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Pubblicato il 13/11/2016

ERBIL-MOSUL-DUHOK: DOVE ARRIVANO I CAMION C’E’ SPERANZA

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dogana di Ibrahim Kahlil- i trailer entrano in kurdistan provenienti dalla doganan di Silopi, Turchia.
Sotto: una delle scorte. Non sempre è necessaria la vigilanza: dipende dalla destinazione. Talvolta l’appuntamento con le guardie private è dopo Mosul, per quei trailer che sono destinati a Bagdad o Bassora. Fino alla diga è sufficente una minore sorveglianza, prevalentemente per motivi assicurativi, più che bellici.

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DUHOK-NORD IRAQ- Il segnale della ripresa economica – o meglio: della voglia di riprendersi- in questa zona dell’Iraq Curdo , sono le lunghe code, al confine con la Turchia, di trailer carichi di merce, di camion con container o prefabbricati alcuni dei quali diretti con ricambi o attrezzature, alla diga.
Diversi di loro trasportano aiuti internazionali.
La economia riparte-vuole ripartire- e ricompaiono perfino i semirimorchi carichi di granaglie destinate al grande mulino tra Duhok e Mosul.
Il curdistan è fertile , verde. Assomiglia a certe zone della Sardegna; tra Zhako ed Erbil colpiscono i chilometri di campi coltivati a grano che contrastano con le immagini di villaggi semidistrutti a pochi chilometri dalla diga.

Se combattere con un’arma è difficile e pericoloso, lo è altrettanto guidare bilici -in Iraq- per centinaia di chilometri ed arrivare a destinazione con la sola protezione di una scorta civile -a volte nemmeno quella- dopo avere attraversato Italia, Grecia, Turchia e Kurdistan.
Dieci giorni di viaggio, a volte otto, per Mosul. Sette dogane per arrivarci, con dodici check points negli ultimi 70 chilometri. Quattordici giorni di guida per Bassora, ora anche sedici.
Nella zona a sud della diga di Mosul si combatte e bisogna fare una lunga deviazione a est, dieci chilometri prima della diga, sbucando a Kirkuk, per aggirare le le zone in conflitto.


Le autorità locali cercano di ricominciare,dopo due anni di guerra.
Il consiglio comunale di Mosul, in esilio a Dohuk, ha ripreso a riunirsi, come pure le autorità locali degli altri villaggi liberati.

C’è chi combatte e chi contribuisce con la logistica.
Dove arrivano i camion ci sono negozi che riaprono, cantieri che danno lavoro, case che si riparano. Bisogna consegnare,nonostante le dogane, le difficoltà, i check point e qualche pericolo.

La superstrada verso Baghdad, che attraversa anche Mosul, è intasata a causa dei blocchi di sicurezza, che a pochi chilometri dal fronte, filtrano severamente ogni passaggio e che impediscono di raggiungere la linea di fuoco se non si hanno speciali pass della intelligence locale.
Da sud e da nord non passa nulla di pericoloso per i civili, grazie ai peshmerga. La polizia e l’esercito presidiano i check point, che sono concentrici, ogni 10 chilometri. Non sonoi aggressivi, anzi, ma sono molto accurati e sospettosi.
Si viene perquisiti perfino quando si entra in un parcheggio o in un centro commerciale a Erbil, a 60 chilometri dalla guerra, o se si va al ristorante. Figuratevi cosa avviene al passaggio di un camion con 23 tonnellate di materiali.


CURDI E IRAQENI CRISTIANI E MUSULMANI COMBATTONO INSIEME
Da Mosul scappano gli arabi, principalmente. La città ha meno del 20 per cento di cristiani. I peshemrga intercettano i fuggitivi, li perquisiscono e , se “puliti”, li portano nei campi.
Niente a che fare con quelli creati abusivamente dai neri della “giungla” francese o italiana. Questi sono profughi che scappano davvero dalle guerre e che vengono aiutati. I campi intorno a Duhok o i rifiugiati di Erbil sono meglio gestiti di quelli europei.
I profughi non sono passivi, qui. Non ciondolano cn IPHONE ma pensano a ripartire a ritornare nelle loro case, molte delle quali distrutte.

Tra le forze curde ed irachene in campo, ci sono anche quelle cristiane. Due battaglioni di loro sono parte delle forze speciali antiterrorismo entrate a Bartalla. A Qaraqosh è in azione anche la “Ninive protection unit”, cristiani dipendenti dal ministero della Difesa di Baghdad. Ci sono anche degli “Ashuri”, gli Assiri, una milizia cristiana di circa 400 elementi pronta ad entrare in azione. I signorotti locali vorrebbero spadroneggiare e vanno contenuti. Un «governatorato cristiano» sui villaggi liberati è una ipotesi. Il dopo Mpsul sarà più difficile, forse, ma la logistica svolgerà un ruolo fondamentale per alimentare ricostruzione ed economia. Dove ci sono camion c’è commercio, c’è lavoro, c’è speranza e -forse- pace.

Non posso scrivere e pubblicare di più, per ora, perchè occhi e orecchi di internet non sono tutti amici ed i convogli sono ancora in viaggio. Alla prossima.
sotto: uno dei campi profughi riservati ai Siriani, nei dintorni di Dohuk, a circa 50 chilometri da Mosul

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