CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 16/07/2020

CASO SCIERI: IL TIRRENO PARLA DI UNA TELEFONATA PARTITA DALLA GAMERRA AD UN ORA DAL RITROVAMENTO DEL CORPO

Parma- Con tristezza e con la speranza che la verità non solo indiziaria sia presto accertata, pubblicheremo tutte le notizie che riguardano il caso Scieri, come fatto d sinora, smentendo coloro che hanno scritto il libro Folgore di morte ed omertà.
Il rinvio a giudizio di 5 Paracadutisti, tra cui il generale Celentano ed un Ufficiale superiore sulla base di una serie di indizi via via più numerosi, ci impone di seguire con attenzione ogni aspetto.
Se davvero qualche basco amaranto è riuscito a nascondere per venti anni la verità e se davvero i fatti si sono svolti come li ha ricostruiti il procuratore militare, la prova che non si è trattato di una “routine” di violenza è proprio il fatto che il delitto è stato nascosto per così tanto tempo ed è stato consumato all’interno di una piccola gang che è riuscita a nascondersi per così tanto tempo.
Le decine di migliaia di Paracadutisti in congedo , e – siamo certi – anche della Folgore in servizio, sono , siamo, parte lesa, in questa dolorosa vicenda.

Il Tirreno ed. sezione: PISA-PONTEDERA data: 16/7/2020 – pag: 16
Quella telefonata a casa di Panella un’ora dopo la scoperta del cadavere

Per la Procura l’autore della chiamata è il maggiore Romondia: «Voleva concordare una versione per sviare le indagini»
L’ex militare in pensione nega l’accusa: «Non sono stato io, di sicuro qualcun altro che è entrato nel mio ufficio»

il retroscena- Un’ora dopo la scoperta da parte di quattro militari del corpo di Emanuele Scieri ai piedi della torre di asciugatura dei paracadute, da un ufficio della caserma Gamerra parte una chiamata. Sono le 15,04 del 16 agosto 1999.A ricevere la telefonata è un’utenza fissa intestata al padre di Alessandro Panella a Cerveteri. L’ex caporale è in licenza. Lui dice dalla tarda mattinata di venerdì 13.
Per gli investigatori dalle prime ore della mattina di sabato 14. A prescindere da chi abbia effettuato la chiamata resta agli atti un gesto che lega la fine di Scieri a uno dei tre imputati per la sua morte. E per la Procura quel contatto così rapido e immediato con uno dei sospettati dell’omicidio significa che qualcuno sapeva di un legame con il decesso e voleva concordare una versione capace di schermare la verità dei fatti.

Per quasi vent’anni ci sono riusciti.
La telefonata a Panella
Secondo l’accusa l’autore della telefonata a casa Panella è il maggiore Salvatore Romondia, 73 anni, originario di Genova, residente a Pisa dopo essere andato in pensione. Una telefonata che dura 199 secondi. Un tempo sufficiente per sostenere una conversazione. Romondia, al pari dell’ex comandante della Folgore, generale Enrico Celentano, è accusato di favoreggiamento. La Procura ha chiesto il processo anche per lui oltre che per Celentano e Alessandro Panella, Andrea Antico e Luigi Zabara, gli ultimi tre accusati di omicidio volontario in concorso aggravato da motivi futili e abietti.

«Eluse le investigazioni»
Romondia deve difendersi dall’accusa di aver coperto i tre caporali «per avere, quale aiutante maggiore del comandante del reparto corsi del Capar, aiutato Antico Andrea, Panella Alessandro e Zabara Luigi ad eludere le investigazioni in relazione alla morte di Emanuele Scieri, avendo provveduto a telefonare a Panella Alessandro, militare alle sue dirette dipendenze in quanto addetto alla segreteria della maggiorità, per assumere con costui le opportune concertazioni, a circa un’ora dal rinvenimento del corpo della Scieri». Romondia è l’ufficiale che la mattina del 14 agosto chiama a casa di Scieri e anche sul suo cellulare, ma non ottiene risposte. A casa non c’è nessuno perché la famiglia è in ferie. Il telefonino è spento, non raggiungibile. Si trova nel marsupio accanto al corpo dell’allievo parà nell’area del casermaggio.
«Mai fatto telefonate»
Convocato in Procura, al maggiore Romondia è stata fatta presente la traccia lasciata dai flussi del centralino della Gamerra dalla caserma a casa Panella. Annotazioni consegnate dal Capar ai magistrati. Scrivono gli investigatori: «Sul punto il Romondia dichiarava “prendo atto che alle 15.04.33 del 16 agosto 1999 il centralino della Smipar ha messo in contatto un ufficio della caserma con l’abitazione di Panella e che la telefonata ha avuto durata di centonovantanove secondi. La circostanza non mi dice nulla perché come ripeto io non conosco Panella e quindi non avevo nessun motivo di chiamarlo. Della telefonata saprà darle risposta e giustificazione colui che l’ha fatta”.
A seguito di tali affermazioni, l’autorità giudiziaria poneva in visione l’originale del registro delle telefonate del centralino della caserma “Gamerra” dal quale risultava che la telefonata indirizzata alla famiglia Panella riportava, come richiedente, il capitano Romondia e risultava partita dall’interno 209 ed il teste rispondeva “disconosco questa telefonata che non ho fatto e che sicuramente sarà stata fatta da qualcun altro. In quanto l’interno 209 è un numero che altri possono utilizzare. Non so chi possa aver utilizzato il mio telefono di ufficio in quel preciso istante fatto sta che sicuramente non l’ho fatta io».

Romondia dice di non conoscere Panella, ma il teste Alessandro Bellettini, istruttore di paracadutismo alla caserma Gamerra, sentito dagli inquirenti fa mettere a verbale: «Mi ricordo, tra i nomi richiesti, solo il militare Panella poiché lavorava all’ufficio maggiorità del battaglione e lo ricordo come un po’ esuberante ma comunque un ragazzo perbene». Panella lavorava con Romondia, ma l’ufficiale dice non conoscerlo. E dal suo ufficio parte una chiamata a casa del caporale in licenza.Telefonata non giustificabile
«Tale conversazione – scrivono gli investigatori della polizia – stante l’assenza documentata del Panella risultante dal foglio di servizio, al momento non appare assolutamente giustificabile, trattandosi dell’unica conversazione registrata nella giornata e diretta a militari di truppa».
Il ruolo di Romondia, così come rappresentato dall’ufficiale, è stato quello di aver cercato Scieri e i sui familiari il 14 e il 15 agosto.
«Dichiarava che non aveva avuto occasione di vedere il corpo quando è stato ritrovato il 16, che su quanto riferito da altri testi non aveva alcuna osservazione da anteporre, in quanto non si trattava di aspetti che rientravano sulle sue competenze dirette, in quel frangente, anche perché non era presente quella notte – si legge negli atti -.
“Io d’altra parte non ero presente nella caserma quella notte”.
Conveniva sui sospetti circa la circostanza che la caduta potesse essere stata provocata da terze persone, non era a conoscenza delle condanne ad alcuni caporali per l’episodio della Sfinge, né tanto meno che due di questi, sebbene in licenza quella sera risultavano in caserma ed infine, ad esplicita richiesta se per caso avesse avuto qualche informazione sugli autori, lo stesso testualmente riferiva di “non aver avuto nessuna informazione di questo tipo né in modo diretto, né in modo indiretto”».
All’oscuro di tanta parte della storia, ma sui registri risulta che dal suo ufficio un’ora dopo aver scoperto il cadavere di Scieri qualcuno abbia telefonato a casa di Panella. Uno dei tre imputati per l’omicidio del 26enne siracusano.
–pietro barghigiani

Leggi anche