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Pubblicato il 24/06/2022

ALPINI- CONDANNATO IL SERGENTE CHE AVEVA OFFESO UN SUPERIORE DI ORIGINI MAROCCHINE

La Cassazione ha condannato un sottoufficiale di stanza a Belluno, a un anno e tre mesi di reclusione militare per il reato di diffamazione continuata,ai danni del capitano Karim Akalay Bensellam ( foto in alto, ndr),di padre marocchino,con l’aggravante «dell’avere commesso il fatto per finalità di discriminazione, di odio etnico, nazionale e razziale». Viene confermata la sentenza della Corte militare d’Appello di Roma, che nel gennaio 2021 aveva stabilito la stessa condanna nei confronti di C.L.M, 47enne sergente maggiore originario di Canicattì (Agrigento) ed effettivo al Settimo Reggimento Alpini. L’unica concessione fatta dalla Suprema Corte, riguarda la possibilità che ora i giudici possano rivalutare l’opportunità di concedergli la sospensione condizionale della pena.

Karim Akalay Bensellam ha frequentato l’accademia di Modena ed è stato destinato a Belluno.Il Maggiore Bensellam ha svolto anche varie missioni all’estero, soprattutto in Afghanistan dove veniva utilizzato come uomo di contatto con la popolazione locale.

Ddalla fine del 2014 alla prima metà del 2017 tra Lo Manto e il suo superiore non correva buon sangue. C’erano state delle zuffe e Bensellam era finito sotto processo con l’accusa di aver aggredito il sergente: la vicenda si era chiusa con un proscioglimento per «particolare tenuità del fatto». Eppure era stata proprio quella prima sentenza a innescare l’indagine per razzismo. Perché alcuni colleghi avevano rivelato gli insulti che Lo Manto era solito rivolgere al capitano,a sua insaputa.

Stando all’accusa, «durante le cerimonie dell’alzabandiera e durante gli addestramenti, alla presenza di numerosi militari» il sergente aveva «offeso la reputazione del capitano Bensellam» con frasi come: «Sto marocchino di m. gliela farò pagare in un modo o nell’altro», «Sto marocchino non è degno di stare nell’esercito italiano», «Ha rubato un posto in Accademia a un italiano», «È un meschino»… Il sergente maggiore ha sempre negato ogni responsabilità, sostenendo di avere le prove della propria innocenza nonostante quattro testimonianze a suo sfavore.

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