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Pubblicato il 01/08/2018

RASSEGNA STAMPA – AFGANISTAN: TRUMP CHIEDE ISTRUTTORI FORZE SPECIALI ED INTELLIGENCE ALL’ITALIA

foto sopra: archivio del giornale www.congedatifolgore.com



La Stampa (Ed. Nazionale)
sezione: Esteri data: 01/08/2018 – pag: 9

Trump chiede a Conte sostegno per la nuova strategia americana a Kabul . L’idea condivisa con Washington è di cambiare le regole di ingaggio Il governo per ora prende tempo temendo la reazione interne al M5S che non vuol sentire parlare di compromesso. Ma non ci sarà alcun ritiro

Intelligence, addestratori e truppe speciali Così l’Italia resta impegnata in Afghanistan

L’Italia è pronta a rafforzare la presenza di forze speciali in Afghanistan sulla base di una richiesta avanzata dagli Stati Uniti, funzionale al cambio di strategia deciso da Washington per chiudere un conflitto che si trascina da 17 anni. È quanto emerso in coincidenza del bilaterale di lunedì tra Donald Trump e il Giuseppe Conte.

Durante la visita di Washington, l’Afghanistan è stato solo un breve passaggio, mentre si parlava di Libia, del gasdotto Tap, di Russia, di Europa, al tavolo da pranzo della Casa Bianca. Quando si è toccato l’argomento dei fondi alla Nato, Trump ha annuito rivolto a Conte che stava cercando di spiegare l’esigenza di riequilibrare l’adesione all’Alleanza Atlantica calcolando non solo i finanziamenti monetari, ma anche il sacrificio in termini di uomini impegnati sul campo, di mezzi e di intelligence: «È vero, voi partecipate a tante missioni», ha ammesso il presidente americano.
La strategia
Una di queste è l’Afghanistan, un pantano dal quale Trump intende uscire con una revisione della strategia basata su quattro pilastri. Concentramento delle forze sul terreno nei grandi centri urbani come Kabul, Kandahar, Kunduz, Mazar-i-Sharif e Jalalabad e contestuale allentamento nei luoghi decentrati e permeati dal nemico. Colloqui diretti anche con i taleban, un cambio di passo inaugurato giorni fa con un incontro tra diplomatici americani ed emissari di Hibatullah Akhundzada nella rappresentanza taleban della capitale del Qatar. A guidare la delegazione è stata Alice Wells, veterana di Foggy Bottom per l’Asia meridionale. C’è poi il rafforzamento delle attività antiterrorismo contro i taleban e contro l’Isis concentrata a Nangharar, missione quest’ultima distinta e separata da quella Nato.
Il grande apprezzamento
Infine, ed è questo il nodo che più interessa l’Italia, maggiore presenza di forze speciali alleate sul terreno, a partire da quelle italiane, nell’ambito della missione Nato «Resolute support». Una richiesta che nasce dal grande apprezzamento mostrato dalle autorità afghane e dagli Usa per il lavoro svolto, ad esempio dai Ranger. Sono gli alpini-paracadutisti impegnati in un addestramento specifico delle forze speciali afghane, oltre che di informazione. «Tale da garantire un’attività di “advising” continua e costante consigliandogli al meglio su come condurre operazioni contro gli insorti», spiegano fonti dello Stato maggiore. Le stesse forze che stanno di fatto incassando i maggiori successi sul terreno nella lotta contro gli insorti.
Le grane in casa
Il premier non ha preso apertamente un impegno sul dossier: il governo ha bisogno di guadagnare tempo per non scatenare le prevedibili ire interne al M5S di chi non vuol sentir parlare di compromesso e cambio di linea sulla missione. Ieri, il presidente della commissione Difesa della Camera, in quota M5S, Gianluca Rizzo, alla rivista Formiche ha detto: «Sull’Afghanistan l’Italia ha già fatto moltissimo, ora occorre che anche altri Paesi alleati facciano la loro parte». Rizzo parla di «rivedere la nostra partecipazione», non di sospenderla, in sintonia dunque con quanto emerge dai negoziati tra Stati Uniti e Italia e che si intreccia per forza di cose con il patto sulla Libia e le concessioni di Trump a Conte. Roma ha bisogno di Washington e viceversa, su fronti diversi.
A settembre 200 di ritorno
Una fonte del ministero della Difesa spiega che le intenzioni sono realmente di cambiare il senso della missione a Kabul, non di abbandonare del tutto il terreno. «Sono passati quindici anni dalla guerra, molti nostri soldati sono lì a passare le giornate senza far nulla. Eppure i nostri militari sono riconosciuti per essere i più versatili». A settembre ne torneranno circa duecento. Roma a dire il vero non vuole rischiare di ripetere la mossa della Spagna che nel 2004 ritirò senza preavviso i suoi uomini dall’Iraq costringendo gli alleati – come l’Italia – a rimodulare in maniera inattesa la loro missione.

L’idea, condivisa con Washington, è di cambiare le regole di ingaggio: gli italiani sono considerati ottimi mediatori, ottimi addestratori e hanno una intelligence militare che potrà tornare utile.

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