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Pubblicato il 09/06/2017

10 GIUGNO 1917 SULL’ORTIGARA. GIORNO ORRIBILE. GIORNO MERAVIGLIOSO

di Gaetano Canetti

La storia.
“Strafexpedition” Maggio 1916: l’esercito austriaco irrompe dalla Val Sugana sull’Altipiano di Asiago.
L’obiettivo strategico dell’offensiva, ideata dal comandante in capo Gen. Conrad Von Hoetzendorf, è occupare l’altipiano e discendere nella pianura veneta tagliando le vie di rifornimento al nostro esercito tutto sbilanciato nell’offensiva sul Carso: la fine per l’esercito italiano.
In un mese di avanzate, quasi tutto l’altopiano è occupato ma gli italiani resistono ancora in punti strategici fondamentali.
Necessità di truppe su altri fronti, fluidità d’azione compromessa dalla determinata resistenza italiana, consigliano Conrad di far retrocedere le proprie truppe su una linea più arretrata appositamente ed eccezionalmente fortificata così da poter essere tenuta anche da un relativamente esiguo numero di soldati.
Hanno perso l’iniziativa.
A metà Giugno 1916 cominciano a retrocedere e gli italiani li inseguono, ma, arrivati verso la fine di Luglio alla linea fortificata (Monte Ortigara-Monte Chiesa-Monte Forno-Monte Zebio-Monte Mosciagh-sponda destra Val d’Assa) si trincerano.
Nonostante le “spallate” del nostro esercito, la linea tiene (eccome…) fino all’arrivo delle premature nevicate che non consentono più alcuna attività operativa: termina la controffensiva voluta dal Gen. Cadorna in persona, preoccupatissimo (e a ragione) per lo scampato pericolo ma ancora incombente sulla piana veneta, e viene posposta per la primavera successiva l’”Azione K”.
L’artiglieria italiana, assente quasi del tutto nel 1916 sull’altipiano, viene rinforzata enormemente e si provvede alla ricostituzione dei battaglioni assottigliati da scontri tanto sanguinosi quanto sterili.
L’”Azione K” non è altro che la continuazioni dell’offensiva su tutta la linea, dalla Val d’Assa all’Ortigara, ma questa volta con un’artiglieria che garantisce un volume di fuoco adeguato.
Nel frattempo, il 28 Febbraio 1917, il Gen. Conrad viene sollevato dall’incarico di Capo di Stato Maggiore e inviato a Bolzano in pianta stabile a comandare il Gruppo Armate del Tirolo Meridionale.
Il 10 Giugno del 1917 la VI Armata italiana (Gen. Mambretti) è pronta all’assalto delle munitissime posizioni, ulteriormente fortificate dagli austriaci durante il periodo di inattività bellica.
L’azione principale verrà affidata al XX Corpo d’Armata (Gen. Montuori) e soprattutto alla 52° Divisione del Gen. Como Dagna che attaccherà il settore dal Corno della Segala-Monte Campigoletti fino all’estremità nord dell’Ortigara che scende a strapiombo sulla Val Sugana (Passo dell’Agnella).


La 52° si dispone su due colonne:

– IV Raggruppamento Alpini del Gen. Di Giorgio Antonino (n. 8 BTG. Alpini) che attaccherà più a Nord (tra Baito Ortigara e Passo dell’Agnella) partendo dalle trincee dietro al Monte Campanaro (Pozzo della Scala) e si dividerà in successive due colonne: una più a Nord verso Passo dell’Agnella – Quota 2003 e una direttamente verso la cima dell’Ortigara Quota 2105;
– I Raggruppamento Alpini Col. Brig. Cornaro Jacopo (n. 6 BTG. Alpini) che attaccherà più a Sud (Crocetta e Pozza dell’Ortigara) partendo dalle trincee del Lozze dividendosi in ulteriori due colonne: una verso il Corno della Segala ed una verso il Coston de’ Ponari.
– In riserva: n. 8 BTG. Alpini 1 BTG. Bersaglieri.

E’ una gran brutta giornata di pioggia e di nebbia; la neve che ricopre ancora buona parte del terreno sassoso, sciogliendosi, restituisce i resti degli Alpini morti della “Colonna Stringa” che nel corso del Giugno-Luglio precedenti avevano cercato, invano, di scalzare il nemico dalle stesse posizioni: Quota 2105 (la sommità dell’Ortigara), Quota 2101 e Quota 2003.
Il 10 Giugno 1917 alle ore 05,15: un unico boato su tutta la linea dalla Val d’Assa sino al Passo dell’Agnella.
La nebbia fitta non permette di poter constatare l’effetto del tiro d’artiglieria; vengono così inviate pattuglie a confermare o smentire l’apertura di varchi tra i reticolati nemici.
I riscontri sono contraddittori: in alcuni punti i varchi sono stati creati, ci sono, in altri no.
Ore 15,00: inizia l’attacco e la reazione del nemico è immediata con artiglieria e mitragliatrici ben posizionate che sparano d’infilata.
Colonna Cornaro: il Battaglione “Mondovì” prende il Corno della Segala seguito dal Battaglione “Ceva”, il Battaglione “Vestone” seguito dal “Bicocca” si impossessa di una trincea avanzata sul Costone de’ Ponari verso Valle dell’Agnella; continuano ad avanzare verso il Campigoletti ma reticolati intatti e la nebbia che si alza mettono allo scoperto i battaglioni e favoriscono la precisione del tiro avversario. Devono ritirarsi e consolidare la posizione, cioè quel poco scomodo terreno conquistato.
Colonna Di Giorgio: intasati nelle trincee del Campanaro, dall’uscita nord si getta il “Bassano” direzione il Passo dell’Agnella e Quota 2003 con rincalzo il “Monte Baldo”; dall’uscita sud ecco il “7 Comuni” che attacca frontalmente Quota 2105 seguito dal “Verona”.

Questi uomini uno dietro l’altro, si gettano di corsa nel Vallone dell’Agnellizza (ribattezzato “il Vallone della Morte”) e si perdono nella nebbia; qui li accolgono le granate dell’artiglieria ed il fuoco delle mitragliatrici arrivando già con perdite sensibili al cospetto dell’Ortigara.
Il “Sette Comuni” alle 15,45 ed il “Verona” subito dopo, arrivano a contatto con i reticolati che difendono Quota 2105 e cercano invano dei varchi; hanno declinato inconsapevolmente verso il Costone de’ Ponari e quando si alza la nebbia sono esposti al tiro incrociato delle mitragliatrici. La situazione è tragica: cercano di defilarsi al riparo verso destra come possono e si trovano in stallo.

Il “Bassano” è irresistibile nel suo impeto e si impossessa prima del Passo dell’Agnella e verso le 17,30 di Quota 2003; Il “Monte Baldo” attaccherà Quota 2101 e se ne impossesserà anche con l’aiuto del sopraggiunto battaglione “Clapier”.
Alla sera dunque del 10 Giugno la situazione è ben lungi da quella desiderabile: l’ipotizzato “scollamento” della linea austriaca non si è verificato in nessun punto e gli italiani tengono posizioni difficilmente difendibili.
I comandi decideranno di continuare ad insistere nell’attacco ma non c’è speranza di un successo strategico: il giorno 19 Giugno viene finalmente conquistata Quota 2105 ma è impossibile tenerla, esposta com’è all’artiglieria; infatti la notte tra il 24 ed il 25 Giugno con un attacco violentissimo anche con lanciafiamme e gas asfissianti, ritorna in mano nemica.
Più a lungo durarono i presidi a Quota 2101 e Quota 2003; l’ultimo a cadere fu quello di Passo dell’Agnella il 29 Giugno e poi il ritorno sulla linea originaria da cui erano partiti i nostri soldati.
La VI Armata perse tra caduti, dispersi, feriti e prigionieri 28.000 uomini, 13.000 dei quali, Alpini.

Gli Uomini.
Giorno 11 Giugno, il battaglione “Sette Comuni” è aggrappato alle rocce sotto Quota 2105 dopo aver subito enormi perdite. Il Comandante, Maggiore Milanesio, senza punti di riferimento complice la nebbia e la pioggia, si rende conto di aver “scarrocciato” sulla sinistra esponendosi, una volta schiaritosi il tempo, al tiro delle mitragliatrici austriache del Campigoletti.
Nel trambusto generale però, l’attenzione sua e dei suoi uomini si rivolge verso l’uscita delle trincee dal Campanaro sul Vallone dell’Agnellizza: due battaglioni (sono senz’altro Tirano e Monte Spluga) si apprestano ad uscire.
Si odono distintamente i comandi dell’Ufficiale che disciplina il deflusso, in avanti ed in piedi rispetto all’uscita.
Fermo.
Le mitragliatrici nemiche, con tiro aggiustato, battono inesorabili e precise lo sbocco della trincea.
Dal gradino roccioso si gettano fuori correndo gli Alpini, la gran parte dei quali, colpiti a morte o feriti, ruzzola a peso morto in fondo al Vallone.
Ogni tanto l’Ufficiale cade anch’esso e un altro lo sostituisce nella tragica consegna.
Questa atroce visione e la mirabile disciplina dei soldati, rimarranno per tutta la vita scolpite nella memoria del Maggiore che rimarrà ferito gravemente da uno scoppio di granata la mattina del 19 Giugno.
Il 25 Giugno è il giorno del battaglione “Marmolada” alpini sciatori; il Tenete Monelli è al comando del suo plotone.
Escono dalle trincee dietro al Campanaro e si devono tuffare nel Vallone dell’Agnellizza.
Lì ad attenderli ci sono i morti vecchi della Colonna Stringa dell’anno precedente ed i nuovi morti dei battaglioni che di lì sono avanzati nei quindici giorni precedenti.
Un incubo.
Tra lucidi teschi e cadaveri gonfi, sul sentiero ormai levigato, è giusto correre veloce ma anche mantenere la calma, fare attenzione soprattutto a quegli svincoli dove i morti freschi sono più numerosi: lì sono i passaggi obbligati dove si concentra il preciso tiro avversario.
Un attimo, ancora un attimo… proviamo! Col cuore in gola si passa.
Siamo arrivati sotto alla Quota.
Ora si deve risalire passando da roccia a roccia…
Al battaglione “Marmolada” il telefono si è rotto irrimediabilmente ed il Caporal Maggiore Pesavento, dovrà tornare indietro dal Vallone dell’Agnellizza, per portare il rapporto al comando.
Attraversarlo è già stato un incubo, riattraversarlo significa molto probabilmente morire.
Se aspetta il buio troverà i colpi dell’artiglieria a tappeto; invece, se parte subito, meno artiglieria ma il tiro micidiale dei cecchini: decide di partire subito.
Gli uomini della sua compagnia, abbarbicati sotto le rocce di Quota 2101, lo osservano con apprensione; scende a rompicollo sino in fondo, trova un po’ di riparo tra cadaveri e materiale abbandonato. Sin qui tutto bene ma ora inizia la risalita ed il tiro al bersaglio su di lui: è nel punto peggiore (lo si capisce dal numero di morti intorno) ta-pum, ta-pum, ta-pum e Pesavento si abbatte di colpo, le scarpe al sole.
E’ finita.
Mezz’ora dopo un urlo: “guardate Pesavento!”. Il briccone d’un sol balzo ha superato i venti metri che lo separavano dal camminamento ed ha beffato il cecchino che, per ripicca, continua il suo inutile rabbioso tiro sui cadaveri intorno.
Pesavento morirà, in quel vallone, perché vorrà tornare indietro, là dove c’era ancora a combattere la sua compagnia.
Un distinto signore piemontese di circa sessant’anni con moglie e figlia al seguito, un’auto di lusso, si fa guidare alla visita dell’Ortigara: da giovane era appartenuto al Battaglione “Mondovì” del Col. Gerbino Promis.
Da un po’ altezzoso e distaccato che era, arrivati al Corno della Segala, il suo atteggiamento cambia: “non mi ritrovo, non mi ritrovo…” continua a mormorare. Avanti e indietro, avanti indietro, sembra cercare qualcosa. Ad un certo punto si blocca di fronte ad una roccia: scoppia a piangere, ricomponendosi solo all’arrivo della signora e della annoiata giovane figlia.
Lì, dietro quella roccia, si era trascinato trovando riparo dopo essere stato ferito, trascorrendo un infinito periodo di tempo tra morti, scoppi e urla attendendo qualche coraggioso barelliere che si occupasse di lui.
Il tenente medico Perin, apparteneva alla 55° Compagnia del Battaglione “Vestone”; desidera tornare a calpestare, prima di morire, i luoghi della battaglia che ha segnato indelebilmente la sua vita.
Il parente che lo accompagna, Mario Rigoni Stern, ha prestato servizio in Russia 25 anni dopo in qualità si sottufficiale, nella stessa compagnia del medesimo battaglione, sotto il comando del Magg. Bracchi.
Arrivato sotto il Costone de’ Ponari, l’anziano medico divenuto primario d’ospedale, affaticato e commosso, si toglie le scarpe: “…da qui in avanti è come se dovessi camminare sui morti…”.
Il ricordo va al riparo che offrivano alcune di quelle rocce, mentre medicava i suoi Alpini feriti mancando di tutto, esaurito il materiale disponibile: “Signur Tenent, l’è na féra!”.
Incede stralunato tra i suoi ricordi, mormorando a fior di labbra: “Orribile… Meraviglioso…”

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“Solo chi dona se stesso può creare futuro” Joseph Ratzinger (Il Tempo e la Storia)

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