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Pubblicato il 14/11/2017

CORRIERE DELLE ALPI: BELLUNO E DUBAI I POSTI PIU’ BELLI PER LANCIARSI – INTERVISTA A CORRADO MARCHET

CORRIERE DELLE ALPI
14 NOVEMBRE 2017
Corrado Marchet: Belluno e Dubai i posti più belli per lanciarsi
Il feltrino è uno dei punti di riferimento della specialità a livello internazionale. «La passione è nata durante il servizio militare. Il primo volo a Pisa nel 1977» di Ilario Tancon

FELTRE. Pensi al paracadutismo in provincia di Belluno e ti viene in mente Corrado Marchet. Atleta e organizzatore, Marchet ha ripetutamente vestito la tuta della nazionale e legato il suo nome al Trofeo Città di Belluno, evento dedicato all’atterraggio di precisione.

Feltrino, classe 1957, al suo attivo ci sono oltre 8 mila lanci e proprio quest’anno festeggia i quarant’anni di attività.

«Tutto è cominciato durante il servizio militare, nel 1977», racconta Marchet. «Ero di leva a Belluno e ci fecero vedere un filmato sugli alpini paracadutisti. Stavano raccogliendo adesioni per questo reparto e io, affascinato da quelle immagini, diedi la mia adesione. Il mese successivo ero a Pisa per il corso parà e nella città toscana feci il mio primo lancio. Era l’ottobre del 1977. Poi fui trasferito a Bolzano, dove aveva sede il Quarto Reggimento, il Monte Cervino. Durante il servizio militare, che per me fu una splendida avventura, feci complessivamente quindici lanci ad apertura automatica. I più belli sono stati quelli effettuati in mezzo alle Dolomiti innevate all’Alpe di Siusi».

Quella passione nata sotto naja fu solo l’inizio.

«Le forti emozioni vissute durate il servizio militare mi rimasero dentro. Una volta congedato, venni a sapere che a Belluno c’era un centro di paracadutismo. Decisi di contattare i responsabili per avere qualche notizia, senza sapere che ciò avrebbe dato una svolta alla mia vita di sportivo. All’aeroporto di Belluno conobbi l’istruttore Alberto Zanussi, persona che non solo mi ha insegnato le basi di questo sport ma me lo ha fatto rispettare e amare. Poi, siccome in famiglia abbiamo impresso nel dna l’agonismo, ho iniziato a gareggiare e girare il mondo per imparare e approfondire la tecnica. In particolare da quelli che allora erano i maestri, vale a dire i francesi».

Quante gare ha fatto?

«Tantissime. Ho gareggiato un po’ in tutta Europa ma anche negli Stati Uniti e negli Emirati Arabi. A Dubai, nel 2012, ho partecipato al Campionato del mondo di tutte le specialità del paracadutismo: eravamo in 1300 atleti, uno spettacolo vero. Nel mio curriculum ci sono nove partecipazioni a campionati del mondo».

Quali i maggiori successi?

«Tra le tante competizioni internazionali vinte, mi piace sottolineare con particolare rilievo la prova di Coppa del Mondo di Belluno nel 2011: vincere davanti al pubblico di casa è stata un’emozione grandissima. Ma tra i risultati che ritengo importanti ci sono anche un bellissimo secondo posto alla Coppa del Mondo di Dubai nel 2011, ex equo con la nazionale cinese, un terzo posto a squadre a Livigno nel 1999 e un primo posto individuale Master a Predazzo nel 2007, nella specialità del paraski. Al di là dei successi o dei piazzamenti, posso comunque dire che la gioia più grande di atleta è stata quella di vestire la tuta azzurra: rappresentare la propria nazione è qualcosa di indescrivibile. Sono stato e sono un atleta fortunato che è riuscito a fare belle cose pur non essendo un professionista. Quello che ho ottenuto l’ho conquistato grazie alle mie rinunce e grazie al supporto di mia moglie e mia figlia che mi sono sempre state vicine: senza di loro non avrei potuto raggiungere i livelli di chi si lancia per professione».

Qual è stata la delusione maggiore come atleta?

«Il campionato del mondo di Dubai 2012: fino all’ultimo lancio eravamo primi assoluti, concentratissimi. Poi, improvvisamente, il meteo cambia e sbagliamo quello che sembrava impossibile sbagliare. Un titolo iridato alla portata è sfumato proprio nel finale».

C’è un paracadutista con il quale si sente maggiormente in sintonia?

«Il coach della nazionale, Paolo Bevilacqua». Ha mai avuto paura? «Ogni tanto all’inizio mi capitava di chiedermi chi me lo faceva fare ma poi il piacere era talmente elevato che non vedevo l’ora di rimettere i piedi in aereo. Paura mai, tensione da lancio sì».

Quanti tipi di specialità ci sono nel paracadutismo?

«Innanzitutto occorre scindere tra specialità a paracadute aperto e quelle a paracadute chiuso o in caduta libera. Per quelle a paracadute aperto spiccano la precisione in atterraggio, canopy formation e canopy piloting. Tra quelle in caduta libera ci sono il lavoro relativo, free style e lo stile».

Qual è il posto più bello dove lanciarsi?

«Belluno è sicuramente al primo posto. Poi Dubai».

Quali devono essere le doti di un paracadutista?

«Coraggio, razionalità e massimo rispetto delle regole. Per chi fa gare, naturalmente, un surplus di concentrazione».

Che consigli darebbe a un ragazzo o a una persona che volesse avvicinarsi al paracadutismo?

«Lanciarsi con il paracadute è un’esperienza da provare. Ti fa crescere tantissimo e ti lascia un qualcosa che nessun altro sport può dare».

Dove si può imparare a lanciarsi?

«La scuola che gestiamo come Associazione paracadutismo Belluno è attrezzata: si può cominciare con il tandem, accompagnati cioè da un istruttore (costo 180 euro a lancio, non occorrono visite mediche ndr), e poi si può proseguire con i corsi. Un corso base prevede 4-5 lezione teoriche, seguite dai lanci ad apertura automatica che avvengono da circa 1200 metri di altezza dal suolo. Con poco più di un mese di lezioni insomma, si può cominciare a lanciarsi con il paracadute».

Progetti ed obiettivi per il futuro?

«Non ho programmi precisi nel mondo del paracadutismo. Quello che mi piacerebbe fare con maggiore intensità è trasmettere ad altri ciò che ho imparato girando il mondo».

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