CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 12/02/2018

I “FOLGORE” VANNO CENTELLINATI NEL RISPETTO DI CHI LI HA URLATI SULLA LINEA DEL FUOCO di Corrado Corradi

Due parole sulla “vis” guerriera che alberga in ogni bambino e che la moderna psicologia tenta di cancellare, e altrettante sul nostro grido di guerra FOLGORE!
Io non ho avuto nessun imprinting militaresco e ritengo che questa vocazione (chiamiamola cosi’) che mi ha portato prima alla S.Mi.PAR e poi al Nono Col Moschin, sia coeva alla mia passione per il gentil sesso, che sentivo intensamente già bambinetto quando, senza capire esattamente cos’era, m’ingrifavo alla vista di donne in sottoveste; solo che, istintivamente questa pulsione evitavo di palesarla mentre quella verso rivoltelle, machine-pistol e sciabole la manifestavo ogni volta che si andava alla UPIM, COIN o STANDA e mi soffermavo nel reparto giocattoli (in barba a Freud e ai suoi epigoni, ritengo che si trattasse della naturale, inconscia consapevolezza del bambino che intuisce istintivamente la differenza tra il gioco e la concupiscenza)
Visto che da grande volevo fare il cow-boy, i miei genitori hanno assecondato le mie aspirazioni e alla prima occasione mi hanno subito dotato di fucile Winchestern, rivoltella e cinturone; sono poi seguite altre rivoltelle (la Susy e la Susanna) nonché ammennicoli vari, come la stella da sceriffo, il cappello, gli stivaletti da cow-boy con gli speroni.

Riguardo alle armi giocattolo, con l’incedere di uno sciocco (nell’accesso toscano del termine) pacifismo si è andata affermando una convinzione: sono nocive perché istigano il bambino alla violenza …ebbene: vorrei sapere qual’é stato il guadagno in termini di igiene metale del bambino l’aver messo al bando gli amori della mia infanzia (le pistole «Susy» e «Susanna» e i fucili «Winchestern» e «Bengala») per sostituirli con dei videogiochi con i quali, stando comodamente seduto sul divano, senza nemmeno rischiare di sbucciarsi le ginocchia negli inseguimenti tra indiani e cow-boy, il pargolo combatte una insana, violenta e ingannevole battaglia contro nemici virtuali, spesso mostruosi, che non sconfigge, ma massacra con armi che manco imbraccia?? …nessuno sforzo fisico, niente sudore che inumidisce gli abiti e rende rosse le guance e nessun ginocchio sbucciato, cioè il minimo sindacale richiesto per avere una percezione fisica della realtà che ti circonda e capire che la caccia all’indiano é un minimo faticosa.

Il gioco con le armi giocattolo e la visione dei film western e di guerra, mediati dall’educazione impartitami dai miei genitori, hanno ficcato nella zucca di quel bambino che ero la differenza tra la forza (quella operata dalle giubbe blu e dallo sceriffo) e la violenza (quella operata dagli apaches e dai fuorilegge), una lezione che ha condizionato la mia vita militare, ossia: il soldato, se é un soldato, è forte, non è feroce.

Nel film «il gladiatore» (che val la pena di andarlo a vedere solo per i primi dieci minuti, per il resto é solo un polpettone) é ben esplicitata la differenza tra la violenza (quella barbarica) e la forza (quella romana): di fronte all’informe massa barbarica urlante é schierata in perfetto ordine di battaglia la Legione Romana in seno alla quale non emerge concitazione, vi echeggiano ordini stentorei e precisi e prima di dare il segnale d’inizio della battaglia il comandante e il suo vice, imitati dagli altri ufficiali, si stringono romanamente la mano e vicendevolmente si dicono «forza e onore», una parola d’ordine, quasi sussurrata al commilitone assieme al quale ci si appresta a combattere, destinata a sovrastare non solo le urla della schiera barbarica, ma anche quei demenziali “gridi di guerra” mutuati dai moderni film tipo «Rambo» e che echeggiano tra alcuni reparti delle varie FF.AA., quando urlano a squarciagola «sterminio, distruzione, massacro» etc, e che non suscitano virile coraggio ma creano solo una momentanea sensazione di coesione destinata a sfaldarsi al primo impatto col nemico perché chi urla troppo e sovente, spesso è un soldato che se la fa sotto.
E in quest’ottica, in onore ai nostri paracadutisti caduti sul campo dell’onore a El Alamein o sparando le ultime, disperate e rabbiose raffiche in quel di Nettuno contro un nemico soverchiante che avanzava dal sud Italia che il grido “FOLGORE!” va centellinato e non sprecato come se fosse un bicchiere di birra.

Nota della redazione: sotto i lettori possono vedere una rara immagine di 24 Leoni della Folgore in viaggio verso Roma e da lì per El Alamein. Foto Walter Amatobene- 2002-.Durante il loro pellegrinaggio ad El Alamein hanno urlato Folgore solo due volte, in due momenti diversi.
leoni.pulman

Leggi anche