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Pubblicato il 18/01/2017

IL CASO CUCCHI DIVENTA UN PROCESSO ALL’ ARMA- PARLA IL MARESCIALLO MANDOLINI

CUCCHI – SPACCIATORE ABITUALE- FU FERMATO PER POSSESSO DI DROGA. RIFIUTO’ DI FARSI FOTOSEGNALARE . SI PRESENTO’ AL PROCESSO IN NORMALI CONDIZIONI – LO DICE IL PADRE-.
LA MAGISTRATURA – DOPO UNA ASSOLUZIONE- RIAPRE L’INCHIESTA E INCRIMINA I CARABINIERI ED IL MARESCIALLO COMANDANTE DI STAZIONE. LA SORELLA DI CUCCHI: TEMIAMO LA SOLIDARIETA’ ALL’ARMA DEI CARABINIERI

Il maresciallo Roberto Mandolini è da ieri ufficialmente tra gli imputati per la morte di Stefano Cucchi. La procura gli ha notificato l’atto di fine indagine e ha scoperto che sta per finire sotto processo. Gli addebitano i reati di calunnia e falso in atto pubblico. Mandolini: «L’attacco all’Arma è sotto gli occhi di tutti, nonostante le innumerevoli perizie stabiliscano con assoluta certezza che non ci sono state lesioni di alcun tipo che abbiano potuto procurare la morte. Vengono cambiati i capi d’imputazione per non incorrere nella prescrizione e mandano a processo dei Carabinieri innocenti, dei padri di famiglia, dei Servitori dello Stato, solo per infangarli».

I FATTI
Mandolini era il comandante della stazione Appia dove Cucchi fu portato dopo l’arresto. Siccome mancavano le attrezzature per la fotosegnalazione con inserimento automatico nel database, nella notte l’arrestato fu portato alla stazione Casilino e poi riportato indietro. Secondo la pubblica accusa, fu durante l’avanti e indietro, dato che il giovane si era rifiutato di farsi fotosegnalare, che sarebbero scattate le botte. Pugni, schiaffi e calci. Mandolini è accusato di avere falsato i verbali per coprire l’operato dei suoi sottoposti – i tre carabinieri a cui è addebitato l’omicidio preterintenzionale – e di avere detto il falso in tribunale, facendo cadere le accuse del pestaggio sugli agenti della polizia penitenziaria che lo presero in consegna al mattino. (la calunnia).

La procura diretta da Giuseppe Pignatone ha riempito ventimila pagine. Mandolini ribadisce «Ai miei Uomini dico: Testa alta, petto in fuori e non demordete, non date soddisfazione al partito dell’Antipolizia, non abbattetevi, siate e fate i Carabinieri, la verità e la giustizia vinceranno sempre sul male».

«Il maresciallo – spiega il suo avvocato, Piero Frattarelli – ce l’ha con quel popolo che magari non ha letto una singola pagine degli atti, ma intanto dà giudizi definitivi, pretendendo una condanna a prescindere dal processo».

Ribadisce il maresciallo «migliaia di cittadini onesti, famiglie perbene, amici, i Colleghi di tutte le forze di polizia e le forze armate che sanno la vera verità sul caso Cucchi e hanno capito quello che sta accadendo».

Mandolini finirà sotto processo per aver detto che lui non s’è accorto di nulla. Se pestaggio c’è stato, il maresciallo sostiene che non è avvenuto alla sua stazione e che il giovane Cucchi non ne portava addosso segni così evidenti Cucchi il giorno dopo l’arresto era presente normalmente in un’aula del tribunale e nessuno si accorse di nulla, né l’avvocato, né il magistrato, né il cancelliere. Nemmeno il padre, che gli parlò in una pausa del dibattimento e che poi ha detto in interviste che lo aveva trovato sereno. Così ora il maresciallo si sfoga: «Le stesse cose che ho detto io ai giudici le ha dette il padre del Cucchi… Ma nessuno gli ha creduto e nemmeno adesso gli credono! Eppure è la vera verità».


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