OPINIONI

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Pubblicato il 16/07/2018

IL DECLINO DELL’EROE – IL PACIFISMO INDOLENTE

da Il Foglio del 16 Luglio 2018
di Giulio Meotti
meotti@ilfoglio.it

Roma. Sei mutig! Sii coraggioso. Questo slogan è apparso giovedì in Germania. Non su un poster dell’AfD, ma sulla prima pagina della Zeit, il più rispettato e letto settimanale tedesco. Il pensiero corre, ovviamente, ai colloqui sulla Nato e alle accuse di Trump alla Germania. Il saggio di copertina è a firma di Maximilian Probst e parla della “società post eroica”, l’espressione coniata dallo studioso Herfried Münkler e che si basa su due fattori: “Il basso tasso di riproduzione demografica, che significa che c’è molto capitale emotivo riposto dai genitori su ogni singolo bambino e nessuno è pronto a rischiare, e che siamo una società religiosamente fredda. Soccombiamo all’autoillusione”. Probst tratteggia una utopia “fatta di posti di lavoro e hobby e interrotta solo dal minimo sforzo di andare al seggio elettorale”. E’ l’ideale della pace democratico-borghese, “la divisione del lavoro che porta al puro interesse personale e l’antica piaga della guerra finita nella tomba”.



Il trend demografio ha contribuito a questa utopia: “Le società ad alto tasso di invecchiamento e a bassa natalità sono pacifiche”, spiega Probst. “A nessuno verrebbe l’idea di mettere la vita al servizio di qualcosa di grande”. Un recente sondaggio ha rilevato che soltanto piccole minoranze nei paesi membri della Nato sono disposte a combattere per il proprio paese. In fondo alla classifica c’è la Germania. “Se non hai intenzione di combattere, non hai bisogno di armi” scrive su Asia Times di questa settimana l’intellettuale americano David Goldman, in arte “Spengler”. “Per questo le Forze armate tedesche sono in rovina. Se non ci saranno generazioni future, chi darà la vita per combattere per loro? L’Europa oggi è una specie di distopia lockiana, composta da individui preoccupati dai piaceri edonistici e che vogliono che il governo li protegga dal bisogno e dalle malattie, ma che non hanno alcun desiderio di difendersi”.


Se ne parla anche sulla rivista liberale Cicero in un saggio a firma di Christian Hacke: “Il trionfo dell’occidente sembra superato. La Russia è molto più preparata per un ulteriore confronto rispetto all’occidente autocompassionevole e post eroico. I tempi della compiacenza sono finiti. Troppo è andato storto in occidente”. Una società post-eroica è basata su quella “crisi di sovrapproduzione di auto-critica” di cui ha parlato Hans Magnus Enzensberger e di cui la Germania è campione. “Le operazioni dell’esercito in caso di calamità sono sempre immensamente popolari in Germania”, dice alla Faz Wilfried von Bredow, sociologo dell’Università di Marburg. “Le missioni in cui v’è il timore che i soldati tedeschi debbano uccidere o potrebbero restare uccisi non trovano alcun consenso”. Post heroische, appunto. Dello stesso avviso Bruno Kasdorf, capo di stato maggiore dell’esercito: “La nostra sicurezza sembra essere data da Dio e la maggior parte della gente non sa il motivo per cui abbiamo bisogno della Bundeswehr. Noi tedeschi abbiamo lasciato che gli americani si prendessero cura della nostra sicurezza”.


Per questo, avverte Probst sulla Zeit, “su questo acquerello edificante si sono diffuse delle macchie scure”. La destra in Germania si reimpossessa del linguaggio muscolare a uso e consumo politico interno. “E trova il suo più grande concorrente nel jihadismo e il suo parlare di guerra santa contro l’occidente consumista”. Ne scrive anche Michael Bröning con il suo libro Lob der nation, un elogio da sinistra della nazione. “Non si dovrebbe lasciare lo stato-nazione ai populisti di destra”. La sinistra ha la colpa, avverte Bröning, di aver gettato l’identità “nella pattumiera della storia”. Ora spetta al liberalismo flettere i muscoli. Perché, conclude Probst, “si deve riconoscere che la società post eroica non è sostenibile”. E che un gigante economico può rivelarsi un nano morale.

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