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Pubblicato il 16/12/2016

PRONTEZZA OPERATIVA PER LA JULIA -DON 15 DICEMBRE 1942 – ITALIA 15 DICEMBRE 2016

di Gaetano Canetti

“Il 15/12/2016 la JULIA certificata per intervento rapido UE”…
Ebbene, proprio per la JULIA, non è una novità essere utilizzata in simili operazioni.
Ma è la data che fa pensare.

Proprio il 15 Dicembre 1942 sul fonte del Don, in località Werk Mamon, settore di competenza delle divisioni di fanteria RAVENNA e COSSERIA (II Corpo d’Armata), avviene il definitivo sfondamento della linea italo-tedesca.
La pressione esercitata fin dal mattino del 11 Dicembre (Operazione Piccolo Saturno) ha prodotto una falla che il Comando Italiano cerca di tamponare utilizzando il “Nucleo di Pronto Intervento” della Divisione JULIA schierata più a Nord.

Nel tardo pomeriggio del 16 Dicembre alcune compagnie dei Battaglioni L’AQUILA, TOLMEZZO, MONTE CERVINO e due Batterie dei Gruppi CONEGLIANO (13°) e UDINE (34°), vengono caricati sui camion e trasportati d’urgenza (un viaggio da tregenda coi muli che congelano in piedi nei cassoni…) in località Mitrofanowka per prendere contatto con ciò che resta del comando del II Corpo d’Armata, ottenere informazioni, provvedere di conseguenza e resistere sino all’arrivo del resto della Divisione che li seguirà a piedi a marce forzate.

La situazione che trovano è tragica: il caos, la linea non esiste più.

I russi sono ovunque; coi carri sono già penetrati alle spalle con puntate di decine se non, in alcuni casi, di centinaia di chilometri.

I pochi Alpini ed Artiglieri Alpini si prodigano per trattenere le fanterie che, appiedate, seguono con più circospezione e meno protezione.

Ad Ivanowka i tedeschi se ne vanno, lasciando la difesa del settore ai soli Alpini che, avendo ricevuto l’ordine di resistere ad oltranza sul posto, non si ritirano ed accettano impassibili la propria distruzione.

Sono accerchiati ed ormai a contatto col nemico; gli ufficiali ordinano di difendere i pezzi all’arma bianca: “baionetta!”.

Proprio in quell’istante arriva l’ordine di ritirata dal comando italiano e l’assegnazione dei nuovi settori da occupare: Nowo Kalitwa, quadrivio Seleny Yar.

Sganciarsi!

E via, di corsa, col cuore in gola ed il soffio dei proiettili che passano sulla testa, con le ruote dei pezzi intrappolate dal ghiaccio, il vapore delle narici dei muli che cercano puntandosi di liberarli.

Alla 13° Batteria è assegnata la località di Nowo Kalitwa.

Devono percorrere a ritroso il tragitto della notte precedente e sperano di recuperare qualche vettovagliamento dai camion rovesciatisi durante la folle corsa al solo chiaro di luna.

Due ore di cammino più avanti, ecco che si intravede nell’oscurità la sagoma di un camion finito fuori strada.

Oltre ai viveri vengono ritrovate anche numerose cassette di munizioni da tre colpi ciascuna (per lo SKODA 75/13 circa venti chili in tutto…).

I muli stremati, i pezzi da sospingere anche a mano per il gelo, le slitte stracariche, gli uomini stravolti dagli stenti: ma ci sono circa duecento colpi da sollevare e trasportare.

Il Capitano comandante la Batteria, un siciliano di Catania, piega il ginocchio e si carica sulle spalle una cassetta: traballando si rialza, e riprende, in silenzio, il cammino.

Ad uno ad uno, Ufficiali e soldati seguono il suo esempio.

Arrivati sfiniti sull’altura che domina il paese (già occupato dai russi ex settore COSSERIA), dispongono i tre pezzi e si preparano a passare la notte così, all’aperto, con temperature prossime ai -40°.

Uomini oramai esperti di guerra, con le tenebre che si stanno avvicinando, cercano di scavare nella neve, arrivano a contato con la terra resa dura come il ferro dal gelo, tagliano le sommità dei cardi che spuntano dal biancore, riuniscono le coperte e i teli da basto.

Questi 40-45 uomini si cercano, si scelgono, si riuniscono in gruppetti da 4, prima che cali la notte e non si possano più riconoscere (non possono accendere alcun lume per non essere individuati).

La stanchezza porta al sonno ed il sonno prolungato alla morte per ipotermia.

Nelle buche protette a stento dai teli, in piccoli cerchi, decidono di vegliare a turno ognuno per cinque minuti, lasciando agli altri tre compagni quindici minuti per dormire: nessuno deve addormentarsi pena la morte degli altri.

Quanto lunga può essere una notte come questa?

Alle prime luci del mattino, questi fantasmi resuscitati si risvegliano, si cercano, si contano, si ritrovano.

Nessuno manca all’appello: tutti vivi, tre hanno i piedi congelati.

Ognuno di loro sapeva che tutto sarebbe potuto accadere tranne che il proprio compagno si addormentasse e lo lasciasse morire; ognuno di loro aveva preso un impegno: l’impegno di sopravvivere non per se stesso, anima inutile nel vento gelido, ma perché vivesse il proprio fratello.

Coll’approssimarsi del Natale, ripensiamo a questo sacrificio, a questa sofferenza, a questo dolore, a questa Croce portata dai nostri uomini: ha un senso profondo, la base solida su cui costruire il nostro futuro.

Oggi 16 Dicembre 2016, la JULIA continua ad essere “Reparto di Pronto Intervento” e noi a vivere nel paese comunque più bello del mondo.

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