè Giovanni era sulla linea di tiro. Il sergente urlò:"Scappa Giovanni. Torna in postazione. Può essere armato". Non se lo fece ripetere ed in un lampo se ne tornò al riparo. Nel frattempo era arrivato anche il comandante di plotone al quale il sergente illustrò la situazione." Signor tenente, andiamo a beccarlo?". " Cosa cavolo ci fa a quest'ora, in quelle condizioni? Forse voleva arrendersi!". "Non credo. Sarebbe venuto verso noi a mani alzate."Mah! Proviamo." Mettendosi le mani a imbuto davanti alla bocca, con il suo inglese dal forte accento toscano gridò: "Surrender...hands up". L'elmetto balzò in aria col suo contenuto e guadagnò qualche metro verso le proprie linee. Il tenente urlò" Fermatelo!...". Malgrado le raffiche dei mitra e delle mitragliera maneggiata dalle mani esperte del sergente, che usava vantarsi di non sprecare mai un colpo, il tizio a balzi e rotoloni riuscì a mettersi fuori tiro. Sembrava protetto da chissà  quale divinità . Il tenente era indignato ed è meglio evitare di testimoniare quello che uscì dalla sua bocca. Il sergente lo lasciò sfogare poi:" Perchè non gli ha tirato lei. Oltre tutto è tiratore scelto! Lasci che glie lo dica io. Semplicemente perchè non se la sentiva di accopparlo così, come se si fosse in un poligono di tiro. Avremmo potuto farlo fuori in qualsiasi momento, ma non ce la siamo sentita di fare i boia. Quello è un buon soldato che non merita di fare la fine di un bersaglio". La cosa finì lì. Nessuno ne parlò più perchè non tutti sanno essere gentlemens e ci poteva scappare qualche rapporto o qualche punizione. A me è stata raccontata nel campo di prigionia da uno della compagnia a cui quella squadra apparteneva. 27° compagnia- IX battaglione.
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