OPINIONI

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Pubblicato il 16/07/2018

CON TUTTO IL RISPETTO PER IL QUIRINALE

di Corrado Corradi

Visto che la magistratura, per bocca di uno dei suoi massimi rappresentanti, circa la vicenda Voss Thalassa, segnala invasioni di campo da parte del nostro ministro dell’interno che «non puo’ far arrestare nessuno» … (ma toh ??) con tutto il dovuto rispetto per il Quirinale mi chiedo: ma perché se l’esecutivo applica la politica dei porti chiusi il Presidente della Repubblica telefona per far sbarcare una folla di facinorosi? Non é una invasione di campo questa?
Certo che la é! Ed é pure pericolosa perché crea una situazione di incertezza che spinge gli scafisti a forzare la mano e comunque inficia quella tanto invocata «unità d’intenti nell’interesse supremo della nazione» quando a menare il torrone era un esecutivo di sinistra.


Se la politica di un legittimo governo é quella dei porti chiusi, a meno di un evidente sfondone costituzionale suscettibile di far cadere quel governo, tale politica deve essere sposata da tutte le istituzioni, altrimenti viene trasmesso un messaggio ambiguo fatto di ordini e contr’ordini che induce gli scafisti ad incrementare la pressione fino a che non si verifichi una strage da addossare all’Italia cattiva perché il popolo sovrano nelle recenti elezioni ha scelto il populismo.
Infatti, il trend dei morti in mare sembra essere in aumento dopo l’annuncio della politica dei porti chiusi malgrado la presenza di numerose navi a ridosso della costa libica e questo perché gli scafisti, sapendo di poter contare sulla grancassa dei media che amplifica i piagnistei dei rossi magliettari (ma anche le sporche lagnanze di quelle ong che lucrano sui clandestini* nonché le lagnanze oneste ma fuori luogo di chi ha fatto dell’umanitarismo un’ideologia) stanno forzando la mano: gommoni semi sgonfi e senza motore sono stati trascinati poche miglia al largo, in acque territoriali libiche (in cui l’accesso a navi non libiche é vietato) al solo scopo di creare le premesse perché avvenga una strage suscettibile di far revocare la chiusura dei porti (secondo alcuni organi di comunicazione, si tratta di «Una pratica non certo nuova, attuata dai trafficanti ogni volta che in Italia viene ventilata una linea dura sull’immigrazione illegale»).
Gli scafisti non mancheranno di sfruttare l’aspetto umanitario e sui barconi ci metteranno un maggior numero di donne e bambini in condizioni pietose da dare in pasto agli organi stampa (e noi saremo complici anche di questo obbrobrio).


Contemporaneamente pero’ stanno ricicciando fuori i barconi in legno invece dei gommoni semisgonfi, evidentemente perché, ora che non c’é più la folla di navi delle ong a ridosso delle acque territoriali libiche ad aspettare il carico di clandestini per trasferirli direttamente in Italia, i mercanti di carne umana, al fine di non «spegnere» il fruttuoso mercato devono comunque dimostrare alla folla migrante che giunge dall’Africa, di possedere una flotta in grado di trasbordarla oltre le acque territoriali fino a raggiungere lampedusa o almeno le navi che incrociano fuori dalle acque territoriali, proprio come accadeva fino a prima dell’arrivo massiccio delle navi delle Ong a infestare le acque libiche.
Ogni cedimento sulla politica dei porti chiusi non farà altro che provocare altre morti in mare.
E’ evidente che l’attività delle navi delle ong é inquinata in parte dal tornaconto affaristico e in parte da un umanitarismo ideologico che é diventato un affrontamento tra buoni (i sinistri magliettari) e cattivi (il governo populista) … proprio quel che non ci vuole per affrontare un fenomeno destinato ad esplodere.
La soluzione é che:
• ovviamente siano attuati i soccorsi in mare; entro le acque territoriali libiche dalla Guardia Costiera libica; oltre quelle acque, da navi di ong o militari o da chi incrocia in quello specchio di mare;
• ma altrettanto ovviamente, il carico di clandestini intercettato deve essere riportato dove questi si sono imbarcati, cioé in Libia, e consegnati a quei centri per la raccolta dei clandestini gestiti dalle autorità libiche e controllati da personale delle organizzazioni internazionali.

Anche perché sarebbe ora di dire la verità, quella che i rossi magliettari si rifiutano di vedere (o nascondono): tra i clandestini sono molto, ma molto più numerosi i criminali di chi, forse, potrebbe anche avere qualche giustificativo per essere considerato profugo… da un giornale leggo che solo qualche giorno fa «i carabinieri hanno arrestato per droga sei nigeriani, richiedenti asilo, ospitati in un centro di accoglienza a Sovigliana di Vinci (Firenze), struttura gestita dalla Misericordia».


Come annunciato nel precedente articolo «je suis les murs» (sono i muri) e «je ne suis pas les ponts» (non sono i ponti).

* sorry, ma io li chiamo cosi’, per quel che sono: clandestini; proprio come il negro che io chiamo per quel che é: negro, oppure nero, rifiutandomi di usare la dicitura «di colore».

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