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Pubblicato il 31/03/2019

IN RICORDO DI LAMBERTO SERENELLI di Ennio Druda

RICORDO DI LAMBERTO SERENELLI
Pisa , Sabato 30 Marzo 2019
Ci ha lasciato la scorsa notte il Maresciallo Aiutante Paracadutista della Folgore Lamberto Serenelli; non voglio salutarlo con “era tanto una brava persona”, “un gran lavoratore” etc., queste sono frasi di circostanza che si dicono quando muore il portiere dello stabile in cui abiti.

Lamberto era un Campione di altri tempi, un grande paracadutista agonista, uno dei pionieri di quel paracadutismo sportivo in caduta libera che si affacciava timidamente nel rispetto di quel paracadutismo eroico dei lanci vincolati militari che il secondo conflitto mondiale aveva lasciato in eredità.

Il mio ricordo di Lamberto però non si riferisce al paracadutista sportivo Lamberto Serenelli ed ai suoi successi sportivi a livello mondiale, cosa peraltro egregiamente già celebrata dall’amico e maestro Alfio Pellegrin bensì al paracadutista Uomo. Ho conosciuto Lamberto, dopo averlo solo “ammirato da lontano” come competeva ad un sergentino qual ero, quando ho frequentato il corso basico ad apertura comandata dove lui era Istruttore nel 1980.

In zona lancio, al sole, senza acqua, buttati nei campi senza nessuna ombra se non quella fugace del collega che ti passava accanto, nel calore umido di Altopascio, col sudore che ti imbiancava a sale la tuta da lancio, non si poteva barare, lì o “eri” o non c’eri! Lì ho visto il mito per quello che era; un Istruttore appassionato del proprio lavoro che fremeva per trasmettere il suo sapere ed il suo entusiasmo alle giovani leve.
Per Lui come per altri Istruttori della sua classe, sembrava che clima, disagi e fatica non esistessero; pensava solo agli uomini che gli erano stati affidati, alla loro sicurezza ed alla loro progressione tecnica; non l’ho mai sentito alzare la voce né arringare un allievo in modo offensivo ma piuttosto ad incoraggiare e comprendere.

Lamberto è stato anche tra i primi se non il primo, a portare il CRW (formazioni a paracadute aperto) in Italia; credo una delle sue ultime grandi passioni. Si recava all’estero nei centri che iniziavano a praticarlo poi tornava da noi alla SMIPAR nei giorni lavorativi e dal suo gruppo di fraterni amici a Tassignano nel week end (Cardini, Lanzillotti, il povero Narciso ed altri) per provare insieme quello che aveva visto e sentito; si impegnò per noi militari lavorando giorno e notte per adattare dei paracadute Strato Cloud fuori uso all’uopo (a quei tempi in Italia non c’era materiale dedicato ed al solito se ci fosse stato non c’erano i soldi per comprarlo);

tolse le drizze, gli anelli d’acciaio ed i pilotini a molla, montò pilotini hand deployed per l’apertura, i trim sulle bretelle e fece perfino dei fori nelle centine delle vele per consentire ai cassoni di rimanere gonfi perlomeno in parte; insomma ci diede modo di affrontare questa nuova esperienza spronandoci col suo sacrificio e col suo entusiasmo che nonostante un passato di vittorie e di gloria era rimasto quello del primo lancio.

Ho provato con Lui brividi forti, spesso al limite, rischiando molto anzi il massimo ma il fatto che c’era lui mi dava quei “cavalli” in più che mi facevano osare. Con Lui ho fatto i primi canopy fino a 14 elementi, il primo side by side ed il primo diamante a paracadute aperto nel 1983 che stava per costarci caro.


Arrivò a Camugliano (zona di lancio del CSE) un pomeriggio e ci disse: ragazzi, in Francia hanno fatto un diamante a vele aperte; oggi lo facciamo anche noi, vi dico io come si fa! Beh, lì per lì perlomeno io cercai di fare come il gatto che ha graffiato il divano quando rientra in casa la padrona ma evidentemente non fui bravo come il gatto e Lamberto scelse oltre a Paolo Bertolini ed Enrico Marin, il sottoscritto.
Briefing, quota di lancio 10.000 ft., apertura immediata, torre a 4 di cui primo e quarto in stack, secondo e terzo in plano, dopodiché i due in plano passavano in side by side scorrendo poi sul mio bordo d’attacco ed infilando infine i piedi nei miei cassoni laterali (ero il quarto); il primo, Enrico Marin, doveva mettere un piede nel cassone laterale di Bertolini ed un altro nel cassone laterale di Serenelli.
Beh, nemmeno il tempo di gioire del successo conseguito che le due vele centrali affiancate, con Marin che fungeva da perno centrale, conversero al centro scontrandosi frontalmente! Marin giustamente essendo in alto sfilò i piedi e si liberò, i due centrali Bertolini e Serenelli con i piedi incastrati nel mio fascio funicolare, mi trascinarono in un’autorotazione a tre a velocità altissima! In quei momenti pensi molto più velocemente ed io pensai: “Ss sgancio mi salvo ma condanno sicuramente loro, aspetto”

Quando intorno ai 300 m. (gli AA.DD.su quei complessi non c’erano) avevo deciso di sganciare, la forza centrifuga ed il Padreterno hanno magicamente liberato tutti e le vele si sono rigonfiate prima di toccare terra. Ecco, lì Lamberto mi disse una frase che dopo quasi 40 anni ancora mi inorgoglisce: bravo Druda (mi ha sempre chiamato per cognome)! Quando se pugna sai pugnà!
Oggi pomeriggio sono andato a salutarlo come tanti altri colleghi ed amici paracadutisti civili fra cui alcuni del mitico team CRW anni 80 di Lucca, un po’ di tristezza, qualche ricordo comune dei vecchi tempi e perfino qualche sorriso sicuri che a Lui non sia dispiaciuto… Ciao Lamberto, ciao Maestro!

Ennio Druda

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