FLASH DI GUERRA 4°
QUALCHE INGLESE  BUONO C'E'
(04.12.00) 


(Continuazione) 

Ci risvegliamo alle prime luci dell'alba. Un pò anchilosati, infreddoliti, ma pronti a fare quanto ci eravamo prefissi. Prima di uscire dal relitto del carro, cerchiamo di fare il punto della situazione. Desolante. Viveri zero, acqua agli sgoccioli. La sera precedente avevamo quasi finito la razione che ci eravamo imposti, per poter riempire lo stomaco che reclamava. 

Dentro gli stivaletti i piedi e le caviglie si erano gonfiate, un pò per le piaghe conseguenti alla lunga marcia nel deserto, un pò per la stanchezza ed un pò, suppongo, era che i nostri piedi da una settimana non vedevano nè la luce del sole né le stelle. Quando la sera prima 

Conti aveva iniziato a levarsi uno stivale, aveva sollevato un tanfo tale da dover rimetterselo in fretta e furia. Per andare a ovest alla mattina é facile, basta guardare dove è nato il sole, ma durante il giorno nel deserto senza bussola è dura. Decidiamo di affidarci al caso. In quelle condizioni non possiamo preventivare nulla. Unica proposta accettata all'unanimità: se uno non ce la fa, si fermano tutti. Ferrari mette la testa fuori dal portellone per andarcene ma si catapulta immediatamente indietro. A cinquanta metri da noi è fermo un autocarro inglese. Ci consultiamo sottovoce. Nel carro non si può stare altrimenti si finisce arrosto. Non abbiamo nemmeno un temperino da usare come improbabile arma bianca, se tentiamo qualsiasi azione di forza appena ci guardano cadiamo in terra, quindi non ci resta altro che riarrenderci. Ormai ci siamo abituati e lo sappiamo fare con disinvolta dignità e senza usare stracci bianchi. Andiamo un po'zoppicanti verso il camion. Ci sono due inglesi che lavorano di gran lena per disinsabbiarlo. Nemmeno si accorgono di noi. Conti parla perfettamente l'inglese perché è figlio di emigrati in America, ed è venuto in Italia ad arruolarsi quando è scoppiata la guerra. Ci guardano e poi, come nulla fosse, si rimettono a spalare sabbia davanti alle ruote posteriori. Ci rimaniamo un pò male. Abbiamo il diritto sacrosanto di essere fatti prigionieri!. Nossignori. Continuano il loro lavoro come se nulla fosse. Alla fine si alzano, gettano i badili e vengono verso di noi. Disarmati. Con un pochino più di vigore in corpo ed un pò meno di già acquisita rassegnazione, noi siamo un tre, loro in due, sono anche mingherlini, farli nostri potrebbe anche essere un gioco da ragazzi. Oggi, a cinquantotto anni di distanza, dico queste cose, che tutto sommato mi sembrano logiche. Allora non ci passavano nemmeno per l'anticamera del cervello. Conti parlotta un paio di minuti con loro, poi i due si avvicinano a noi e ci stringono le mani. Ci 

dice che ha spiegato loro la nostra situazione, che ha chiesto solo un pò di pane e di acqua, il giusto necessario per arrivare in un campo di concentramento. I due ci conoscono di fama e sono ben lieti di poterci aiutare. Vanno al camion e ritornano con tre pacchetti di gallette, tre scatole di corned beef ed una piccola tanica di acqua. Mentre mangiamo, la conversazione con Conti continua. Spiegano che hanno il compito di trasportare viveri, acqua e benzina nell'interno del deserto. Sono due studenti di Oxford, e si sono arruolati volontariamente. Ci alziamo per andarcene. Li ringraziamo, poco ci manca che li abbracciamo e zoppicando ci avviamo lasciando il sole a destra. Destinazione nord. Dopo qualche passo ci chiamano. Nuovo parlottio con Conti . Ci traduce che ci hanno offerto di andare con loro finchè non incrociamo qualche autocarro che va a nord. Accettiamo entusiasti. Chiedo loro se conoscono la lingua francese. Tutti e due la parlano benissimo. 

Finalmente posso conversare anch'io. Mi chiedono perché tutti e tre zoppichiamo. Mi siedo 

e mi tolgo uno stivaletto. Un macello. Dal polpaccio in giù un carta geografica con colori violenti dove predominano il blù ed il rosso. Le piaghe sono ormai sanguinanti. I due arretrano disgustati, anche per sfuggire all'odore non certo di acqua di rose. Vanno al camion e ritornano con una cassetta di medicazione, un bidone di acqua ed un pacchetto di asciugamani. Dopo qualche minuto siamo tutti e cinque alle prese con i nostri piedi. 

Anche i due inglesi si danno da fare consigliando ed anche intervenendo. Non molto tempo dopo, impomatati con un grasso che si usa in tali occasioni ed abbondantemente fasciati, 

ci issano sul camion e partiamo verso ovest. Era proprio la direzione che ci eravamo prefissa. 

(Continua) 
 

Emilio Camozzi


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