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Pubblicato il 10/01/2014

ATTIVITA’ UMANITARIA DELLE NAVI MILITARI: GLI EQUIPAGGI CHIEDONO GARANZIE SANITARIE


Alcuni elementi della Marina denunciano “Poche tutele per militari contro contro Hiv e Tubercolosi”.
C’è chi chiede l’arruolamento dei sieropositivi

Il problema sollevato per l’operazione Mare Nostrum, era già stato segnalato in occasione del terremoto ad Haiti nel 2010, quando al personale non era stato garantita la profilassi post esposizione all’hiv, pur avendo assistito, anche chirurgicamente, persone a rischio. Torna a far discutere anche il tema dell’idoneità dei sieropositivi alla carriera militare.

PARMA – E’ stata pubblicata oggi la denuncia di alcuni operatori sanitari della Marina Militare, che sollecitano il ministero della Difesa a intervenire per offrire una protezione più efficace al proprio personale impegnato in queste operazioni.Hiv e tubercolosi sono le malattie da cui -secondo quanto si legge-non sarebbe tutelato a dovere il personale sanitario militare e civile, impegnato nell’operazione “Mare Nostrum”:

Il problema era già stato segnalato in occasione del terremoto che aveva colpito Haiti nel 2010, quando il personale imbarcato sulla portaerei Cavour non aveva potuto contare sulla disponibilità della ppe (profilassi post esposizione) all’hiv, pur avendo svolto attività sanitaria e chirurgica a favore di persone a rischio , residenti in un Paese in cui le terapie antiretrovirali non vengono garantite. E anche con l’Operazione “Mare Nostrum” “la profilassi farmacologica contro il virus hiv entro 1-4 ore dalla possibile esposizione continua a non esserci. Una situazione preoccupante, visto che si opera con migliaia di persone provenienti, perlopiù, da Paesi in cui l’infezione da hiv è considerata endemica”.

PROFILASSI ANTI TUBERCOLOTICA
“Occorre verificare se i militari e gli appartenenti alle Forze di polizia impiegati nell’operazione “Mare Nostrum” – rileva Luca Marco Comellini, Segretario del Partito per la tutela dei diritti di militari e Forze di polizia (Pdm) – siano adeguatamente protetti contro i rischi di esposizione a ceppi virali multifarmacoresistenti provenienti da aree endemiche e ad alta incidenza di tubercolosi”. Già nel 2011, tramite i parlamentari Radicali, “avevamo chiesto al ministro della Difesa – continua – di sapere quali fossero le attività di prevenzione e di sorveglianza sanitaria attuate presso il Servizio sanitario militare interforze, la percentuale dei medici e infermieri militari sottoposta a vaccinazione obbligatoria antitubercolare e il sistema di sorveglianza sanitaria adottato. Ma avevamo ricevuto una risposta elusiva degli obblighi imposti dalla legge, che non ci aveva soddisfatto e aveva fatto emergere una preoccupante situazione sulle incerte percentuali di militari sottoposti alla vaccinazione obbligatoria antitubercolare”.

I SIERO POSITIVI VOGLIONO ESSERE ARRUOLATI E NON GRADISCONO I TEST CHE CONSIDERANO DISCRIMINATORI
E oltre alle preoccupazioni per possibili rischi per la propria salute durante il lavoro, continuano a esserci dostilità, sempre all’interno delle Forze Armate, di richieste di test dell’hiv non solo per bandi di concorso di 1° nomina, ma anche per quelli interni per l’avanzamento di carriera, nonché di controlli periodici sull’hiv per i dirigenti e per i non graduati.

La legge 135/90 vieta l’accertamento dello stato sierologico sia dei dipendenti che nelle procedure ai fini dell’assunzione. La sentenza della Corte Costituzionale del ’94 ha poi detto che, nel caso alcune attività lavorative comportino rischi di trasmissione dell’infezione verso terzi, come le professioni sanitarie e militari, dovrebbe essere prevista la possibilità del datore di lavoro di richiedere all’interessato l’esecuzione del test. Ma la Corte ha espressamente negato il test di massa e per categoria di persone, indicando invece una valutazione caso per caso sulla compatibilità tra le mansioni e la sieropositività”.

Da un lato ci sono le direttive tecniche e i decreti del ministero della Difesa del 2005 e 2011 che tra le cause di non idoneità al servizio militare indicano tubercolosi, sifilide, epatite B e C e hiv, come aveva anche evidenziato in alcune interrogazioni parlamentari l’ex ministro della Difesa, Di Paola. E poi ci sono le circolari dei ministeri della Salute e del Lavoro (l’ultima è dell’aprile 2013) che dicono che l’accertamento della sieronegatività è legittimato solo dalle effettive condizioni di rischio dell’attività lavorativa e che la valutazione del rischio di esposizione va fatta a livello individuale, caso per caso, tramite il medico competente.

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