RACCONTO DI PRIGIONIA

CAP. 1 - GIUSTIFICAZIONE

C'era una volta...I racconti del nonno...Reminiscenze di storia...Fatti, nomi, persone, amici, ricordi che si accatastano, e a cui noi vecchi non sappiamo più dare una sequenza temporale, né a riuscire a stabilire una certa distinzione. Il problema é nostro, e tutti coloro che hanno la fortuna di diventare vecchi, lo devono prima o poi affrontare. Man mano che le nostre facoltà di giudizio si affievoliscono, siamo più propensi ad accollare ai giovani tutto ciò che di negativo succede in questo mondo. Noi cerchiamo di trasmettere ai giovani tutte o parte delle nostre esperienze. Se pensiamo di esserci comportati bene, riteniamo che i nostri esempi debbano diventare guida di vita per i giovani. Se non succede, ecco l'attrito, ecco il mugugno, ecco il non apprezzamento. Non è giusto. Bisogna tener conto degli immensi mutamenti che si sono verificati specialmente nell'ultimo secolo e che hanno stravolto il modo di gestire la vita. L'ultimo secolo ha visto nascere e fiorire il treno, l'automobile, l'aereo, il cinema, la radio, la televisione, il computer, l'energia atomica, e tutte le mutazioni relative a queste scoperte, ognuna delle quali avrebbe, da sola, potuto caratterizzare un secolo. Apprezzo ed ammiro i giovani. Non lo dico per accattivarmi attraverso la telematica, che è il loro regno, un pizzico di simpatia. Non sono d'accordo con quelli che dicono che i giovani siano privi di qualità morali ed intellettuali. Vivono la vita che noi abbiamo loro offerta, e della quale noi, generazioni precedenti, siamo i responsabili. Poiché il tema che sto per affrontare é la guerra o, meglio, una delle conseguenze della guerra, so che nulla e più lontano e più ostico per le nuove generazioni di questo tema di cui conoscono, attraverso films che con la guerra non hanno nulla a che fare, solo la parte eroica. Vorrei cercare di illustrare l'altra faccia della guerra, quella fatta di sporcizia, fame, sete, frustrazioni, non per piangerci sopra ed ottenere una pacca di consolazione, ma a puro titolo di conoscenza. I giovani, ed anche i meno giovani, dovrebbero rendersi però conto che la guerra non deve essere il pretesto per fare della politica. Le guerre coinvolgono tutti i credi politici. La ragione è infine di chi vince. In questo ultimo secolo, a causa di due guerre mondiali, ci sono stati quasi cento milioni di morti. L'età media 23 anni! E' una cifra ed una media spaventosa. A questa immane tragedia vaaggiunti i mutilati, i feriti, gli invalidi ed in certo qual modo anche i superstiti, che non hanno avuto possibilità di inserirsi in modo adeguato nella pace essendo al fronte a fare il proprio dovere o ritornando dopo anni dai campi di prigionia. Molti di questi residuati bellici sono ancora vivi. Ma non sono disponibili a soddisfare la rapacità dei media ne ad impinguare l'insaziabile sete di voti e di soldi dei politici. Quando due aviatori italiani furono catturati dagli iracheni durante il conflitto del golfo, sono corsi fiumi di inchiostro. Esistono migliaia di reduci di guerra feriti, mutilati, malridotti dall'età e dall'indigenza, e nessuno si cura di loro. Non per aiutarli, perché un ex combattente non chiede aiuto a nessuno, ma per soddisfare la curiosità e per sapere come si fa, il perché o come si può morire in guerra. Finito il panegirico e la dovuta ed inevitabile retorica, ora parlerò di me e del perché scrivo questi miei ricordi. Perché sono un vecchio brontolone, e perché di alcune conseguenze della guerra si può anche ridere. Il ché è molto più salutare. Sono stato fatto prigioniero dagli inglesi dopo la battaglia di El-Alamein, dove caddero circa settecento miei camerati. Mi limiterò a parlare della mia prigionia. Non so se sarò capace di farvi leggere tra le righe che tenteranno di essere gioiose, tutta la miseria, la disperazione, la fame che per quattro anni ci attanagliò. 

CAP. 2