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Pubblicato il 12/09/2014

CONOSCIAMO MEGLIO IL SACRARIO DI REDIPUGLIA


PARMA- Il Papa al Sacrario di Redipuglia. Ma qual è la storia di questo monumento? Nel Centenario della Prima guerra mondiale anche l’imponente scalinata (il più grande monumento funerario d’Italia) va osservato attualizzandone i significati. L’impatto, di profonda emotività, che suscita questa montagna di pietra del Carso tocca sentimenti di pietà e dolore che nulla hanno a che fare con le motivazioni per le quali venne costruito nel 1938. Quello di Redipuglia fu l’ultimo voluto dal regime fascista per completare la manipolazione retorica della Grande guerra cominciata subito dopo la marcia su Roma del 1922. Il senso dei sacrari non doveva essere quello della presa di coscienza di un olocausto, di un sacrificio immane quanto inutile di giovani vite, ma il propellente per l’esaltazione e la glorificazione della nazione vittoriosa.

Il Sacrario di Redipuglia è adagiato su una delle pendici del monte Sei Busi, conquistato per la prima volta dal Regio esercito italiano nella Seconda battaglia dell’Isonzo (luglio 1915). L’accesso al cimitero è enfatizzato da una grossa catena appartenuta alla torpediniera Grado. L’ampio piazzale ospita al centro la Via Eroica, delimitata da due fila di lastroni di bronzo per ciascun lato che ricordano le località dove più tragiche furono le battaglie. Ai piedi dei 22 gradoni sono poste le cripte dei generali della Terza armata; al centro vi è quella del comandante Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta. Sui gradoni, che portano a un’altezza di circa 50 metri, le scritte “Presente” indicano i quarantamila caduti noti. Sulla sommità c’è la cappella votiva ai cui lati due enormi tombe comuni custodiscono le spoglie di trentamila ignoti.

Sul retro della cappella c’è un museo e nella radura antistante l’ingresso si erge l’osservatorio dal quale si dominano i campi di battaglia benché le chiome degli alberi limitino di molto la visuale.

Il Sacrario fu progettato dall’architetto Giovanni Greppi e dallo scultore Giannino Castiglioni per ospitare le trentamila salme custodite sul dirimpettaio Colle di Sant’Elia, ora trasformato in Parco della Rimembranza.

Il cimitero di guerra del Colle Sant’Elia fu aperto nel 1920 non solo per motivi patriottici. C’era la necessità di bonificare il Carso dai tanti resti umani e di traslare le salme sepolte nella miriade di piccoli cimiteri dislocati nei centri carsici. L’ex cimitero richiama alle trincee: furono scavati 22 chilometri di gallerie in cerchi concentrici verso la sommità del colle posta a 48 metri. Per scavare le fosse furono utilizzate 21mila mine. Ai piedi del colle c’è la palazzina della sede del Sacrario con annesso museo dedicato al fronte dell’Isonzo. Il silenzio e la riflessione del visitatore sono le condizioni minime per onorare le migliaia di giovani vite spezzate dalla guerra.

Il Sacrario di Redipuglia contiene le spoglie dei militari italiani caduti sul fronte dell’Isonzo di pertinenza della Terza armata, che andava dal golfo di Panzano, dalle pendici del monte Hermada (mai conquistato dagli italiani) al monte Sabotino che si trova alle spalle di Gorizia.

Nell’Ossario di Oslavia invece riposano i caduti della Seconda armata, competente dal Sabotino a Caporetto dove il 24 ottobre del 1917 maturò quella che per gli italiani è la “disfatta” e che per austriaci e sloveni continua ad essere il “miracolo”. Così si legge, ad esempio, nelle guide fresche di stampa ed editate in più lingue in vendita al museo di Caporetto.

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