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Pubblicato il 11/02/2014

IL GIUDICE INDIANO UMILIA E SBERLEFFA L’ITALIA

VOLETE CHE LI DECORIAMO? IL GIUDICE UMILIA E SBERLEFFA L’ITALIA

Il procuratore generale indiano G.E. Vahanvati ha ieri ironicamente chiesto all’avvocato difensore dei marò, Mukul Rohatgi che respingeva l’applicazione della legge antiterrorismo (Sua Act) nel processo, se non voleva per caso che «magari i due militari fossero condecorati». Lo scrive oggi The Hindu.

Il quotidiano riferisce un breve scambio di battute durante l’udienza di ieri in Corte Suprema che dà la misura dei problemi esistenti fra i due Paesi. Prendendo la parola, Rohatgi stava spiegando al giudice B.S. Chauhan quanto fosse inappropriata l’applicazione del Sua Act, visto fra l’altro che esso non era stato incluso fra i quattro strumenti che la stessa Corte Suprema aveva indicato nella sua sentenza del 18 gennaio scorso. A questo punto, sostiene il giornale, Vahanvati avrebbe usato l’arma dell’ironia per osservare: «Hanno ucciso due persone. Ci stanno suggerendo che non dovrebbero essere processati, ma magari condecorati con il Padma Bhushan o il Padma Vibhushan», che sono rispettivamente la terza e la seconda più importante decorazione al merito civile indiano.

INCURANTI DELLE CONSEGUENZE INTERNAZIONALI
La sentenza sarà in base al diritto – Alla fine dell’udienza di ieri in Corte suprema, il presidente dell’aula n.4, B.S. Chauhan, ha avvertito che, vista l’impossibilità per Italia e India di trovare una soluzione amichevole nella vicenda dei marò, la Corte ascolterà le parti e poi prenderà una decisione strettamente giuridica che prescinderà da eventuali implicazioni politiche.

Il magistrato, sottolinea il quotidiano, ha avvertito che «se decideremo sul caso in base al merito, non ci preoccuperemo delle conseguenze nelle relazioni internazionali. Noi procederemo strettamente sulla base delle leggi». Il giornale osserva poi che dopo la presentazione da parte del procuratore generale G.E. Vahanvati della soluzione proposta per i capi d’accusa basata su una versione ‘light’ della legge per la repressione della pirateria (Sua Act) con una richiesta massima di 10 anni di carcere, il giudice lo ha interrogato sulla presenza anche della sezione 302 del Codice penale indiano. Chauhan ha infatti osservato che in base a questo articolo i due imputati potrebbero essere condannati a morte. Ma Vahanvati ha risposto che questo accade solo quando si è in presenza dei «casi più rari fra i rari», ma che quello dei due militari italiani non lo era.

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