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Pubblicato il 04/11/2015

MANGUSTA 2015: IERI LA GIORNATA DEDICATA ALLA STAMPA

PARMA- Si è tenuto ieri a Siena,padrone di casa la Brigata Folgore, l’incontro con la stampa che ha avuto un gran numero di articoli pubblicati su LA NAZIONE, IL TIRRENO, QN, IL CARLINO , il GIORNO e diversi altri, che hanno dato risonanza nazionale all’evento. Riportiamo alcuni degli articoli in rassegna , segnalandovi quelli di Giovanni Graziotti, sottufficiale in congedo della Folgore, già PIO del 186mo Reggimento. Grazie a Lui si svolse una missione ad El Alamein con un drappello di paracadutisti del suo reggimento, in servizio.

LA NAZIONE del 4 Novembre 2015
LO STRUMENTO
Ogni militare indossa un giubbotto con un sistema di rilevamento Miles
di GIOVANNI GRAZIOTTI
IL PARÀ si avvicina per il riconoscimento, controlla gli occupanti e riconosciuti fa un cenno d’intesa al suo compagno. I due ci scortano nella zona del bivacco dove un plotone di paracadutisti del 183° reggimento Nembo di Pistoia sono in attesa del buio per compiere l’assalto al deposito di munizioni dei miliziani di Kamon penetrati nello stato di Tytan. IL CAPITANO Giuseppe Ciurlia, figlio d’arte, comandante della pattuglia spiega ai suoi uomini il piano d’attacco al deposito, concordato con gli esploratori. Conoscono perfettamente il numero di uomini presenti sul posto, il tipo di armamenti e le loro abitudini. Due elicotteri A129 spianeranno loro la strada sparando con le armi in dotazione (missili Spike e cannone a 3 canne rotanti da 20 mm tipo gatling). I ragazzi sono stanchi, è dal 22 ottobre che sono sul terreno. Tutti ascoltano con attenzione, ognuno ha un compito, il gruppo di fuoco che servirà da copertura per chi dovrà assaltare l’obiettivo, gli esploratori che dovranno guidare la pattuglia, il genio guastatori che dovrà eliminare il deposito munizioni e che avrà anche l’onere di controllare la presenza di eventuali ordigni esplosivi convenzionali e non, individuare le mine antiuomo con accenditore a strappo usando uno strumento il Filer «semplice ma efficace», come ci dice il Caporal maggiore capo Andrea Cammarota. Una bacchetta estendibile con un sottilissimo filo in cima che serve ad individuare eventuali fili collegati all’ordigno. L’assalto sarà effettuato con visori notturni che consentono di vedere perfettamente anche in assenza di luce. Ultima indicazione il posto di rendez vous, cioè il luogo dove tutti i componenti la pattuglia dovranno ritrovarsi dopo l’assalto e al quale si potrà accedere solo dopo un segnale convenzionale di riconoscimento. Al deposito munizioni la situazione dei miliziani è diversa. I ragazzi sul presidio sanno che possono essere attaccati in qualsiasi momento, hanno predisposto delle difese passive con materiale di fortuna trovato sul posto. Sono pochi, ma decisi a farsi valere, sanno che gli attaccanti indosseranno dei visori notturni e per questo che il Sergente Michele Pessolano comandante del distaccamento, dà l’ordine di girare gli automezzi verso Sud, la direzione più probabile di attacco, pronti ad accendere i fari al momento opportuno e “accecare “momentaneamente gli assalitori. Il silenzio è totale così come il buio, in lontananza si sentono gli elicotteri che acquisiscono l’obiettivo e mentre uno lo “illumina” l’altro fa fuoco, è il segnale per l’attacco. Come previsto, proprio da Sud arrivano i primi parà, i miliziani accenRdono i fari degli automezzi, la trovata disorienta momentaneamente gli assalitori. Ogni militare indossa un giubbotto con un sistema di rilevamento Miles (multiple laser engagement integrated system) con ricevitori laser inseriti, che rilevano quando il soldato viene colpito emettendo un segnale sonoro che può essere disattivato solo con una apposita chiavetta. I Miles indossati dai parà e dai miliziani iniziano a suonare, qualcuno è ferito e qualcuno è colpito mortalmente, questi da ora in poi sono «no play». L’attacco dura diversi minuti i miliziani vendono cara la pelle, ma la superiorità numerica degli assalitori consente la conquista dell’obiettivo. Entra in gioco il Genio Guastatori, nonostante la totale oscurità i paracadutisti piazzano le cariche e fanno saltare il deposito, missione compiuta. In silenzio ritornano nel bosco alla ricerca del punto di rendez-vous cercando di ricordare il segnale convenzionale altrimenti saranno guai.

QN_PRIMOPIANO del 4 Novembre 2015 pag. 12
Operazione Mangusta, finta guerra La Folgore si esercita a quella vera

I parà in Toscana per una missione Nato: prove generali anti Isis
MENTRE le diplomazie sono al lavoro nell’ampio e irrequieto scenario che va dall’Afghanistan alla Siria e alla Libia, in Europa si muovono 36mila militari, 3mila dei quali arrivati dagli Usa, 200 tra cacciabombardieri, aerei spia, droni, velivoli da trasporto, elicotteri da combattimento, una sessantina di unità navali, sottomarini compresi. I Paesi occidentali si addestrano in modo federato per affrontare eventuali impieghi nelle aree calde di Medio Oriente e Nord Africa. È la grande esercitazione Nato Trident Juncture, che coinvolge 33 nazioni (28 Nato e 5 partner) con la simulazione di scenari di guerra e operazioni di pacificazione. L’Italia fino al 6 novembre fa la sua parte anche in casa propria con un’altra esercitazione ad alto tasso di realismo. È la Mangusta, riservata alle truppe di impiego rapido: i paracadutisti della Folgore. Zona di operazioni una fetta di Toscana vicina a Siena. Il comandante della Brigata Folgore, generale Giovanni Maria Iannucci, si è appena lanciato col paracadute insieme con i suoi uomini. C’entra la crisi del Medio Oriente? «La Mangusta, per la prima volta insieme agli americani, tiene conto sì e no dell’attuale scenario internazionale e non si riferisce a una particolare area di crisi. Agisce la Folgore perché è un reparto di reazione rapida». E se ci fosse la necessità di intervenire in Paesi come la Libia in caso di richiesta da parte di un governo di unità nazionale? Il generale è prudente: «Non sta a noi decidere, ma la Folgore è in grado di rispondere a una chiamata del genere. Non mi sento di parlare di pacificazione nello specifico perché ogni missione una volta ricevuto l’incarico viene analizzata in base al territorio, alla minaccia, al contesto. Io ho il compito di far trovare sempre pronta la Brigata. Punto». ECCO lo scenario ipotizzato nella Mangusta, che coinvolge 1000 parà della Folgore con unità del 185esimo reggimento Rao (Ricognizione e acquisizione obiettivi) e 120 paracadutisti americani della base di Vicenza. La fiction è paragonabile a una delle aree di crisi di oggi. Massimo realismo: scontri a fuoco con pallottole a salve e sensori che con un suono segnalano chi è colpito. Il teatro operativo si sgrana su varie sequenze. Lo Stato di Tytan si prepara alla guerra. Kamon, il Paese vicino, con l’appoggio di truppe regolari e miliziani passa il confine per raggiungere le risorse energetiche. Il governo di Tytan dà il verde all’invio di una coalizione internazionale per fermare l’espansione di Kamon. È il quadro tracciato dagli analisti Nato. Nessuno lo dichiara, ma assomiglia alla situazione creata dal Califfato. Una delle sequenze che abbiamo vissuto dall’interno della Mangusta è la simulazione dell’attacco a un ripetitore tenuto dai miliziani. Obiettivo Pero. Bisogna conquistare la zona Lydia, aprire il varco verso l’aeroporto di Gambella e agevolare l’arrivo massiccio di truppe. Pero deve essere preso dal 183esimo Nembo di Pistoia e dai guastatori dell’8° di Legnago. Due giorni di avvicinamento. I primi parà entrano nella zona sensibile e cominciano a sparare. I miliziani rispondono. Cadono i primi uomini (gli istruttori gridano: tu fuori, sei colpito). Poi da sud l’incursione massiccia. I soldati sbucano dalla macchia, salgono strisciando, partono i colpi dei mortai. Intorno sbocciano i fumogeni di copertura. La battaglia si infittisce. I primi arrivano al casolare da sud ovest. I miliziani (parà del 33esimo Reggimento Ew trasmissioni) capiscono che l’obiettivo è perduto e simulano la distruzione del centro radio. Non deve cadere in mani nemiche. Mortai, colpi a raffica, lo scontro è furibondo. Ora serve una bonifica. I guastatori eliminano le sacche di resistenza e ispezionano gli edifici. Irruzione, bombe flash bang. Dentro e fuori. «Liberò ragà…», grida il comandante di plotone. I PRIGIONIERI. Ne viene catturato uno e va interrogato sul campo. Cappuccio in testa e interrogatorio in ginocchio circondato da tre uomini. Più tardi verrà preso in consegna dagli analisti. Ora bisogna evacuare i feriti. Un fumogeno segnala all’elicottero la posizione. L’AB205 si abbassa come un gigantesco pipistrello nel prato senza spegnere il motore. Sopra volteggia a protezione un Mangusta da combattimento del 7° Vega. Lo guida il capitano Pamela Sabato, il primo pilota donna dell’esercito. Allarme, sparano di nuovo. I miliziani di Kamon tentano una sortita da nord. I parà a protezione rispondono al fuoco e chiedono rinforzi. La zona resta ostile. Intanto i feriti vengono issati a bordo e l’elicottero si alza. Ok, vai. I due velivoli diventano puntini nel cielo. Per oggi non si combatte più.

LA NAZIONE – PRIMOPIANO pag. 3
Situazione verosimile a quella di conflitti in corso

GLI OSPITI Hanno partecipato 120 paracadutisti americani provenienti da Vicenza
VERO? No, ma verosimile. Quello ricreato a Siena è lo scenario che potrebbe aspettare i nostri militari da qui a poco se il Governo decidesse di intervenire in zone di crisi come la Libia. L’esercitazione ha il compito di testare le procedure d’impiego della Brigata Folgore ed è confederata ad altre attività già sostenute quali la Tuscan Express e la Swift Response tutte basate ad addestrare le forze d’intervento rapido della Nato. SIAMO in Mangusta da sempre l’esercitazione principe della Brigata paracadutisti Folgore. Il tenente colonello Gianni Copponi effettua il briefing illustrando lo svolgimento delle varie fasi: quest’anno, diversamente dalle altre volte partecipano anche 120 paracadutisti americani provenienti da Vicenza, in aggiunta agli oltre 900 paracadutisti italiani. E’ PROPRIO da Siena che inizia la complessa esercitazione militare con l’acquisizione da parte del 185esimo Reggimento «Rrao» della zona Lydia, in seguito l’attacco di due elicotteri modello A129, mette in sicurezza la zona eliminando le postazioni di difesa contraerea composte da missili terra aria, permettendo agli uomini della Folgore, dopo una serie di aviolanci con velivoli americani, di conquistare definitivamente la zona. L’OCCUPAZIONE consente il successivo passo verso l’aeroporto di Gambella in mano ai miliziani dello stato di Kamon, la presa dell’aeroporto spalanca le porte al grosso delle truppe alleate. G. G.
«Operazione ampia e complessa» Impiegati oltre mille paracadutisti
Il tenente colonello Lo Monaco spiega l’operazione Trident Juncture

«Operazione ampia e complessa» Impiegati oltre mille paracadutisti Il tenente colonello Lo Monaco spiega l’operazione Trident Juncture
OPERAZIONE «Trident Juncture 2015». Trenta Paesi e trentaseimila militari tutti appartenenti alla Nato con in aggiunta soldati di Finlandia, Svezia, Ucraina, Austria, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Australia, 140 aerei e 60 navi. Sono i numeri dell’esercitazione della Nato Response Force (Nrf) «Trident Juncture 2015». Quattromila sono militari italiani: unità dell’Esercito delle brigate “Folgore” e “Sassari”, del Reggimento Lagunari, di artiglieria campale, contraerea e del Genio oltre a cinque elicotteri Mangusta e NH-90. IN QUESTO contesto operativo si colloca l’esercitazione «Mangusta 2015» iniziata il 22 ottobre e che terminerà il prossimo 6 novembre, come ci dice il Ten. Col. Par. Michele Lo Monaco, della cellula di pubblica informazione della Folgore: «E’ un’ampia e complessa esercitazione, all’evento, il più grande a partiti contrapposti svolto quest’anno sul territorio italiano, partecipano oltre 900 paracadutisti e 120 paracadutisti dell’esercito statunitense di stanza a Vicenza, mentre altri paracadutisti della “Folgore” sono impegnati in Spagna. Il territorio interessato comprende le province di Livorno, Pisa, Grosseto e Siena. L’attività, improntata al massimo realismo e condotta senza soluzione di continuità, non si svolge secondo lo schema classico, ma si sviluppa in base alle decisioni assunte sul campo dai Comandanti delle Unità. L’esercitazione è collegata con la ‘Trident Juncture 2015’ che si svolge in Spagna e nella quale è impiegato un Reggimento paracadutisti, ha lo scopo di testare le procedure d’impiego della Brigata “Folgore”, alla luce dello sviluppo delle nuove capacità dell’Esercito Italiano, ed è l’ideale prosecuzione delle altre attività già sostenute quali la “Tuscan Express” e la “Swift Response». Con «Trident Juncture 2015» viene testata la Nato Response Force, e per la prima volta su vasta scala, anche la Very High Readiness Joint Task Force (Vjtc). La Vjtc sarà composta da una brigata di terra di 5mila militari, che potrà contare sul supporto di forze speciali aeree e navali. In questo scenario è inserito il 186° reggimento paracadutisti come riserva di Task Force, schierato in zona di assemblamento ha già fatto una valutazione e una pianificazione di tutta una serie di opzioni operative pronto ad intervenire ed a condurre atti tattici su tutto lo spettro delle operazioni, offensive, difensive e abilitanti non da meno la condotta di interventi tipici dei paracadutisti. Tutto questo in virtù di un possibile e probabile impiego in operazioni di pacificazione internazionali. Come nel recente passato il 186° reggimento paracadutisti è pronto a fare la sua parte e ad aggiungere un’ulteriore tassello alla sua già lunga lista di missioni internazionali, un eventuale impiego dei paracadutisti in Libia sarebbe un ritorno alle origini per la Folgore, è infatti da lì che è iniziata la sua storia. Giovanni Graziotti

Un battaglione nato in Libia su idea del governatore Balbo

LA SCELTA Il primo nome dato al reparto fu Fanti dell’Aria
SE IL NOSTRO Governo decidesse di impiegare la Brigata Paracadutisti «Folgore» in Libia non sarebbe altro che un ritorno alle origini per l’unità.> L’idea costituire un reparto di paracadutisti venne proprio al Governatore della Libia, Italo Balbo, poco dopo la nomina, che prese a modello i Fallschirmjäger tedeschi della Luftwaffe. VISTE le ristrettezze di bilancio, Balbo decise di fare da sé e con una circolare del Comando Superiore di Tripoli del 12 febbraio 1938 stabilì di selezionare il reclutamento tra gli ascari libici, mentre per l’addestramento furono incaricati ufficiali del Regio Esercito. Venne richiamato dall’Italia l’ideatore del paracadute «Salvator» tenente colonnello Prospero Freri, responsabile della formazione degli ufficiali istruttori tra cui lo stesso maggiore del Genio Goffredo Tonini, comandante designato del nuovo reparto con ampia esperienza nel comando di unità di ascari. Considerata anche la scarsità di mezzi ed equipaggiamenti fu necessario attingere dalle scorte delle squadriglie aeronautiche per i paracadute, mentre alcuni velivoli vennero sottratti all’aviazione civile. Il 20 marzo 1938, nacque la scuola di paracadutismo denominata “Campo scuola paracadutisti della Libia”, sotto il comando del maggiore Tonini. DUE giorni dopo venne quindi costituito il primo battaglione paracadutisti delle forze armate italiane, con la denominazione di Battaglione “Fanti dell’aria”. La Folgore, unità tra le più giovani del nostro esercito, si è sempre distinta in ogni circostanza, a cominciare, dal suo impiego durante la seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri, la Folgore fra tutti i reparti militari al mondo e tra i più conosciuti e stimati per il suo valore e la sua professionalità. G.G.
Ritaglio

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