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Pubblicato il 08/01/2014

A FIRENZE LA MOSTRA DI UN FOTOGRAFO – REPORTER DI GUERRA – ARTISTA- MORTO IN VIETNAM

FIRENZE- In città si apre una mostra di fotografie “di guerra”all’interno della quale si potrennop vedere anche quelle di di Rober Capa, di cui molti conoscono la sua fotografia più celebre, il miliziano ucciso durante la guerra civile spagnola, così come ricordano l’altra immagine diventata icona, lo sbarco in Normandia durante la seconda guerra mondiale.

78 foto del geniale artista della foto – al secolo Endre Erno Friedmann,diventato Robert Capa durante la guerra civile spagnola- saranno in mostra al Museo Nazionale Alinari della Fotografia a Firenze dal 10 gennaio al 30 marzo 2014. Fotografie certo meno note, ma che racchiudono tutta la sua arte.

Capa è diventato famoso per la sua capacità di cogliere l’attimo e le inquadrature, usando solo la luce naturale.

Struggenti sono quelle del funerale del 2 ottobre 1943 nella Napoli appena liberata di venti alunni del liceo Sannazzaro, del Vomero che, guidati dal loro professore, avevano partecipato alla insurrezione contro i tedeschi.

Si potranno vedere le immagini scattate in Italia, dal 1943 al 1944, al seguito degli Alleati, prima di seguire le truppe nello sbarco in Normandia che decise l’esito della seconda guerra mondiale e lo consacrò definitivamente. La mostra, già ospitata al Museo di Roma Palazzo Braschi, è stata organizzata in occasione dell’Anno Culturale Ungheria-Italia 2013 che ha coinciso con il centenario della nascita di Capa, morto nel 1954, saltando in aria su una mina anti-uomo in Vietman al seguito delle truppe francesi che cercavano la riscossa dopo la disastrosa sconfitta di Dien Bien Fu che portò alla divisione in due del paese.

Le immagini, tutte in bianco e nero, sono una selezione di quelle possedute dal Museo Nazionale Ungherese e vanno dal luglio 1943, quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, fino al gennaio 1944 ad Anzio, passando per la liberazione di Napoli e la sanguinosa battaglia di Cassino. Il racconto inizia, non a caso, dagli scatti dei paracadutisti Usa sull’areo che li portava verso la Sicilia, prosegue con donne e uomini alle prese con le distruzioni della guerra ma anche col tentativo di tornare rapidamente alla normale quotidianità, mostra la folla che applaude i soldati a Palermo e Monreale, e scene apparentemente minori ma che Capa fa diventare indimenticabili come il pastore che indica la strada ad un militare Usa, un ospedale allestito in chiesa, un incredibile barcone scagliato sul molo dopo un bombardamento che sembra una immagine partorita dalla fantasia di pittore surreale come quella di un asino accanto ad un carro armato.

Capa mostra prigionieri, feriti, gente comune, ma non cerca l’«effetto», anzi. È solo così vicino col cuore e fisicamente ai soggetti delle sue immagini che mostra la guerra in tutti i suoi aspetti e dolori, senza mediazioni neppure estetiche come farà invece la bellissima Lee Miller con le celebri foto di guerra per Vogue fino a riprendersi mentre fa il bagno nella vasca di Hitler a Berlino nel 1945. Capa spiegava che un fotografo di guerra deve stare in prima linea, anche se sognava Hollywood dove nel dopoguerra ebbe una storia di amore con Ingrid Bergmann che fotografò sui set (con grande difficoltà perché appunto non era abituato a non usare luce naturale).
L’esule ungherese realizzò il suo primo reportage nel 1932, quando aveva già raggiunto Berlino, ma nel ’33 con la nomina di Hitler a cancelliere capì che anche in Germania tirava brutta aria e raggiunse Parigi, dove conobbe l’altro grandissimo della fotografia Henri Cartier-Bresson e soprattutto Gerda Taro che lo aiutò a piazzare il suo lavoro, anche cambiandogli nome (Capra sembrava sia dovuto al regista di Hollywood Frank Capra), e dove affinò l’uso della piccola e compatta Leica.

Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, Capa si era trasferito negli Usa ed era già famoso, con uno stile definito ed inconfondibile, tanto che Life lo incaricò di reportage dai vari fronti. «Capa sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato spiegava John Steinbeck Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino». Emozioni non «emozioni forti», come disse Lee Miller e azione, tanto che lasciò quasi subito il fronte di Anzio quando capì che lo scontro stava entrando in stallo, raccontate con chiarezza e semplicità. L’ultima immagine della mostra è un bel ritratto di Robert Capa, a Napoli nel 1943, scattato da George Rodger, fotorepoter inglese che lavorava per Life e che nel 1947 fondò l’agenzia fotografica indipendente Magnun assieme a Capa ed altri. Capa, capelli ed occhi scuri, con la sigaretta in bocca, vestito come un soldato, è colto quasi di sorpresa, sembra sovrapensiero. Guarda. Ma guarda oltre l’obiettivo, come ha fatto sempre.

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