CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 03/09/2017

RASSEGNA STAMPA ARTICOLO SU COME FARE I BISOGNI IN ALTA MONTAGNA

“Cómo cagar en el monte: revisión de la literatura científica” di Ignacio Palomo

Ovada on Line
Come fare la cacca in montagna, un problema studiato dalla scienza

Siete su un sentiero in Val Borbera, e siete colto da un bisogno impellente? Se ci fosse lo stesso numero di turisti che sul monte Fuji sarebbe un problema!
OPINIONI – Questo articolo è la traduzione del lavoro “Cómo cagar en el monte: revisión de la literatura científica” di Ignacio Palomo, un ricercatore al Centro dei Cambiamenti climatici dei paesi Baschi e alla Università Autonoma di Madrid, è tratto dal blog spagnolo “Sal y Roca”.
Sembra una una bufala ma nel 1989 Kathleen Meyer (che non è parente dell’Architetto del ponte) pubblicò un protocollo su come espletare in maniera sostenibile questo primordiale bisogno fisiologico.
Tuttavia non si è ancora diffusa questo senso ‘civico’ soprattutto in montagna dove spesso troviamo le fonti di acqua “pura ed incontaminata” dove dissetarci, ma anche principale risorsa per la maggiorparte delle persone del pianeta.
I batteri legati alla contaminazione fecale sono un problema seria che causa varia patologie e può succedere anche nelle zone di montagna.
Su percorsi di Trekking, Alpinismo o scalata più frequentati possono passere moltissime persone (300’000 sul monte Fuji in Giappone, o 50’000 sul Kilimangiaro in Tanzania) ed è immaginabile pensare quale sia il volume di feci prodotto anche se solo una percentuale ridotta di queste persone espleta in natura le sue necessità
Una revisione degli articoli scientifici su questo tema è stata fatta da Michal Apollo dell’università di Cracovia. Questo è un argomento molto prolifico (vi risparmio battute varie) che spazia su vari argomenti ad esempio: il calcolo del volume di feci prodotte, i patogeni che si possono trovare, i problemi per gli escursionisti e gli abitanti locali, protocolli e tecniche per cagare ed effetti sulla vegetazione.
Parlando di batteri ad esempio, quello della Salmonella può sopravvivere fino a 51 settimane a 20 cm di profondità. Come spesso accade in natura ciò che facciamo spesso ci ritorna indietro e non è un caso che il 30 % degli alpinisti che fa vette come il Denali (in Alaska) l’Aconcagua (Nelle Ande) soffra di disturbi gastro intestinali per aver bevuto acqua contaminata da batteri fecali.
Sono state scelte tre montagne come studio campione: Il Monte Fuji (Giappone), Kilimanjaro (Tanzania) e lo Yamunotri (India) e definito tre tipi di impatto delle defecate: non-invasiva (fatta in servizi igienici a norma), Semi-invasiva (fatta in servizi igienici di fortuna con scarichi poco adeguati), invasiva ( fatta direttamente all’aperto)
Il Giappone (Monte Fuji) è un paese all’avanguardia in questo campo con l’utilizzo nei rifugi alpini di WC ecologici che con l’aiuti di segatura, trasformano gli escrementi in concime senza utilizzare acqua. Sono inoltre fornite borse per gli escrementi (come quelle nelle foto) che ‘stabilizzano’ il contenuto per chi è all’aria aperta.
In India (Yamunotri ) ci sono molti più problemi a causa dei servizi igienici che hanno perdite o scarica direttamente nei corsi d’acqua come il fiume Yamuna (fiume sacro per la cutura locale, dove la gente fa il bagno). Sono allo studio soluzioni ecologiche come l’uso di batteri che posso riciclare materia organica anche in condizioni fredde di alta montagna.
Anche il kilimangiaro (Tanzania) soffre di problemi analoghi e data la scarsità di rifugi si raccomanda ai turisti di seppellire i loro bisogni anche se dato l’elevato afflusso certe zone diventano dei campi minati. Per questo si sta chiedendo ad alcuni tour-operator di portare WC da campo o di fornire sacchetti per la raccolta degli escrementi.
Il problema delle feci in montagna è una responsabilità comune. In assenza di strutture adeguate, il miglior consiglio è di lasciare meno tracce possibili dalla pala alla borsa fino al famoso ‘caffè al bar di Voltaggio’.

Leggi anche