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Pubblicato il 02/03/2016

5 MEDAGLIE AL VALORE AD UN EQUIPAGGIO AVES DI CH47 A SUPPORTO DI INCURSORI ITALIANI

PARMA- Vogliamo raccontarVi oggi di 5 onorificenze concesse ad altrettanti “baschi azzurri” della AVES, la aviazione dell’esercito, che svolge un ruolo-chiave in molte missioni delle Forze Armate italiane e che -talvolta- è “dimenticata” dalla stampa:

Il 5 gennaio del 2014, un CH47 Chinook nero, con plancia corazzata sbarca due distaccamenti di incursori italiani e afghani per una missione . La infiltrazione era attesa dai talebani che organizzarono una imboscata. Probabilmente qualche soldato afgano aveva parlato troppo.
«Colpi di arma da fuoco – dice il comunicato della difesa – sono stati sparati contro un elicottero della task-force “Fenice” in fase di atterraggio a 30 chilometri a sud di Shindand, in un’operazione a supporto delle forze di sicurezza afghane. Nessun militare italiano è rimasto ferito».
A bordo, l’equipaggio AVES ha svolto egregiamente e coraggiosamente il suo ruolo. Come diceva il colonnello Centritto, quando lo incontrammo a Herat da comandante di quella Task Force: “il nostro compito è di non lasciare a terra nessun soldato, a qualunque costo. Dobbiamo proteggerli e recuperarli.”
Così è stato anche questa volta, mentre gli incursori erano bersagliati da forte fuoco nemico.

DICEMBRE 2015: 5 MEDAGLIE D’ORO AL VALORE DELL’ESERCITO med_valore_esercito_oro


Il tenente colonnello Raffaele Aruanno, già Ufficiale della Folgore ( 186mo Regimento) , comandante pilota, «bersagliato da violento fuoco nemico, con coraggio, lucidissima determinazione e a rischio della propria vita, si accertava in prima persona che nessuno dei militari sbarcati rimanesse sul terreno e manovrava il proprio elicottero, gravemente danneggiato, consentendo l’evacuazione dei feriti a bordo».

Il capitano Paolo Giangregorio, co-pilota, «con mirabile lucidità e sangue freddo, manteneva il controllo dell’aeromobile e, avuto conferma del recupero di tutto il personale già a terra, sprezzante del pericolo, iniziava la manovra di decollo, consentendo con il proprio ardito operato l’immediata evacuazione dei feriti a bordo».

Il sergente Alessio Carducci, tecnico operatore di bordo, «incurante dei proiettili che lo avevano appena lambito e di una copiosa e pericolosa perdita di olio idraulico che lo investiva in pieno sulla rampa, si esponeva a manifesto rischio della propria vita, trascinando fisicamente all’interno dell’elicottero i propri commilitoni».

Il caporalmaggiore Antonio Garzia, mitragliere di bordo, «con coraggio e chiaro sprezzo del pericolo, forniva fuoco di copertura a protezione del lato sinistro del velivolo, mantenendo audacemente la posizione. Esperto militare, esponendosi con il proprio temerario operato a manifesto rischio della vita, assicurava il reimbarco del personale dispiegato sul terreno».

Il primo caporalmaggiore Simone Sernacchioli, secondo mitragliere di bordo, «sebbene investito da un ingente quantità di olio idraulico fuoriuscito da una tubazione danneggiata dai numerosi proiettili che avevano centrato l’aeromobile, con estremo coraggio e consapevole sprezzo del pericolo, rispondeva efficacemente al fuoco, contribuendo in maniera determinante alle operazioni di reimbarco del personale».

Se l’elicottero non fosse riuscito a riprendere il volo grazie alla perizia dei piloti, ma soprattutto se i mitraglieri di bordo non avessero sviluppato un fortissimo fuoco di copertura e se il colonnello Aruanno e il sergente Carducci, pur inondati dall’olio idraulico che usciva dai tubi, a rischio di finire bruciati vivi, non fossero rimasti sulla rampa posteriore a tirare dentro di forza gli uomini feriti, oggi avremmo avuto un bilancio di perdite umane assai pesante.

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