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Pubblicato il 10/04/2017

L’ ANTITERRORISMO SVEDESE ALZA BANDIERA BIANCA: NON RIUSCIAMO A DIFENDERCI

TREMILA RICERCATI DA ESPELLERE PER TERRORISMO SCOMPARSI

Magnus Ranstorp, responsabile della lotta al terrorismo islamista per la Sàpo (polizia segreta), il governo e le forze armate reali svedesi, si arrende:
“Solo nella Capitale sono ricercati tremila da espellere, non li troviamo. E non sappiamo combattere contro la cultura dell’odio dei quartieri-ghetto. Emergenza seria, polarizzerà il dibattito politico e può rafforzare populisti e neonazisti anche qui, il modello svedese può vincere ma è alla prova”.

“C’è un errore sistemico – spiega Ranstorp dopo l’attentato a Stoccolma – non funzionano nè leggi e meccanismi di prevenzione a applicazione delle espulsioni, nè scambio di informazioni tra polizia, Sàpo e altre istituzioni. Nella sola Stoccolma vivono alla macchia almeno tremila esuli non riconosciuti colpiti da provvedimenti d’espulsione. In tutto il Paese sono tra 50 e 60 mila. Se anche li acciuffassimo, non avremmo spazio per una loro detenzione pre-espulsione”. “Chi non è riconosciuto come esule e vive alla macchia – aggiunge – è più sensibile alla seduzione dell’Isis. Noi a livello nazionale ed europeo non sappiamo coordinarci abbastanza, l’Isis invece li contatta online”.

ISIS IN SVEZIA DA TEMPO
Il 29enne uzbeko la cui richiesta di asilo era stata respinta, ha confessato la propria responsabilità e di appartenere allo Stato islamico. “Ho investito degli infedeli”, avrebbe dichiarato l’uomo dicendo di aver ricevuto ordini diretti da membri del gruppo jihadista in Siria e invocando la fine dei bombardamenti nel Paese in guerra, secondo quanto ha riferito Aftonbladet senza citare fonti. Questa testata, così come Expressen, ha identificato il 39enne come Rakhmat Akilov.

Le autorità hanno confermato solo che il sospettato era arrivato in Svezia nel 2014, che la sua richiesta di asilo era stata respinta due anni dopo e che da febbraio era ricercato dalla polizia per essere espulso. L’uomo aveva un recapito postale a nord di Stoccolma, ma secondo i tabloid viveva in un sobborgo della zona meridionale con altri uzbeki, in un appartamento dove la polizia ha effettuato perquisizioni e fermato diverse persone sabato. Lì ha trascorso le ore precedenti l’attacco, collegando il suo telefono a una rete wireless, secondo Aftonbladet.

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