ADDESTRAMENTO

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Pubblicato il 18/02/2016

ALCIDE “BULL” BENINI: PARACADUTISTA EROE DELLA AIRBORNE. UN DOCUMENTARIO PARLA DI LUI

La storia di Alcide «Bull» Benini, deceduto negli Stati Uniti ad aprile scorso e seppellito con tutti gli onori militari nel cimitero degli eroi di Arlington, è stata raccontata in un documentario in collaborazione col Museo Storico di Trento. “Non mandatemi a combattere in Italia, ma contro i Giapponesi”.



TRENTO- Alcide “Bull” Benini è morto a 93 anni, il 16 Aprile del 2015. Era nato a Cologna di Tenno il 15 ottobre del 1921. Alcide Benini emigra in America nel 1929 per andare a lavorare in miniera col padre. E’ stato seppellito con gli onori militari solenni nel cimitero di Arlington e il Museo dell’ “USA COMBAT CONTROL” gli ha dedicato un padiglione. BENINI1.ANZIANO

Racconta il cugino, classe 1941, che vive a Gavazzo: ” Alcide disse al padre che si voleva arruolare. Però non mandatemi a combattere in Europa contro gli italiani, disse al momento della firma. Sono miei compatrioti, mandatemi contro i giapponesi». E nel 1940 arriva con l’esercito nelle Filippine assegnato al 31° Reggimento di Fanteria con la qualifica di cecchino e operatore radio.
«Mai sbagliato un colpo, col fucile in mano era infallibile!».

Nell’aprile del 1942 è catturato dai giapponesi al termine della terribile battaglia di Bataan, luogo da dove per Benini avrà inizio un’azione conosciuta e raccontata dai libri di storia come la «marcia della morte». Lunga 120 chilometri, fu fatta intraprendere dai giapponesi a circa 80.000 tra prigionieri filippini e americani, costretti a camminare e morendo a migliaia fino a Camp O’Donnel, luogo della prigionia. Benini sopravvisse alla marcia, fu sottoposto a un processo militare ed evacuato dal campo. Durante il trasferimento verso il Giappone una nave americana bombarda il convoglio, ma finalmente il 5 ottobre del ’44 arriva a Hong Kong. Qui rimane per dieci giorni, lavorando in uno zuccherificio, poi si sposta a Formosa e, finalmente, nel 1945 rientra negli Stati Uniti dopo un’esperienza da prigioniero anche in una miniera di zinco.
Nell’aprile del 1946 chiede e ottiene di andare alla scuola di paracadutismo dell’11ª divisione aerotrasportata di stanza in Giappone, torna in America nel 1947 e viene assegnato all’82° Airborne Division Pathfinder, dove rimane per cinque anni compiendo missioni segrete
.
Nel 1952 diventa istruttore delle forze speciali, in particolare insegna metodi di sopravvivenza e comunicazione. Il 6 gennaio del 1953 è congedato, ma due giorni dopo il generale Douglass lo chiama affinché formi un gruppo speciale in seno all’aeronautica.
È promosso sergente e nel luglio del ’53 sergente maggiore, forma esploratori e partecipa alle missioni più segrete ovunque nel globo, nel 1954 è di stanza in Inghilterra, nel 1957 torna negli Stati Uniti ma è rispedito in Germania, a Wiesbaden, dove c’è la 322ª Air Division.
Da qui parte per missioni in Libano, va in Congo durante la crisi di Elizabethville, poi viene paracadutato nella regione pakistana del Kashmere dove è di supporto alla costruzione di un aeroporto. Svolge funzioni di collegamento durante la guerra in Indocina, in Himalaya partecipa a numerose missioni di sorvolo e controllo del territorio, nel settembre del 1963 torna a casa, nel 1965 è a Langley, la «casa» della Cia, nel 1970 dopo trent’anni di servizio è congedato con onore.

La sua carriera gli ha valso il soprannome di «Bull», ossia il «Toro». Benini, celebrato con la stampa nel 2013 di un libretto speciale dall’Airforce in occasione del 60° dalla formazione del CCT – il primo «Combat Control Team», un corpo speciale che vide la luce appunto nel 1953 – progetta di rientrare in Italia.

Una vita, quella di Alcide Benini, italiano d’America votata a missioni altamente qualificate, segrete, di quelle che non si possono raccontare se non nei film d’azione che ne hanno svelata la storia.

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