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Pubblicato il 01/07/2018

2 LUGLIO 1993 – LA FOLGORE SOTTO ATTACCO

2 LUGLIO 1993 – LA FOLGORE SOTTO ATTACCO

Autore: articolo scritto con la preziosa collaborazione del Tcol Ratti Emilio e del Mar.Ca.MONTI
Operazione “Canguro 11”



Il 2 luglio 1993 le unità della “Folgore” per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale parteciparono agli scontri a fuoco del check point “Pasta”.
In particolare la mattina del 2 iniziò l’Operazione “Canguro 11” che prevedeva un rastrellamento nel quartiere di Heliiwa posto alla periferia nord-est di Mogadiscio.
Si sospettava la presenza di miliziani somali e ingenti quantitativi di armi.

Alle ore 0500 i reparti occupavano le basi di partenza e successivamente prendevano la loro posizione nel dispositivo.

Inizialmenta veniva effettuata la cinturazione del quartiere da parte del raggruppamento Alfa costituito su base 185° reggimento artiglieria “Folgore”.


Alle ore 0600 circa i reparti responsabili dell’attività di rastrellamento superavano la linea di partenza controllando le singole case, i depositi di materiali, i vicoli del quartiere.
Già dalle prime battute venivano requisite molte armi e munizioni e tale fatto scatenava l’ira dei miliziani somali che reagirono.
Inizialmente aizzando la folla e subito dopo attacando con azioni di cecchinaggio i singoli militari.

Immediatamente il comando italiano al fine di non inasprire la situazione e per evitare inutili rischi alla popolazione del quartiere interrompeva l’Operazione e dava ordine ai reparti di ripiegare e rientrare agli accampamenti.

Durante questa delicata fase la popolazione si scagliava contro i paracadutisti con fitte sassaiole e, nel contempo, offriva protezione ai miliziani che effettuavano azioni di fuoco improvvise e mirate.


In questa prima fase cadeva il Sergente Maggiore PAOLICCHI del 9° rgt. Col Moschin decorato poi di medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Quando ormai i reparti avevano terminato il ripiegamento, i miliziani si spostavano dal quartiere di Heliiwa all’incrocio fra la via Imperiale e la via XXVIII ottobre ,dove era ubicato il check point “Pasta” e attaccavano i paracadutisti di presidio.
Gli stessi, essendo in numero limitato, chiedevano rinforzo e il Comando del Contingente inviava un complesso meccanizzato composto da paracadutisti della 15^ cp. del 186° “Folgore”, della 12^ cp. del 183° “Nembo” e da Lancieri dell’ 8° rgt “Montebello”.


COSA SUCCESSE A BORDO DEL VCC DEL PAR.BACCARO

La squadra del Serg.Magg Monti, impegnata dal mattino nel rastrellamento, mentre ritornava alla base seguendo gli ordini del Comando, incrociò i mezzi diretti verso il Check Point Pasta.

Monti chiese ed ottenne di salire a bordo del VCC insieme ai suoi uomini,nessuno dei quali rifiutò di partecipare all’operazione.

Tra questi il par.ZANIOLO,fuciliere assaltatore del 183mo , compagnia Leopardi, che rimarrà gravemente ferito gravemente ad una mano .

Secondo Mitragliere del VCC , il Paracadutista Baccaro.

Monti si sedette a ridosso del portello, intravedendo il corpo di Baccaro sopra di sè , posizionato in torretta.

Non conosceva nessuno in quell VCC, tranne i suoi ragazzi.

La colonna,appena arrivata in prossimità del chek point,fu immediatamente bersagliata da intensi attacchi a fuoco dei miliziani che sparavano sia con armi automatiche che con armi controcarro :i temibili RPG.

Uno di questi colpì il VCC 1 della 15^ cp.,infilandosi tra la blindatura appoggiata sulla carrozzeria, ed il corpo macchina.Pur non esplodendo completamente ,nella sua traiettoia colpì,ferendolo a morte, il cle BACCARO (medaglia d’oro al valor militare alla memoria).


Ci racconta il Mar.Monti:

“quando il cingolato si fermò iniziammo immediatamente a sentire i colpi arrivare numerosi. Per esperienza sapevo che un cingolato fermo pieno di uomini era una trappola mortale.
Per questo urlai verso il pilota del mezzo di aprire il portellone e farci uscire.La mia squadra, che avevo con me da oltre sette mesi al 183mo, avrebbe saputo cosa fare.L’avevamo ripetuto centinaia di volte in esercitazione.I miei ragazzi apparivano tranquilli e sapevo che uscendo avrebbero eseguito la procedura senza esitazioni.

L’atmosfera iniziava a diventare pesante. Si avvertiva il pericolo imminente, poi,d’improvviso un boato, fumo, le urla dei miei ragazzi. Il corpo di Baccaro,sopra di me, che si affloscia.La sua gamba quasi staccata dal corpo.Il sangue inizia a macchiare copiosamente la mia mimetica.
Un dolore sordo al ventre: mi guardo e vedo il mio intestino.Una scheggia mi aveva asportato la parete muscolare , mi hanno detto in seguito all’ospedale,procurandomi un taglio di 20 cmt x 30.

Spingendo con la mano sulla pancia, urlai immediatamente “TUTTI FUORI!!!” azionando il comando manuale del portellone, e trascinandomi dietro afferrandolo per un braccio il paracadutista seduto di fianco a me.Lui fece lo stesso con il suo vicino,ed in pochi secondi eravamo fuori.
Il fuoco dei miliziani letteralmente grandinava sopra il cingolato.
Se non fossimo usciti in pochi secondi saremmo morti tutti.Il secondo”rpg” era probabilmente già pronto.

I miei ragazzi uscirono e si disposero a difesa.Stranamente non avvertivo alcun dolore, e rimasi lucido.Ci appoggiammo all’angolo di una casa ,io fui aiutato dal serg BOCCINI,che mi trascinò per le ascelle, dopo che mi ero tolto quello che rimaneva del mio giubbotto antischegge..Avevo Baccaro con la sua testa sulle mie gambe.Gli tenevo la fronte e lo rassicuravo.
Intorno a noi vedevo e sentivo i Paracadutisti che si difendevano.

Il pilota del VCC tenne in moto il cingolato…
Baccaro lentamente perdeva la vita. La sua fronte diventava sempre più fredda.


Intravidi il ten Paglia che si schierò a difesa dei feriti, ingaggiando uno scontro a fuoco furibondo, ed incitando i suoi a coprirsi e ragire.

Zaniolo, con le dita amputate dal dardo che aveva colpito anche Baccaro ,senza un lamento , si appoggiò al muro della casa, con l’arma in mano.

Non potendo sperare nei soccorsi,bloccati lontano da noi, Paglia decise di utilizzare lo stesso cingolato per evacuare la squadra con i feriti….

Mi rialzai,aiutato da Paracadutisti a mia difesa, e mi stesi nel cingolato che era rimasto in moto con il pilota a bordo.Il povero Baccaro di fianco a me.

Durante il viaggio verso l’Ambasciata,protetto dal Capitano Ratti,intervenuto velocemente con un ARIETE, Baccaro mi disse “Ho sete”. Giunti al riparo il Medico,parlando con un infermiere disse di Baccaro: ” Non c’è più.Se n’è andato”:
“””

Continua la cronaca di qualla maledetta mattina: All’interno del VCC si trovavano il Serg. Magg. MONTI con i caporali VICENZETTO, ZIVILLICA e ZANIOLO tutti seriamente feriti.

MONTI colpito da una nuvola di schegge subìva l’asportazione di un consistente lembo muscolare dell’addome, ZANIOLO subiva l’amputazione di tre dita della mano.

Dopo il rimpatrio ed il ricovero all’Ospedale Militare del Celio hanno subìto importanti interventi chirurgici.Un lungo calvario per il serg.magg MONTI,ora Maresciallo Capo in servizio al 183mo Nembo decorato con Medaglia d’Argento al V.M., che non è ancora terminato: sta ancora sopportando interventi chirurgici per l’asportazione delle ultime schegge.

I Paracadutisti VICENZETTO e ZIVILLICA,la cui foto ha fatto il giro del mondo caricati sullo scafo della Blindo Centauro del Sottotenente TIROLO attraversavano la zona degli scontri, oltrepassavano le ostruzioni stradali realizzate dai somali e giungevano sani e salvi alla base del 185° rgt. Artiglieria.
Un fotoreporter dell’Associated Press fotografava quella blindo nel momento in cui idue caporali feriti, sdariati sullo scafo, e il Capitano RATTI di fianco alla torretta giungevano al check point “FERRO” e il giorno successivo, la scena era immortalata sulle prime pagine di tutti i giornali .


Ecco il il racconto del Tcol Ratti:

Salii sullo scafo del centauro, imbracciando l’arma.
Non riuscivo a valutare la gravità dei feriti se non dalla enorme chiazza di sangue che sporcava la mimetica ed il blindato.Ordinai pertanto di mettere in movimento immediatamente il blindo ed esfiltrare senza indugi verso l’Ambasciata ITALIANA.
Una timida reazione del Capo Carro fu superata da un mio ordine ancora più perentorio .La situazione poteva ulteriormente degenerare, ed i ragazzi all’esterno rischiavano di venire colpiti dai miliziani ormai inferociti.
Il carro si mise in movimento.Il conduttore,sporgendosi dalla torretta mi guardò senza parlare, indicandomi con gli occhi una barriera apparentemente invalicabile. Gli risposi con il mio sguardo,senza parlare. Lui capì che non avrei accettato un fermo del mezzo oppure una inversione ed accellerando travolse il mucchio di masserizie,rottami di auto,bidoni , oggetti in ferro di ogni tipo, permettendoci di raggiungere una zona sicura
Consegnai i feriti.
Nonostante l’invito dei miei superiori di rimanere al comando per coordinare le operazioni dei miei uomini, decisi di sfruttare la disponibilità del Centauro per ritornare al CHECK POINT PASTA.
Appena arrivato vidi subito una scena terribile: i feriti appoggiati in un angolo, il VCC con il corpo del Ten Paglia sdraiato e sanguinante.Sangue dappertutto a fiumi.Gianfranco era silenzioso e cosciente.Il sangue non scorreva più.Per un drammatico effetto i colpi indandescenti che riducono a brandelli la carne, contemporaneamente cauterizzano la ferita con il loro calore.Questo era successo a molti, compreso Gianfranco.

Fu un turbinìo di manovre brusche,spari,ordini urlati ,mentre ci occupavamo di caricare tutti i feriti sul VCC. In ospedale il medico,osservando le ferite di Gianfranco scosse la testa guardandomi. Un foro di entrata all’altezza della spalla lasciava temere il peggio.
In quei momenti penso di avere ben compreso il significato della parola “cameratismo”.
Ognuno di noi stava operando come parte di una “organismo” fatto di amici,commilitoni,colleghi,Comandanti, ed ognuno stava dando il “suo massimo”.Ognuno sentiva che “doveva” fare,reagire,collaborare,aiutare i propri uomini. Una sensazione di serenità mista ad agitazione. Chi è stato in zona di combattimento me lo potrà confermare.”


Ed ancora la cronaca incalza: Intanto nell’opera di soccorso si distingueva il Sottotenente MILLEVOI dell’ 8 rgt. Lancieri di Montebello che con la sua blindo “Centauro”, nel generoso tentativo di scortare un mezzo che trasportava militari feriti, veniva colpito a morte dal fuoco dei cecchini. Il giovane ufficiale era giunto in Somalia solo pochi giorni prima.
Verso le ore 1030 il combattimento continuava incessante, il Colonello TORELLI comandante del “NEMBO” e presente a “PASTA” coordinava il fuoco dei suoi reparti e quando la situazione fu critica richiese l’intervento dei distaccamenti del 9° rgt. Col MOschin. Questi giunsero assieme ad alcuni carri M 60 della compagnia carri dell’Ariete.
Anche gli elicotteri dell’ALE parteciparono all’azione sia come basi di fuoco mobile sia come vettori per lo sgombero dei feriti.

oNnostante i paracadutisti continuassero ad effettuare azioni di fuoco con l’intento di sopprimere quelle avversarie, i miliziani che venivano immessi nel combattimento aumentavano di ora in ora tanto che l’impiego degli incursori e dei carristi si rendeva particolarmente utile nella fase di abbandono delle posizioni avvenuta all’incirca alle ore 1300, sotto il costante fuoco dei somali.


Quando tutti i paracadutisti, i carristi e i lancieri arrivarono alle rispettive basi mancavano all’appello 3 uomini: il Sottotenente MILLEVOI, il Serg. Magg. PAOLICCHI, il CLe BACCARO.
Altri 30 erano ricoverati con ferite di varia gravità .
Il loro sacrificio e il loro impegno saranno ricordati per sempre.

Riprende il Tcol Ratti: Oggi, con i doverosi distinguo, si può asserire che a “Pasta” , cosi come quarant’anni prima a El Alamein, i paracadutisti della “Folgore”, i carristi dell’Ariete e gli equipaggi di Cavalleria hanno onorato, con il loro comportamento, il tricolore e l’Esercito Italiano tutto.

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