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Pubblicato il 21/10/2018

RASSEGNA STAMPA- LA NUOVA SARDEGNA PARLA DI SIMONE CAREDDU – PARACADUTISTA A SIDNEY

LA NUOVA SARDEGNA del 21 Ottobre 2018
Simone Careddu ferito in Afghanistan da oggi a Sydney nella sfida tra i militari paralimpici

di Simonetta Selloni
ORISTANO
Invictus, indomito. Di più: ottimista, con l’occhio sull’agenda del futuro. Quella di questi giorni poi, è fittissima: Simone Careddu, 38 anni da compiere il 26 novembre, è a Sydney dove, fino al 27 ottobre, con la maglia azzurra del Gruppo sportivo paralimpico Difesa rappresenta l’Italia agli Invictus Games, i giochi per i militari con disabilità dovuta a cause di servizio. Perchè lui è il maresciallo Simone Careddu, di Cabras. Il 14 luglio 2009 con altri tre militari dell’8° Reggimento guastatori della Brigata paracadutisti della Folgore, saltarono per aria in Afghanistan, durante una missione con l’Esercito italiano. Il mezzo su cui viaggiavano fu investito in pieno dall’esplosione di una bomba, una di quelle che la squadra cercava per rendere inoffensive. Nell’esplosione morì Alessandro Di Lisio, che di anni ne aveva 25. Simone uscì con una lesione al midollo: paraplegia. «Era un multitraumatizzato gravissimo, al Celio ci fecero firmare per operarlo», spiega Paola Lobina, la madre. Vive a Cabras con il marito; l’altro figlio, Matteo, ha 31 anni ed è un Sassarino. «Ci crediamo, in questi valori», spiega.L’argomento paraplegia non è d’attualità, in casa Careddu. Molto più interessante è parlare della vita, quella vera. «Quando penso a Simone penso alla sua famiglia, alla moglie e alla sua bambina di tre anni. Lui è un inno alla vita: ufficio, palestra, impegni vari», continua la madre. Il fatto è che Simone, abituato a lanciarsi con il paracadute, ha attutito il più disastroso atterraggio che la vita gli ha riservato con una energia positiva. Dopo un anno di riabilitazione si è reimpossessato della sua esistenza e l’ha plasmata sulla strada che la sorte gli ha riservato. E così, come illustra un bel servizio che la rivista “Sportweek” di questa settimana gli ha dedicato, oltre che rimettersi la divisa (nel Ruolo d’onore dell’Esercito, destinazione per i militari disabili per ragioni di servizio), a Verona, dove vive con la moglie Tiziana, anche lei di Cabras, e con la loro bimba, si è cucito addosso le tute sportive. Handbike, e basket in carrozzina: queste sono le discipline nelle quali rappresenta l’Italia agli Invictus Games. Li ha già fatti, a Orlando, in Florida: settimo con l’hanbike nel 2016. Lui è uno sportivo a tutto tondo ed è anche uno dei testimonial che la Land Rover, che sponsorizza gli Invictus Games, ha scelto per testare le auto a guida automatica. E Simone, qualche settimana fa, le ha provate con altri militari disabili nella pista di Luton, vicino a Londra.«Non riusciamo a parlargli, sa, il fuso orario… Comunichiamo su Whatsapp. La sveglia a Sidney è alle 5, poi alle 6 arriva l’autobus che porta lui e gli altri nei campi di gara», spiega ancora Paola Lobina. Simone e gli altri, 16 atleti che rappresentano l’Italia con le stellette e soprattutto la vita che non si piega davanti a tragedie immani. E certo, perché oggi parlare di ieri con distacco può sembrare facile, ma il percorso di Simone è stato un calvario. «Lo sguardo dei medici, occhi che dicevano senza parlare, avevamo capito tutto», a raccontare è anche la zia di Simone, Rosalba. Per certo lui aveva capito tutto. «Simone non aveva perso mai conoscenza, ma chiedeva continuamente ai dottori del futuro», dice Paola. E aggiunge: «Facciamo il tifo per le gare, speriamo che vada tutto bene». Invictus, indomito. Sportivo, vivo.

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