CRONACA AGGIORNATA OGNI ORA

Condividi:

Pubblicato il 30/08/2018

STUDIO UNIVERSITARIO AMERICANO: IL TATUAGGIO NON E’ FONTE DI DISCRIMINAZIONE SUL LAVORO

Tre ricercatori delle Università di Miami e Australia Occidentale hanno reso noto uno studio sull’imopattoi che il tatuaggio ha – o si pensa che abbia- sul lavoro

La ricerca pubblicata su Sage Journal afferma che i ricercatori non hanno acquisito alcuna prova empirica di discriminazione sul lavoro, sul salario o sui guadagni nei confronti di persone con vari tipi di tatuaggi”. Lo studio, guidato dal professor Michael French, ha preso in considerazione duemila testimonianze di persone raccolte online. I risultati, insomma, smentiscono “l’opinione popolare”, scrivono gli studiosi. Nessuna differenza, aggiunge Quartz, tra chi ne ha uno soltanto o di più. E il successo di un colloquio di lavoro non dipende neppure dal fatto che siano visibili oppure nascosti dagli abiti. E chi è senza tatuaggi rischia una discriminazione al contrario? Un altro studio, condotto dal professore Chris Henle dell’Università del Colorado, ha affrontato la materia tatuaggi in maniera diversa.

La ricerca, intitolata Body Art as a Source of Employment Discrimination e pubblicata a luglio dalla Academy of Management Journals, ha cercato di capire se la discriminazione legata a tattoo e piercing sia correlata alla percezione di chi si occupa dei colloqui di lavoro. Per farlo, il suo team di ricerca ha messo alla prova 143 manager che nell’ultimo anno si sono occupati di almeno una assunzione per conto della società per la quale lavorano. A loro sono stati mostrati curricula ritenuti “ugualmente attrattivi”, profili di candidati quindi paragonabili, ma alcuni con fotografie ritoccate con l’aggiunta di tatuaggi, piercing e altri tipi di body art. Sono emersi alcuni risultati interessanti: ad avere più probabilità di assunzione sono stati i candidati senza inchiostro sotto la pelle né decorazioni di sorta.

Chi invece è tatuato, poi, rischierebbe di vedersi offerto un contratto meno vantaggioso economicamente. Attenzione, però: se anche i manager indossano piercing le carte in tavola cambiano eccome. In questo caso le probabilità minori di essere assunti le avrebbero i candidati senza body art.

L’esercito italiano ha regolamentato i tatuaggi con la “Direttiva sulla regolamentazione dell’applicazione di tatuaggi da parte del personale dell’Esercito”, datata 26 luglio 2012 che intendeva “prevenire e contenere situazioni che possono incidere sul decoro dell’uniforme e sull’immagine dell’Esercito”. I divieti: “Sono proibiti i tatuaggi sulle parti del corpo visibili” in uniforme, e quelli “che abbiano contenuti osceni, con riferimenti sessuali, razzisti, di discriminazione religiosa o che possano portare discredito alle istituzioni e alle forze armate” anche se coperti.

Leggi anche