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Pubblicato il 14/06/2015

A SALO’ UN MUSEO SULLA STORIA DELLA RSI

TRICOLORE.DANNUNZIO

PARMA- A Salò è stato aperto il museo storico che parla dei 600 giorni della RSI e, più in generale, della storia della citttadina sul Lago di Garda. Si chiama MuSa e si trova nell’ex convento di Santa Giustina. Tra le operere ed i reperti, c’è anche la storia del “doppo 8 settembre” raccontata da un combattente RSI e da un partigiano. Ecco cosa scrive oggi “LA REPUBBLICA”

LA REPUBBLICA del 14 Giugno 2015
Il video è lo stesso ma l’audio cambia il pubblico sceglie se ascoltare il partigiano o il fascista. Così si rievocano i 600 giorni della Rsi

Il rosso

CRISTIANA CAMPANINI

IL ROSSO e il nero, due fratelli e due storie. Il video proietta una sola scena ma due pulsanti invitano a scegliere la voce fuori campo, come in un dramma interattivo. La prima è quella del partigiano. La seconda, è quella del repubblichino, o milite della Repubblica sociale italiana come recita l’allestimento multimediale del primo museo dedicato a quei tragici 600 giorni di Salò, sezione del neonato museo cittadino, il Mu-Sa (acronimo un po’ inflazionato). Si vuole immedesimare il visitatore nel dramma individuale di quella scelta lacerante, all’alba dell’armistizio, l’8 settembre 1943. Il video, che fa da prologo, mostra due fratelli di fronte al loro destino: uno stringe un volantino dei partigiani, l’altro la cartolina precetto, che lo chiama alle armi per continuare a combattere al fianco dei tedeschi. Lì accanto, un pannello dà cenni di contesto con i luoghi della Rsi: dall’eleganza liberty dell’Albergo Laurin, sede del Ministero degli esteri, alle scuole dove gli impiegati dell’Agenzia di stampa Stefani battevano le veline fino alla casa di Mussolini, Villa Feltrinelli, a Gargnano (oggi luxury hotel di un oligarca russo, che in queste ore ospita Putin in visita a Expo).
«La storia dei grandi eventi ha anche un’inflessione umana: ricordi, emozioni, rumori. Per questo abbiamo scelto un registro più intimo, evocativo, ma senza cimeli. Una volta esposti, sarebbero diventati monumenti », spiega il curatore Roberto Chiarini, storico da 12 anni alla guida del salodiano Centro studi Rsi che ha raccolto 7.000 volumi e oltre 120 interviste ai suoi protagonisti. Così nasce questo museo senza oggetti, né didascalico né espositivo, basato su uno story telling che intreccia elementi di fiction e di storia reale. Protagonista è una famiglia spezzata, metafora di un paese in guerra civile, tra bombardamenti e privazioni (dai razionamenti delle carte annonarie, le “tessere della fame”, ai surrogati, come l’astragalo al posto del caffè). E i quattro video interattivi, ciascuno con due tracce audio, sfiorano così frammenti di vita quotidiana, i bombardamenti, la violenza fratricida e i rastrellamenti, fino alla capitolazione di Mussolini con un rarissimo fotogramma che mostra il Duce in fuga verso Dongo su un camion tedesco. Qui le due voci commentano: “Finisce l’Italia” oppure “Ora la ricostruiamo”.
«La tesi provocatoria del museo sta tutta in quella scelta. I giovani non avevano altri orizzonti oltre il fascismo», sostiene Chiarini. «L’antifascismo è maturato nel vivo dell’esperienza, solo dopo i massicci bombardamenti». Intrigante elemento di lettura è anche il contatore che dirà quale pulsante sarà il più frequentato dai visitatori. «Noi ci auguriamo che li selezionino entrambi», spiega il direttore del Mu.Sa, lo storico toscano Giordano Bruno Guerri, che ha ormai messo le radici sul lago. Alla guida del Vittoriale dal 2008, immagina future sinergie tra le istituzioni (per ora a fare da ponte solo una mostra temporanea di 60 dipinti di Ernesto Tatafiore, divisa tra Vittoriale e MuSa, omaggio a Van Gogh dalle criptiche relazioni con i contenuti del museo).
Il percorso museale spazia dalla scultura medievale alla liuteria. Vasto ed eterogeneo, ma elegante, ricavato nel complesso conventuale di Santa Giustina e tradotto in un allestimento arioso, firmato dall’architetto Giovanni Tortelli (il tono blu lago fa pendant con il golfo che si mostra dai finestroni). Oltre alla Rsi, le altre sezioni raccolgono la storia della città, dall’età veneta, in cui è stata una piccola capitale (1426-1798); per raccontare alcuni cittadini illustri come Gasparo da Salò (1540-1609), ritenuto l’inventore del violino con buona pace dei cremonesi; o come l’avventuroso anatomista e mummi-ficatore Giovan Battista Rini (1795-1856).
©RIPRODUZIONE RISERVATA SCHIACCIA IL PULSANTE E DECIDI La sala dove proiettato il video di fiction che racconta la storia di due fratelli, uno partigiano e uno repubblichino. A destra i pulsanti per la scelta dell’audio MUSA IN CONVENTO Il MuSa, nuovo museo di Salò, nell’ex convento di Santa Giustina

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