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Pubblicato il 20/02/2023

20 FEBBRAIO 1909- NASCE IL MANIFESTO FUTURISTA DI TOMMASO MARINETTI

PARMA -iL 20 Febbraio del 1909 su Le Figaro compare il Manifesto Futurista pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti. Parte dall’Italia ma si diffonde rapidamente in d’Europa. Durante la Prima Guerra Mondiale prospera rapidamente a Milano, poi , dopo il 1918 sbarca a Roma e si carica di significati politici.
I NOMI CHE NE TRACCIARONO IL SUCCESSO E LA MODERNA CONCEZIONE DELLA VITA E DELL’ARTE
Umberto Boccioni , Giacomo Balla, Gino Severini, Fortunato Depero e Carlo Carrà: erano protagonisti del futurismo che rinnega il passato artistico e credono fortemente nel frenetico, dinamico e moderno presente.

L’ideale espresso nel Manifesto del Futurismo si realizza con diverse forme e in diversi ambiti. La pittura e la scultura non sono le sole protagoniste di questa rivoluzione, anche la letteratura è coinvolta, dove Marinetti presenta le ‘parole in libertà’ cioè parole lasciate sul foglio senza un legame sintattico-grammaticale.

Anche la fotografia trasforma il suo modo di comunicare, il regista Anton Giulio Bragaglia crea la tecnica del ‘fotodinamismo futurista’. Il futurismo accoglie tutto ciò che è moderno, dinamico, veloce e industriale. Questa nuova corrente è violenta, sia per il distacco che impone nei confronti delle convenzioni passate, sia per i temi rappresentati cioè macchine, manifestazioni e risse. Nel manifeto del Futurismo c’è anche un forte senso di patriottismo e di esaltazione della guerra, che poi porterà, nella seconda fase, alla nascita di un forte legame con la nuova ideologia fascista.


IL MANIFESTO

1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa, col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per indurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli! Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa; canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

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