OPINIONI

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Pubblicato il 24/10/2014

211 INDIVIDUI IN ITALIA SOTTO LA LENTE DEI SERVIZI ANTITERRORISMO .

sopra: via Jenner a Milano, il venerdì di un mese qualunque

SONO MOLTI GLI EPISODI DI TERRORISMO MESSI A TACERE DALLE NOSTRE POLIZIE

di Walter Amatobene

PARMA- Nel nostro paese sono 211 le persone sotto controllo dell’antiterrorismo; si tratta di soggetti ritenuti a rischio perchè vicini al terrore jihadista. Si muovono in autonomia, sulla base di iniziative individuali, proprio come ha fatto Zehaf-Bibeau a Ottawa. Una lista stilata dalle nostre forze di polizia ha individuato soggetti «radicalizzati» sull’intero territorio nazionale e che potrebbero compiere gesti solitari. Probabilmente l’elenco dovrà allungarsi.

Il fenomeno interessa sia nord che sud Italia, anche dove non sono presenti moschee e centri islamici che di solito sono punti per l’indottrinamento e il reclutamento. Di questa lista fanno parte convertiti italiani, immigrati di seconda generazione e anche i volontari della jihad che sono partiti o che potrebbero farlo, per andare a combattere in Siria e Iraq con i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi. Secondo gli analisti, poi, il numero delle persone sotto la lente d’ingrandimento potrebbe raddoppiare, se si considera coloro che frequentano. Secondo il modus operandi dell’intelligence britannica, infatti, per ogni jihadista «attenzionato» ci sono almeno altre 4 persone coinvolte. L’Italia, a differenza del Canada, non ha stilato invece un elenco di «viaggiatori a rischio» di cui faceva parte l’attentatore di Ottawa, Michael Zehaf-Bibeau, a cui ritirare il passaporto per evitare il fenomeno dei foreign fighters.

Dopo l’attacco terroristico al parlamento canadese, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha sottolineato come «contro la minaccia dell’Isis il livello di allerta in Italia è elevato. Approntate tutte le misure di sicurezza e il comitato di analisi strategica antiterrorismo». Oltre all’attività dei solitari, esiste un’altra realtà di matrice fondamentalista: le cellule dormienti ,evoluzione di quelle qaediste, che potrebbero attivarsi e decidere di abbracciare la causa jihadista dell’Isis, compiendo azioni in Occidente. Secondo una rozza statistica basata sul gigantesco numero di ingressi degli ultimi mesi, potrebbero esere diverse migliaia.

In Italia nel 2006 furono sventati due attacchi terroristi a Milano e Bologna, proprio progettati da cellule al tempo affiliate ad Al Qaeda. Nel 2009 a Milano Mohammed Game, ingegnere libico di 35 anni, si è fatto esplodere davanti all’ingresso della Santa Barbara imbottito con due chili di tritolo. L’uomo viveva da tempo nel capoluogo lombardo, con regolare permesso di soggiorno e sposato con una donna italiana. Prima di azionare il detonatore ha gridato: «Via dall’Afghanistan».Le pagine di cronaca italiana riportano altri episodi che hanno come protagonisti cellule jihadiste o “dormienti”. Nel 2004 Mostafa Chouki, marocchino di 35 anni, si è fatto esplodere all’interno della sua auto davanti a un McDonald’s.Gli inquirenti non hanno escluso che il suicidio fosse legato al fanatismo religioso di matrice islamica, proprio perche il fastfood americano è ritenuto dagli jihadisti il simbolo del consumismo Occidentale. L’episodio, inoltre, ricorda un altro suicidio sospetto accaduto l’anno prima a Modena. Al Khatib Muhammad, un palestinese con passaporto kuwatiano, si fece esplodere all’interno della propria auto nei pressi della sinagoga. Nel 2002, infine, i Carabinieri di Agrigento hanno arrestato il presunto responsabile degli attentati al Tempio della Concordia di Agrigento, avvenuto il 5 novembre 2001, e quello alla metropolitana di Milano del maggio 2002. L’uomo, con precedenti e originario di Favara, si era convertito all’Islam. Secondo gli investigatori, le sue azioni erano proprio da ricondurre alla conversione e al fanatismo religioso. VISTO IL LASSISMO DEGLI ANNI PRECEDENTE, oggi è difficile per le forze dell’ordine fare una stima precisa dei «lupi solitari» in quanto non interagiscono con l’organizzazione madre, ma sono in tutto e per tutto indipendenti.
In altre parole, tra garantismo e inefficienza, brancoliamo nel buio.

I servizi segreti inglesi e americani da tempo lanciano avvertimenti.

I terroristi «fai da te» possono essere i vicini della porta accanto: bombaroli che non si addestrano in Afghanistan ma nel garage di casa o che decidono di diventare «shahid» impugnando una mannaia. Si addestrano navigando via Internet nei siti jihadisti che riportano il manuale del perfetto «shahid». Hanno una istruzione media o medio-alta. Buon inserimento sociale. Nascondono dietro una vita assolutamente normale i folli progetti di cui si fanno esecutori. Sono gli aspiranti martiri della guerra santa del terrore. Sono i kamikaze della porta accanto. I terroristi della porta accanto sono parte integrante della Generazione Internet. Padroneggiano perfettamente lo strumento : un «cyber terrorista», ad esempio, usando un programma scaricato da Internet, può far esplodere una serie di bombe, ognuna delle quali è attivata da un cellulare. Condizione fondamentale: saper usare un computer.

Il magazine di Al Qaeda in Yemen «Inspire» nel 2010 mise online le istruzioni per realizzare bombe micidiali – il titolo del video è tutto un programma: «Fai la bomba nella cucina di tua mamma» – che da quel momento sono a disposizione di chiunque. Spiega Oliver Roy, tra i più autorevoli studiosi dell´Islam radicale armato: «I membri della rete si comportano spesso in netto contrasto con al logica di ogni vera clandestinità. Condividono alloggi e conti bancari, si fanno reciprocamente da testimoni di nozze, controfirmano il testamento di un compagno di lotta e così via. La compattezza viene dall’effetto di gruppo, non dalle tecniche dell´azione segreta». Cosi si forma il terrorista della porta accanto. Pronto a colpire. Ovunque.
Chissà se i nostri responsabili politici avrano tempo, tra un twitter e l’altro, di proteggerci

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