EL ALAMEIN

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Pubblicato il 05/05/2010

IN RICORDO DI PADRE BASSO E LA STORIA DEL “BUON PARACADUTISMO” PIONIERISTICO

Ricordi scaturiti da una celebrazione

di Enzo Trentin

L’occasione mi viene data dalla giornata del 2 Maggio scorso, nel corso della quale si è celebrata l’inaugurazione di un piccolo monumento e l’intitolazione di una piazzetta proprio di fronte alla casa natia di Lumignano, paesino alle porte di Vicenza, ad un cappellano militare paracadutista. E questo particolare denota l’elevata sensibilità degli organizzatori dell’intera iniziativa, poiché lì vivono ancora tre fratelli di Padre Ubaldo Lino Basso. Il francescano MAVM presente ad El Alamein nelle fila della Divisione Folgore.

Più che combattere, fratel Lino si spese al fianco delle pattuglie di folgorini che operavano di notte nella terra di nessuno. I parà facevano il loro lavoro, don Lino (allora poco più che trentenne) andava alla ricerca di resti e di qualche effetto personale dei caduti da riconsegnare alle famiglie.

Domenica 2 Maggio 2010 ho partecipato ad un bellissimo evento, curato in ogni particolare dal vicentino Guido Barbierato (Consigliere nazionale per il Triveneto) a quale va non solo il mio presonale apprezzamento, e dove ha presenziato anche il Presidente nazionale Giovanni Fantini.

Commemorazione toccante.

L’oratore: Paolo Carlan non ha mancato di commuoversi, e di commuovere il folto pubblico, nel ricordare la figura del francescano.
Per scelta personale mi sono allontanato da ogni associazione, e da ogni attività sportiva oramai da quindici anni, ma avendo conosciuto personalmente padre Lino Basso ho creduto giusto non mancare. Eppoi io quel frate l’ho sempre invidiato per la serenità che emanava da ogni suo sguardo e comportamento.
La cerimonia è stata anche l’occasione per un fraterno abbraccio a tanti vecchi amici e compagni di goliardate aeree.

Per la maggior parte ci siamo riconosciuti dagli sguardi e dai sorrisi piuttosto che dalla fisionomia. I corpi, in genere, sono diventati più… “importanti”. È stato come veder scorrere una serie di seguenze di un film immaginario, nello svolgersi del quale non di rado appare la figura di fratel Lino.

È degli anni ’60, qualche anno dopo il servizio militare, il nostro peregrinare in aeroporti. A Borgo Panigale di Bologna, dove allora operavano ben due Aermacchi-Lockheed AL-60. Lì riuscivano a volare tutti: volo a motore, volo a vela, paracadustisti, aeromodellisti. Solo qualche pausa in corrispondenza dell’atterraggio o involo dei vettori civili dell’«Itavia», per poi ricominciare daccapo.

Negli stessi anni altra attività veniva svolta a Mantova, dove gli allora responsabili della sezione ANPdI s’erano impegnati nell’acquisto di un Dornier Do.27, e dove ogni mese era appuntata in bacheca la fotocopia della cambiale regolarnmente pagata, con un scritta (in idioma mantovano) fatta di pugno dell’allora Presidente, nella quale orgogliosamente si dichiarava: «Così si fa ad acquistare gli areoplani.»

Di Mantova, poi, come non ricordare la «Coppa delle nebbie» che si disputava a cavallo tra la fine di Novembre ed inizio Dicembre sancendo la chiusura invernale dell’attività.

Mai intitolazione fu più azzeccata, poiché le condizioni atmosferiche non consentivano quasi mai un volo livellato, pena il perdere di vista la ZL.

Dopo la prima edizione, dove tutti, ovviamente, cercavamo di conquistare coppe e medaglie, i più scanzonati di noi competevano per i secondi o terzi posti, poiché i premi per quei piazzamenti consistevano i prosciutti e salami offerti da un valente produttore locale.

Allora di aeroplani per l’attività paracadutistaca ce n’erano pochi. A volte di doveva telefonare il Venerdì sera alla sezione ANPdI di Bolzano per dare i nominativi di coloro che puntualmente alle ore 08,00 della Domenica successiva dovevano presentarsi alla porta dell’aeroporto alto-atesino, dove immancabilmente un “vampiro” dell’AM, lista alla mano, controllava chi poteva accedere all’impianto e chi no.

Bolzano allora era operativa con uno -e più spesso due- Cessna 172.

In quel centro aleggiava una disciplina dovuta all’autorevolezza, non all’autorità, dei vari Landi, Trettel, Panzanini. Persone che nei successivi anni ’90 verranno messe alla berlina da certa stampa come “gladiatori” appartenenti all’organizzazione stay-behind (letteralmente “stare dietro, in retroscena”). Ovviamente, a quel tempo, nessuno di noi conosceva questa loro seconda identità.

È sempre di quegli anni l’attività saltuaria di Verona. De Monti e Bauchal ottenevano in prestito un Cessna 172 da Bolzano, ed ecco una febbrile attività per recuperare i materiali dati in comodato d’uso dalla SMIPAR, e conservati presso l’aeroclub di Boscomantico.

Caricati sulle auto i paracadute ci si spostava all’aeroporto di Villafranca, dove complice la benevola accoglienza della 3^ Aerobrigata dell’AM, si poteva operare in quell’angolo dell’impianto dove oggi sorge la struttura civile del “Valerio Catullo”.

Saltuarie puntate si potevano fare all’aeroporto del Lido di Venezia, come al “Sant’Angelo” di Treviso, sempre benevolmente ospitati, o comunque tollerati, dall’AM.

Un’attività lancistica, come si può comprendere, non “regolare” né stanziale come ai giorni nostri, dove i centri sono numerosi e l’attività incessante. Non di rado si percorrevano centinaia di Km. per poi scoprire che qualche inghippo burocratico, o qualche malfunzionamento dell’ultima ora lasciava tutti a terra.

Un’attività intervallata da lanci in sagre paesane dove a volte si poteva acciappare qualche “attenzione” femminile.

Le ZL di tali feste erano invariabilmente irte di ostacoli che necessitavano di molta concentrazione per evitare incidenti che seppure non gravi avrebbero comunque rovinato la festa. Ma la nostra frenesia di superare noi stessi ed i nostri personali limiti era tale che ci saremmo lanciati anche nel cratere dello Stromboli pur di volare.

Come non rticordare i lanci in acqua a Bardolino sul lago di Garda, dove l’allora Presidente ANPdI di Bolzano: Landi, era l’unico in Italia ad utilizzare il paracadute LISI, e non di rado s’infilava direttamente in acqua a causa dell’aggrovigliarsi di fune e carrucole?

O ancora perché dimenticare la bianca chioma di fratel Lino improvvisamente affacciatasi alla porta dell’unico Fairchild C-119 (il mio), dei cinque a disposizione, che non riuscì a decollare in occasione del raduno nazionale ANPdI di Rivolto (UD) del 1968. Solo la vista del suo saio tacitò i moccoli di delusione.

Nei successivi anni ’70 che cose si stabilizzarono.

Con il “metodo mantovano”, ovvero le cambiali, anche Vicenza acquisto un Dornier Do.27 di seconda mano. E molti altri centri, acquisendo aerei e materiali diedero vita ad attività continuative, come a prestigiose gare internazionali.

Verona primeggiava in questo, e sempre più spesso fratel Lino Basso veniva prelevato dalla sua attività di guardiano al cimitero scaligero, per venire accompagnato di qua e di là dai “suoi” paracadutisti.

Si peregrinava ancora a Gorizia, Campoformido (UD), Reggio Emilia, Casale Mnonferrato (AL), Albenga (SV) o altrove per gare o attività organizzate in tutte le salse e per tutti i gusti. Mentre d’estate era d’obbligo una puntata di quel di Pavullo nel Frignano (MO), nel frattempo divenuta (per merito di “mazzabubù” alias il Cav. Mazzacurati) Scuola Nazionale ANPdI. E sempre inaspettatamente e nei luoghi più impensabili ecco venirci incontro fratel Lino con il suo sorriso sereno ed il suo caloroso saluto.

Con gli anni ’80, invece, cominciammo a peregrinare all’estero: Bled nell’odierna Slovacchia facente ancora parte della Jugoslavia. Lì s’andava per provare i velivoli di fabbricazione russa. Aerei ed elicotteri che utilizzammo più copiosamente all’Aeroklub Kraków Pobiednik Wielki in Polonia, in occasione del primo “boogie” organizzato nei paesi d’oltrecortina nel 1989. Rientranno a casa una Domenica d’Agosto, giusto in tempo per apprendere dai mezzi d’informazione delle manifestazioni in Cecoslavacchia (21 Agosto 1989), e che il governo riformista dell’Ungheria aveva aperto le frontiere (23 Agosto 1989), e un gran numero di Tedeschi dell’Est iniziò (l’11 Settembre 1989) a emigrare verso la Germania Ovest attraverso il confine ungherese con l’Austria. Alla fine di Settembre 1989, più di 30.000 tedeschi dell’est erano scappati a ovest. il 9 novembre furono anche aperti nuovi punti di passaggio attraverso il Muro di Berlino e lungo il confine con la Germania Ovest. Con il muro anche il comunismo cadde.

L’anno precedente ci si era spinti in quel di Vichy (F) per un “boogie” nel quale si utilizzò un C-130L “Hercules”, (la versione dalla fusoliera più lunga) dal quale ci si lanciava da 5.000 metri. Tuttavia, poiché era in corso un tentativo di record di Relative Work (allora si puntava ad una stella composta da 120 elementi) molti furono i lanci anche da 6.000 metri.

L’aereo imbarcava fin’anche 220 paracadutisti, e tolti i 100/120 che cercavano il record alla fine mancato, rimaneva molto spazio per formazioni nemo numerose, ma non meno impegnative.

Da terra, nell’intervallo tra un volo e l’altro, osservavamo lo spettacolo. Il C-130L nell’atmosfera afosa di Vichy s’intravvedeva a malapena in quota. I paracadustisti si potevano scorgere solo quando le formazioni cominciavano ad infoltirsi, sui 3.500 circa. E, se isolati dagli altri spettatori, si poteva percepire anche l’«urlo» che la formazione produceva nel suo avvicinarsi al suolo. Poi a circa 1.200 metri ecco le formazioni di RW sciogliersi per dai vita ad un fiolilegio di velature multicolori che si estendeva per la lunghezza di oltre 4 Km. tanto che non di rado qualcuno fmiva fuori campo, per venire riaccompagnato da automobilisti di passaggio.

Agli inizi degli anni ’90 don Lino, all’età di 81 anni ,“va avanti”.

Noi si va a curiosare in Spagna. Un “Boogie” lo si fa a cavallo dell’ultimo dell’anno a Girona, presente per allenarsi la squadra militare sportiva italiana, mentre l’estate successiva si va poco lontano di lì, ad Ampuria Brava, non mancando di fare una capatina a Barcellona per vedere alcune finali olimpiche del ’92.

In tutto questo “girotondo” non macano gli incontri piacevoli con vecchie amicizie: Philippe Leroy, Maurizio Bambini, Roberto Besutti, solo per fare tre nomi conosciuti da tutti.

Mi si scusi per i moltissimi altri non citati a causa d’una memoria sempre meno ferrea.

Nel 1995 io ho smesso tutto ciò. Mi sono ritirato in campagna come un novello Cincinnato. Scrivo di rado e, fatta salva la giornata di Domenica 2 Maggio, non vedo più gli amici d’un tempo. Ancge per questo ho trovato bella quella giornata e quegli incontri.

Quanto a fratel Ubaldo Lino Basso MAVM e cappellano militare nella Divisione Folgore operante ad El Alamein, e a tutti quelli come lui, mi sia consentito di ricordarli a mio modo con alcune delle immortali parole di Federico Garcia Lorca tratte da “Anima assente”:


Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
L’insigne maturità della tua conoscenza.
Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria.

Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura.
Io canto la sua eleganza con parole che gemono
e ricordo una brezza triste negli ulivi.

Scrivendo, il ricordo di molti altri affiora alla mente. Persone con le quali per una lunga stagione della vita si sono cantate canzoni stonate. Parole sempre un po’ sbagliate. Gente tesa a studiare il passato per trarre insegnamenti al fine di progettare il futuro. E nel mentre facevamo ciò, trasitavamo per il presente con un occhio distratto, che non sempre ci ha consentito di cogliere l’attimo.

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