STORIE  DI  SETE
(13.04.2001 Emilio Camozzi)

Per chi non sa cosa sia la sete, questa potrebbe sembrare una storia sciocca, senza costrutto  e senza una morale. Due amici, Sirio Ursini e Toio Marraffa, si conoscevano da sempre. Nemmeno loro sapevano datare l'inizio della loro amicizia.  Passava attraverso gli asili infantili, i ricreatorii, le adunate del sabato, i campi Dux, le palestre dove la gioventù di allora era solita trovarsi. Per la loro esuberanza erano considerati "materani" dai frequentatori delle passeggiate serali in Acquedotto. Sirio era un solido prodotto della sua terra, "Triestin patoco", come si dice qui. Ancor prima di andare militare era diventato campione  regionale di pugilato. Toio non aveva avuto possibilità di praticare alcuno sport. Figlio di immigrati pugliesi, aveva condensato in se tutto il fuoco della sua terra d'origine.Tutte le doti migliori che uno richiede ad un amico, lui le aveva. A quindici anni era scappato di casa perché voleva fare la guerra in Africa Orientale. L'avevano beccato, mezzo morto di fame e di sete, in una scialuppa di salvataggio di una nave che trasportava  truppe, e l'avevano rispedito a casa. Il servizio militare li aveva divisi ed il paracadutismo li aveva riuniti, così per caso. Avevano tutti e due le caratteristiche per cui un buon cittadino possa diventare un buon paracadutista. Essendoci la guerra, essendo il paracadutismo agli albori ed ancora quasi sconosciuto,
le qualità  atte a fare il paracadutista erano necessariamente più determinanti  e si restringeva così il numero dei possibili allievi. Toio e Sirio sembravano appositamente costruiti, dentro e fuori, per la nuova specialità. Erano artiglieri e si trovarono quindi nello stesso reparto.
Partirono per l'Africa. Qui la possibilità di fare "matade" risultò di molto diminuita. La guerra li ridimensionò e ne fece degli ottimi combattenti. Sempre volontari nei pattugliamenti, non perdevano l'occasione di festeggiare quando riuscivano a catturare qualche camionetta o, accontentandosi, qualche prigioniero con la borraccia piena di wiscky. Ogni soldato aveva una mansione particolare. Non ricordo quale fosse quella di Sirio. Toio si era preso una gatta da pelare terribile: si era addossato il compito di distributore d'acqua. Lo so che
fa venire in mente figure femminili con l'anfora in testa presso un pozzo in pietra e dune sullo sfondo dove sta viaggiando un cammello. L'acqua era per noi un elemento prezioso.Al paragone, l'oro ci fa una figuraccia. Si era procurato un misurino, e con quello distribuiva l'acqua mettendola, aiutato da un imbuto che si era fatto portare da un autista da Derna, direttamente nelle borracce. Sembra un lavoro facile, ma provate a farlo davanti a trenta assetati pronti a linciarti se una goccia cade in terra! Qualche volta un pò di acqua rimaneva, specie se nel reparto era caduto o era stato ferito qualcuno. Era accuratamente controllata, messa in una tanica appositamente adibita a quella funzione e sistemata nella postazione di Toio dove poteva essere controllata, notte e giorno, da qualcuno. Nemmeno la cassaforte della Divisione era sottoposta ad un simile controllo. Un giorno di fine Agosto, con una canicola che spaccava i sassi, Sirio si avvicina  alla ridotta di Toio quando questo era solo. "Ciao, Toio". "Ciao Sirio". "Come te stà?. "Mi ben, e ti?." " Ah, una roba... Stago mal". " Cosa te ga?. ". " Un gropo qui. No me va ne su ne zo." "Fate visitar". " No se el caso. Basteria un fià (poca) de acqua." "Bevila". " La go finida".  Lunghissima pausa."Toio...". "Cosa te vol". No te podesi...". " Cosa?". " go qua el gavetin. Solo una schizeta (spruzzo) de acqua". " Te ga za avudo la tua razion"." La go finida e adeso stago mal"." Va a fartela dar in ospedal!". " Solo un ninin cusì. Un ongia". "Te sa che no poso". "Bon, questa no me la dimentico. Neanche amico te son!".  E così fu. Sirio dopo poco tempo fu ferito e perse quasi un occhio. Fu rimpatriato. Toio riuscì ad evitare la cattura ad El Alamein, si fece tutta la ritirata combatté valorosamente fino in Tunisia. Anche dalla Tunisia riuscì a scappare e rientrare in Patria. Si ritrovarono a Trieste a guerra finita. L'antica amicizia era intatta. Solo quando ricordava l'episodio Sirio si imbestialiva :" A mi, al suo miglior amico,no darghe l'acqua! Quasi morto iero, quasi morto!. E quel porco niente. Duro come un muss (asino). Nol ga voludo darme. E l'acqua la gaveva. El voleva vederme morto". Naturalmente le lamentele di Sirio rispondeva Toio :" A lui dovevo darghe l'acqua, a lui che iera mio amico. E ai altri niente. Ve par giusto?. E poi, se i saveva, i me gavesi copà (ammazzato)." La diatriba continuava fino a che si annegava nelle risate dei presenti.E quando nei convivi di paracadutisti l'atmosfera tendeva a calare di tono, c'era sempre qualcuno che diceva: "Sirio, contine quela dell'acqua".Ed i due si accapigliavano lanciandosi accuse ed offese tali che in ogni altro ambiente avrebbero scatenato querele e controquerele. Da tempo ormai Toio se ne é andato e c'e sempre qualcuno che dice:" Sirio, contine quela dell'acqua".Ma l'aneddoto, raccontato senza uno degli interlocutori, resta aneddoto e non acquista  teatralità.E neanche Sirio ha voglia , senza Toio, di lanciare minacce ed insulti che in altri tempi davano sale al racconto.


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