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Pubblicato il 16/08/2014

CORSI E RICORSI STORICI- IL 16 AGOSTO 1620 I TURCHI MUSULMANI SBARCARONO IN PUGLIA E LA MISERO A FERRO E FUOCO



ACCADDE IL 16 AGOSTO DI 394 ANNI FA

Tiziano Samele

Il 16 agosto del 1620, Manfredonia fu attaccata da circa 56 galee turche. I Turchi giunsero in città e misero a ferro e fuoco ogni cosa incontravano. Il saccheggio, le uccisioni e le devastazioni furono ‘terribili’. Furono saccheggiate chiese, rubate opere d’arte, violato e disperso il corpo di San Lorenzo Maiorano, bruciati e distrutti diversi documenti cittadini. Senza distinzione furono uccisi tutti coloro che i Turchi incontravano: donne, bambini, anziani, malati. I più validi vennero trattenuti per essere venduti come schiavi. Le case dei più ricchi venivano saccheggiate, mentre quelle dei poveri
incendiate.

Ma la violenza più atroce fu perpetrata ai danni di chiese e conventi.

Il 17 Agosto fu sferrato l’attacco decisivo al Castello, difeso dal governatore Carafa. La resa fu inevitabile. La fortezza fu consegnata a Pascià Alì, capo della flotta turca che, all’alba del 19 Agosto, levò le ancore, salpando con un ingente bottino. L’episodio è narrato dal Sarnelli e dai cronisti dell’epoca.

Nel monastero delle Clarisse fu rapita la piccola Giacoma Beccarini, orfana di madre e figlia di un alto ufficiale dell’esercito spagnolo. Condotta a Costantinopoli, nell’harem di Topkaki, diverrà la favorita del sultano Ibrahim.

Ventiquattro anni dopo, mentre si recava con il figlio Osman in pellegrinaggio alla Mecca, fu presa prigioniera dai Cavalieri di Malta. Non volle rinnegare l’Islam.

GLI ALTRI SBARCHI DEI TURCHI SUI LITORALI DEL GARGANO
Nel 1600 e nel secolo successivo le incursioni saracene interessarono tutto il Gargano. La Cronica di Giuseppe Pisani, relativa all’ultimo scorcio del Seicento, ci fornisce una drammatica visione dei lidi e delle campagne invase dai Saraceni. Tra i vari episodi, ne citiamo alcuni. 5 luglio 1672 = Più di duecento turchi sbarcarono nella chianca di Marino (Vieste), venuti con tre grandi fuste; fecero schiavi due uomini e una ragazza. «Fu grazia di Dio non farne gran numero – commenta il Pisani – stante la maggior parte metendo li campi et il sbarco fu a due hore dopo fatto giorno» . 16 maggio 1673 = Sul «giale (spiaggia; ndr) di Mileto» alle prime ore dell’alba, era ancora buio, sbarcarono più di trecento turchi da «sei fuste dulcignane». Con bandiere e tamburi entrarono in Sannicandro Garganico. Erano guidati da rinnegati. Fecero schiavi diversi torrieri, sentinelle, «ma anco il sopracavallaro», il quale l’anno precedente era stato già sequestrato al ponte di Varano e riscattato con 115 zecchini. 25 luglio 1675 = Tre fuste di Turchi approdarono vicino alla grotta del Duca, presso Vieste. Diversi cittadini armati, usciti dalla città, combatterono “con la maggior parte di gente di detta compagnia”. A un cittadino originario di Lecce, che si era “accasato in Vesti”, i turchi mozzarono la testa e se la portarono via come macabro trofeo; fecero inoltre 22 prigionieri. 26 giugno 1677 = Alle prime luci dell’alba, «giunsero due fuste turchesche di S. Maura et sbarcarono dalla parte di dietro della Chianca di Marino, fra li confini di Vesti et Peschici, et girarono il piano grande, anco da sopra l’Acqua viva, il piano piccolo, il Morello et li Mezzani et girarono di sopra il monte S. Paulo et s’andarono ad imbarcare nella detta Chianca, con portare quattordeci persone Christiane: dieci homini et quattro donne». Questo sbarco fu clamoroso: mai i Turchi si erano così addentrati nel territorio. Il Pisani riferisce che furono guidati da “rinnegati nativi del Regno” e che, in fondo, il “bottino” fu minimo, da suscitare “gran meraviglia”: i turchi avrebbero potuto senz’altro fare più prigionieri, «perchè v’erano in detti luochi quattrocento persone senz’armi et non furono pigliati più delli sopradetti» . Nelle fuste vi erano dei “renegati nativi del Regno”. 4 settembre 1680 = Verso l’alba, nel tratto di costa tra Peschici e Vieste, sbarcarono 160 Turchi. Si recarono nella chiesa della Pietà, delle Grazie e del Carmine di Vieste, dove ruppero candelieri, carte di gloria, lampade, arredi d’altare e il SS.mo Crocifisso grande. I predoni si diedero al saccheggio e alle solite ruberie: fecero schiavi sei contadini, ammazzarono sette buoi e andarono a bollirne la carne sotto la Gattarella, dove erano ancorate le loro navi; altri assaltarono la Torre di Portonuovo. Finalmente, da Peschici sopraggiunsero due galee veneziane, fra cui la capitana del golfo guidata da Geronimo Garzon. I Turchi, riconosciutala, si imbarcarono celermente sulle loro fuste, dandosi alla fuga verso Levante: lasciarono sulla spiaggia le caldaie ancora fumanti e un barile di polvere da sparo. Era stata la guarnigione spagnola che presidiava il Castello di Vieste a dare l’allarme: alcuni colpi di cannone avevano allertato gli abitanti, ma soprattutto le galee veneziane che controllavano la costa da Sfinale a Peschici. Inseguiti dalle due galee veneziane, i Turchi si rifugiarono a Ragusa vecchia, da dove contavano di ripartire all’assalto di Vieste.Se questo progetto non si concretizzò fu solo grazie alla vigile presenza delle navi della Serenissima sul tratto di mare antistante la costa

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