CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 07/01/2014

RASSEGNA STAMPA: IL RESTO DEL CARLINO PARLA DI METAL DETECTOR ITALIANI IN AFGANISTAN

HERAT – I TALEBANI credevano di averla fatta franca. Di avere prodotto degli ordigni esplosivi improvvisati, i cosiddetti Ied, che fossero non rilevabili dai nostri metal detector. E invece hanno sottovalutato gli italiani».

Sorride il colonnello Bruno Pisciotta, comandante del 4° Genio Guastatori della brigata Aosta, mentre scende da uno dei giganteschi mezzi blindati antimina Cougar.

A fregare i talebani è stato il combinato disposto dell’esperienza degli uomini del Genio e della tecnologia di un’azienda aretina specializzata in metal detector, la Ceia.

IL PROBLEMA degli Ied è capitale in Afghanistan. Con gli insorgenti ormai da anni incapaci di condurre ampie operazioni in campo aperto, sono proprio le mine artigianali’ piazzate lungo le strade la maggior minaccia per truppe Isaf e afgane, e ancor più per i civili. Dal 2009 al 2012 gli Ied sono costati (fonte Nato) la vita a 1.027 soldati della coalizione e (fonte Unama) a 3.494 civili. Nel 2013 vanno aggiunti altri 52 soldati e circa 900 civili. Come dire oltre 4.500 morti in soli 5 anni.

In Afghanistan gli Ied venivano originariamente costruiti usando proiettili di artiglieria da 155mm innescati da radiocomandi per auto. Poi, con la diffusione dei primi jammer che schermavano elettronicamente i mezzi della coalizione e l’uso sistematico di metal detector per rilevare le parti metalliche in zone sospette, gli insorgenti hanno usato telefonini e comandi a filo, e preferito, come esplosivo, il nitrato d’ammonio. Ma anche questi Ied erano identificabili.

E così si è ridotto al massimo l’uso del metallo. «I talebani spiega il colonnello hanno utilizzato sempre più spesso piatti a pressione o fili di grafite, perché non erano rilevabili dalle apparecchiature in dotazione. I fili di grafite, facilmente reperibili, erano lunghi da 200 metri fino al chilometro e mezzo, cosentendo agli insorgenti di far esplodere l’ordigno e poi fuggire».

Un bel problema. «COSÌ due anni fa abbiamo chiamato a Herat la Ceia, gli abbiamo spiegato il problema, e loro ci hanno lavorato su e prodotto un metal detector che rileva anche i fili di grafite. È l’unico al mondo e infatti l’hanno acquistato anche i Marines». Che notoriamente, come tutte le forze armate americane, preferiscono tecnologia a stelle e strisce.

«Adesso prosegue il colonnello con l’uso combinato della conoscenza dettagliata del territorio, dell’uso di droni, del pattuglimento con questi metal detector e di cani antiesplosivo, riusciamo ad essere molto efficaci. Gli Ied li mettono ancora, certo, ma nella stragrande parte dei casi li ritroviamo e disinneschiamo. Anzi, abbiamo formato squadre anti Ied dell’esercito afgano, ormai pienamente operative, e sono loro a ritrovare 8 ordigni su 10». La creatività non ci assolverà che parzialmente dai mancati investimenti in ricerca e sviluppo. Ma per un Paese che qualcuno voleva destinato a un ineluttabile declino tecnologico sulla via della globalizzazione, non c’è male.

Leggi anche