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Pubblicato il 08/02/2018

RASSEGNA STAMPA- IL RESTO DEL CARLINO PARLA DIFFUSAMENTE DELL’EVENTUALE RIPRISTINO DELLA LEVA

foto: archivio del giornale CongedatiFolgore

RESTO DEL CARLINO BOLOGNA
PRIMO PIANO pag. 3
Contrappelli e alzabandiera La leva ha unito l’Italia

Oltre cent’anni in divisa: Nord e Sud, tutti uguali
Giovanni Panettiere
CAPELLONE o sbarbato, libero o fidanzato, rosso o fascio, maschio e diciottenne non la sfangavi lo stesso. Fino al 2005 a quell’età la cartolina di precetto era l’unica sicura che poteva finirti tra le mani. Temuta dai più, è stata per intere generazioni il biglietto d’accesso (senza se e senza ma) a un’esperienza unica e irripetibile. La patria chiamava e andava servita. In uniforme, con la leva obbligatoria, introdotta nel nostro Paese nel 1861 e operativa sino a tredici anni fa. Dodici mesi (dieci dal ’97) di naja, per dirla con i fanti veneti che, sprofondati nel fango delle trincee della Prima guerra mondiale, coniarono questo termine, inteso come morsa/tenaglia, che ben presto nel linguaggio comune unì l’Italia, dal Monte Grappa allo Stretto di Messina. Tra il ’15 e il ’18 in sei milioni furono i chiamati sotto le armi, 4,5 quelli arruolati nel corso del secondo conflitto mondiale. Troppi i rimasti sul terreno. DALLA GUERRA alla pace, cartolina alla mano, ci si presentava al distretto militare della propria città. I più davanti al maresciallo di picchetto fingevano strafottenza, tutti avevano il cuore a mille e una paura matta per ciò che li attendeva. Tre giorni di visite mediche e prove psicologiche, tra le quali il famigerato Minnesota test (onde evitare ulteriori approfondimenti, guai a rispondere che ti sarebbe piaciuto fare il fioraio!). Tre gli esiti del tuo destino: idoneo, rivedibile o riformato, ma in quest’ultimo caso non bastava certo recitare da malato immaginario alla Molière. Soffio al cuore e piedi piatti dovevano essere comprovati, sempre che non si avesse qualche santo in fureria… La visita di leva era un’occasione preziosa per diagnosticare ai giovani patologie dell’apparato riproduttivo, tipo il varicocele, che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute. Come accade a non pochi diciottenni ora che la naja è stata sospesa, non abrogata visto che campeggia all’art. 52 della Costituzione. GLI ABILI e arruolati venivano spediti qualche mese ai Car (Centri addestramenti reclute) per prendere confidenza con le carabine Winchester, gli Aaattenti, i Riiposo, gli Al tempo, scanditi (meglio, urlati) da tenenti e capitani con una manciata di anni in più sul groppone. Trascorsa la fase d’apprendimento, si era destinati al proprio corpo d’armata (Marina militare, Esercito italiano o Aeronautica militare), in una caserma il più possibile lontana da casa. «Ho fatto tre anni di militare a Cuneo», scherzava il napoletano Totò. Adriano Celentano la leva la fece a Torino, Gianni Morandi venne inviato a Pavia. Nei suoi ricordi l’esperienza della naja ha sempre avuto un connotato positivo: nel plotone lo trattavano come gli altri e non da divo. ANCHE per moltissimi ragazzi di allora la vita in caserma, scandita dalla tromba della sveglia (all’alba!) e del silenzio (vietato fiatare altrimenti fioccavano i giorni di consegna e allora addio libera uscita a braccetto con la biondina di provincia), è stata un’esperienza formativa. C’è chi ha conseguito la patente, chi ha imparato a montare e smontare motori, chi per la prima volta ha messo la testa fuori casa. La leva è stata poi un’occasione fondamentale per plasmare il popolo italiano. Calabresi e brianzoli a marciare insieme, a cenare alla stessa mensa, a dormire a una branda di distanza. Certo il nonnismo non è stata un’invenzione dei mass media. Le teste nelle turche, le botte negli armadietti trasformati in juke box dagli anziani, non hanno mai forgiato gli uomini del domani. Erano solo pratiche sadiche, ordite da un manipolo di frustrati. QUALCHE malcapitato ci ha rimesso le penne, altre reclute hanno scelto il suicidio (addirittura sedici nel 1988). I più per fortuna hanno visto l’alba e oggi con nostalgia ripensano all’uniforme modello drop e alla stecca. Anche la Repubblica, quella omaggiata nel piazzale ogni mattina con l’alzabandiera, ha avuto i suoi vantaggi. Poteva contare su braccia giovani e forti per spalare macerie e costruire ponti. L’alluvione del Polesine, i sismi in Fiuli e Irpinia sono lì a dimostrarlo.

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