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Pubblicato il 19/08/2014

IL TRENTINO NON METTERA’ DIVIETI AI BASE JUMPERS

«Base jumper: no ai divieti, servono regole chiare»

Articolo di Paolo Liserre

Si può pensare di mettere tutti i divieti di questo mondo ma alla fine loro arriveranno comunque. E ne arriveranno sempre di più. Allora invece che reprimere è forse meglio pensare di «governare» un fenomeno quasi di massa come il base-jumping che ha fatto del Brento e del Becco dell’Aquila uno dei «santuari» mondiali di questa specialità.

Regolamentare i lanci, attivare un posto di controllo gestito da personale specializzato che sappia valutare capacità e curriculum di chi vuole lanciarsi e fornire informazioni preziose anche dal punto di vista metereologico (nel caso della giovanissimi russa di alcuni giorni fa, ad esempio, le condizioni meteo erano pessime per avventurarsi in lanci di questo tipo).

È in buona sostanza questo il pensiero di Gianluca Tognoni, comandante del Soccorso Alpino di Riva del Garda, accorso anch’esso sabato sera alla base della Parete Zebrata poco dopo la tragedia così come nella stragrande maggioranza dei «lanci mortali» dal Becco dell’Aquila dal 2000 ad oggi. L’ultima vittima, quella di sabato, ha il volto e il nome di Abraham Cubo Lopez, spagnolo di Madrid: avrebbe compiuto 38 anni il prossimo 8 dicembre. L’impatto con le rocce nella parte sommitale delle Placche Zebrate gli è stato fatale, è morto praticamente sul colpo. «Aveva una tuta alare particolare, usata spesso per compiere acrobazie e passaggi radenti ma che aumenta l’indice di difficoltà – afferma Gianluca Tognoni – Credo si sia accorto subito di essere passato troppo basso, forse ha perso lucidità e quando ha aperto il paracadute era troppo a ridosso delle rocce». Questa la cronaca di ieri. Ora però bisogna guardare al futuro. «Sarebbe veramente ora di fare qualcosa – afferma senza esitazioni il comandante del Soccorso Alpino di Riva – E non dico di proibire i lanci ma di dare alcune regole precise. Del resto la nascita di questa disciplina è simile alla nascita dell’alpinismo: anche all’epoca si pensava che fossero solo quattro matti che volevano sfidare la montagna e la natura».
E allora che fare? «Attivare un tavolo di confronto con politici, tecnici del settore, responsabili del Soccorso Alpino e altri soggetti sarebbe un buon punto di partenza – sottolinea Tognoni – Qui parliamo di un fenomeno che ormai viaggia su numeri importanti, con 2-3000 lanci all’anno dalla sommità del Brento. Si possono e si dovrebbero individuare regole precise, proibire non serve a nulla. Un presidio al punto di lancio sarebbe ad esempio già una buona cosa. Tantissimi russi che si lanciano dalle nostre parti, ad esempio, hanno esperienza di paracadutismo ma nessuna di base-jumping. E non è affatto la stessa cosa».

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