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Pubblicato il 23/12/2014

31 DICEMBRE 2014: CAMBIA LA MISSIONE AFGANISTAN DELLA NATO

Si concluderà il 31 dicembre la missione di combattimento Isaf della Nato. Dal primo gennaio verrà sostituita da “Resolute Support”, il cui obiettivo è addestrare, assistere e consigliare le forze di sicurezza afghane.

I soldati stranieri dispiegati in Afghanistan saranno circa 13.000, di cui 10.800 statunitensi, mille in più rispetto a quanto annunciato nel maggio 2014 dal presidente Barack Obama.

Il governo italiano è stato tra i primi a garantire la partecipazione alla nuova missione, con 800 soldati circa. All’Italia spetterà la gestione del “Train Advise Assist Command” di Herat, nella zona occidentale del Paese, alla Germania quella settentrionale, alla Turchia l’area di Kabul. Contribuiranno tra gli altri anche il Regno Unito, la Bulgaria, la Repubblica Ceca, la Lituania.

Per consentire la presenza dei soldati stranieri oltre la fine del 2014, il neopresidente Ashraf Ghani, in carica dal 29 settembre, ha affrettato la firma dello Status of Forces Agreement con la Nato e del Security and Defence Cooperation Agreement con gli Stati Uniti. Al vertice della Nato che si è tenuto il 4 settembre in Galles, i paesi membri hanno ribadito l’impegno a coprire i costi delle forze di sicurezza afghane (350.000 uomini circa tra polizia, esercito, servizi segreti, polizia locale), con 5 miliardi di dollari annui.

Il governo afghano continua a essere dipendente dall’aiuto esterno. L’Afghanistan è tra i primi Paesi al mondo per assistenza ricevuta: dal 2002 al 2012 «il Paese ha ricevuto 50.7 miliardi di dollari in aiuti allo sviluppo istituzionali, inclusi 6.7miliardi per l’assistenza umanitaria».

Una cifra alta, ma irrisoria rispetto a quella sostenuta dalla comunità internazionale per gli eserciti occidentali: 130 miliardi di dollari solo nel 2012. Il parziale ritiro dei soldati stranieri ha già profondamente influito sull’economia locale e sugli impegni futuri dei donatori. Nel luglio 2012, alla Conferenza di Tokyo, i Paesi donatori si erano impegnati per 16 miliardi di dollari fino alla fine del 2015. Alla Conferenza di Londra sull’Afghanistan del 4 dicembre scorso, non c’è stato alcun impegno ulteriore. Il presidente Ashraf Ghani, già ministro delle Finanze e alto funzionario della Banca mondiale, si è guadagnato l’elezione con la promessa di riformare il Paese e renderlo economicamente autonomo. Per ora, è ancora alle prese con la formazione del gabinetto per il governo di unità nazionale imposto dal segretario di Stato Usa John Kerry per uscire dall’impasse post-elettorale che divideva Ashraf Ghani e il suo sfidante, Abdullah Abdullah, ora Chief of Executive del nuovo governo. Nelle ultime settimane i talebani hanno incrementato gli attacchi contro le forze di sicurezza locali e gli obiettivi internazionali. Per loro, la guerra continua fino a quando «l’ultimo soldato straniero non avrà lasciato l’Afghanistan».

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