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Pubblicato il 01/07/2022

CHECK POINT PASTA: PARLA LA MOVM GIANFRANCO PAGLIA


PARMA- Il 2 Luglio 1993 è cambiata la vita di molti soldati italiani e dei loro congiunti ( la storia di quel giorno) .
A Mogadiscio un attacco di fazioni armate somale provocava 3 morti e oltre 30 feriti tra i soldati italiani della missione IBIS SOMALIA.
Alla fine, l’intervento italiano in quella parte di Africa costò complessivamente la vita ad 11 soldati ed un sottetenente CRI.
9 erano paracadutisti. Fu una ferita dolorosa. Ce ne parla la MOVM Gianfranco Paglia, protagonista di quell’assalto, durante il quale anche la sua vita è cambiata :


Il ricordo dei Caduti è stato riunito in una sola giornata del ricordo, anche se in molte città i paracadutisti celebreranno la ricorrenza con una cerimonia. Lei cosa farà il 2 Luglio ?

Questo 2 Luglio sarò a Siena e presenzierò alla Santa Messa nella Chiesa di Santa Petronilla insieme ai miei fratelli della 15ma Compagnia, con i quali ricorderemo chi non è stato fortunato come noi. Alla funzione parteciperanno tanti Reduci di Somalia ma anche tanti paracadutisti in servizio del 186mo Reggimento; mi riempie di gioia vedere il rispetto e l’orgoglio che hanno per la storia del loro Reparto.

Una sua frase ricorrente è che il ricordo e l’omaggio ai Caduti sono due doveri importanti
Si , ognuno di noi , in servizio e in congedo, deve tenere vivo il ricordo di chi ha sacrificato la sua vita per la nostra Nazione. Tra i Caduti di Somalia c’era Pasquale Baccaro, che apparteneva alla mia stessa compagnia. Ricordo con dolore anche il Tenente Millevoi, che tornò insieme a me al Pasta e l’incursore Stefano Paolicchi: entrambi persero perse la vita quel giorno in seguito agli attacchi subìti.


Perchè Lei si è esposto così tanto quel giorno?
Il senso del dovere. Tutto qui, abbiamo fatto tutti il nostro dovere. Ricordo, tra i tanti, il capitano Riccò, che comandava la 15ma Compagnia Diavoli e che estrasse dal mezzo e portò Baccaro in spalla, il sergente maggiore Bozzini , che era nel mezzo colpito e si occupò dei feriti, il tenente Carbonetti , il maresciallo Troja ed il sottotenente Bonetti, che si occuparono del fuoco di copertura e tutti gli altri splendidi paracadutisti volontari che hanno dato una prova di prontezza ed equilibrio di cui dobbiamo essere fieri, come lo sono io , mentre li ricordo.
Ero in Somalia da circa 50 giorni. Accaduti gli scontri ricevetti l’ordine di andare sul posto a sganciare i plotoni sotto il fuoco e soccorrere i feriti.
Feci un primo viaggio per esfiltrare i feriti , trasportandoli al check point ferro, poi ritornai immediatamente e con me c’era anche il Tenente Millevoi. Come capo convogio, ero in torretta. Subimmo un assalto con armi leggere ed rpg. Il resto lo sapete. Quando mi ordinarono di partire per la Somalia, io della 15ma compagnia del 186mo Reggimento venni aggregato al 183mo Nembo. Il clima era di paracadutisti motivati e tutti contenti e onorati di essere lì a svolgere un compito così delicato, me compreso.


I militari di solito analizzano gli eventi per trarne la “lezione imparata”.
Qual’è – se ce n’è stata una- quella della Somalia?

La Somalia è diventata nel tempo una centrale terroristica a cielo aperto e ciò è accaduto perché, secondo il mio parere, le missioni non nascono con una data di scadenza e non si devono interrompere neanche quando si registrano vittime. Anche Missioni apparentemente a bassa intensità , si possono trasformare in poche ore in un teatro operativo pericoloso. Sono appena rientrato dal Libano, dove ho incontrato il contingente che opera un uno spicchio di Medio Oriente in ebollizione. Ho ammirato la loro calma, la determinazione e la perfetta coscienza della situazione. Non a caso i nostri contingenti sono apprezzati sia dalla popolazione che dagli alleati per l’ approccio carico di umanità, anche se con fermezza.
Grazie all’Esercito , che mi ha consentito di riacquistare molte delle capacità fisiche, come sapete sono stato riammesso in servizio e ho continuato ad andare in Missione e posso confermare che i Soldati italiani sono eccellenti. A questo aggiungiamo che le Forze Armate italiane e la Nato hanno tratto spunti di miglioramento da ogni errore passato, Somalia compresa, e di conseguenza c’è stato un innalzamento della qualità degli uomini e dei risultati.

Lei è un ufficiale in servizio nel ruolo d’onore; è consigliere del Ministro della Difesa e capitano della squadra paralimpica della Difesa. Gira per le scuole superiori italiane come testimone dell’Esercito. Quali messaggi porta ai giovani?

Mi spiace di sembrare ripetitivo, ma in ogni occasione ripeto che ciò che ci distingue è la parola d’onore, il tener fede al giuramento dato, ad ogni costo. Devono sapere che chi indossa una uniforme fa una scelta che dura tutta la vita, mettendola a disposizione del Paese , se necessario.
Le stellette devono essere un motivo di orgoglio, non semplicemente una professione.


Cosa dovrei chiederLe che non ho chiesto?
Non ho domande particolari che gradisco più delle altre. L’importante è che il 2 Luglio si ricordino i tre Soldati che sono caduti quel giorno insieme agli altri. Sono 12 i militari che hanno perso la vita durante tutta la Missione. Per ognuno di loro ci deve essere un pensiero riconoscente. Da questo punto di vista sono soddisfatto nel notare che, anche dopo 29 anni, ci sia interesse e rispetto per quei Soldati e che il loro ricordo sia molto vivo, non solo nei reparti dove prestano servizio giovani professionisti che acquistano consapevolezza dell’importate ruolo del Soldato, ma anche nella società civile. A noi il compito di non spegnere mai i riflettori su quei Ragazzi caduti.



Colgo l’occasione per salutare i lettori di CongedatiFolgore.com che seguono in tanti le nostre attività, comprese quelle sportive della nazionale paralimpica della Difesa, di cui sono capitano. Si tratta di un modo per continuare a servire il Paese anche se con invalidità, con tenacia e orgogliosi di poter indossare ancora le stellette.

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