OPINIONI

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Pubblicato il 10/02/2014

FOIBE: NESSUNO HA PAGATO. PER L’ECCIDIO


di Paolo Comastri

REGGIO EMILIA- Con la legge n.92 del 30 marzo 2004 è stato istituito il Giorno del Ricordo, assunto a solennità civile nazionale italiana, per commemorare le vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.
Un’immane tragedia consumatasi nel confine orientale dell’Italia dalla fine del 1946 a tutto il 1948 ed i cui responsabili, occorre sottolinealo, non furono solo i partigiani jugoslavi di Tito; un dramma reso ancora più atroce da quel “silenzio dei vivi” che ha soffocato, per oltre 50 anni, il ricordo degli orrori e delle tragedie del nostro confine orientale.

Oltre 20.000 scomparsi, dei quali quasi 5.000 secondo i dati del Governo Militare Alleato, finiti nelle foibe, voragini di origine carsica, riempite dei corpi di uomini e donne colpevoli solo di essere italiani, vittime di un progetto di pulizia etnica unito al disegno del comunismo internazionalista di Stalin peraltro condiviso e assecondato dai “compagni” comunisti italiani.

Un disegno che oggi si è in grado di provare nei suoi passaggi fondamentali: gli accordi segreti, i cedimenti inconsapevoli del CLNAI, l’eliminazione dei nemici, i partigiani dell’Osoppo, alla malga Porzus, il 7 febbraio 1945, o dei difensori dei confini della Patria, i militi del Reggimento “Tagliamento” o i Bersaglieri del “Mussolini” o i marò della X MAS .

Un disegno perseguito con tenacia ed ambiguità dal PCI e da Palmiro Togliatti attraverso la complicità con i così detti Padri della Patria, che vendettero la sovranità nazionale e condannarono ad un esodo senza ritorno oltre 350.000 uomini e donne.

Già nell’Ottobre 1942, come riferito dal Prof. Tone Ferenc, professore universitario sloveno, nella sua pubblicazione “La capitolazione dell’Italia- Maror 1967”, eminenti personaggi friulani trattavano con gli sloveni per la creazione di formazioni militari unificate; poi nell’ottobre del 1943, convocato dai partigiani veneti, Urban Vratusa, futuro Ministro della Repubblica Federativa di Jugoslavia, formò a Vicenza la Missione Slovena, con il compito di stipulare accordi militari trai partigiani comunisti del nord est ed il IX Corpus Sloveno del Maresciallo Tito.

E come provato dal documento prot.2269/77, lo stesso Urban Vratusa incontrò Luigi Longo, Ferruccio Parri, Leo Valiani, Mario Lizzero, e riuscì, dopo un lungo colloquio diplomatico, a fare dare l’approvazione a questo progetto dal CLNAI, come da documento, peraltro tenuto riservato per decenni, e riportato alla luce dopo lunghe ricerche proprio in quegli archivi preclusi ai ricercatori per decenni, datato 17.7,1944.

Nel documento il CLNAI “prende atto con soddisfazione degli accordi stipulati tra il Comando Generale delle Brigate Garibaldi ed il Comitato del IX Corpo d’Armata dell’Esercito di Liberazione Nazionale Jugoslavo (NOVJ)”.

Questo accordo determinerà poi il passaggio delle Divisioni Garibaldine Comuniste Natisone e Triestina nel IX Corpus e la creazione di un Comando paritetico, costituito da due Comandanti militari, di cui uno italiano, “Sasso” Mario Fantin e di due Commissari Politici, di cui uno italiano, “Vanni” Giovanni Padoan, coinvolto nel processo di Porzus, e darà in qualche modo il via libera ai gappisti di “Giacca” Mario Toffanin, della Federazione del PCI di Udine di compiere la strage dei partigiani osovani, a Porzus e a Bosco Romagno, accusati di essere riluttanti all’annessione non solo della Venezia Giulia ma anche del Friuli, sino al Tagliamento.

Una serie di passaggi formali, per riconoscere i diritti degli jugoslavi sulle nostre terre, tra i quali l’ordine del giorno del 18 APRILE 1945 della Divisione Garibaldi Natisone che recita: “….Trieste ed il Litorale appartengono per diritto naturale e per decisione del popolo alla nuova Jugoslavia democratica e popolare e chiunque osasse tentare di spezzare questa unione sorta dalla lotta comune, sappia che noi garibaldini del glorioso IX Corpo dell’Armata Jugoslava, la difenderemo sino alla completa distruzione di ogni forza ostile.” (Lubiana IZDG.b.251,fasc.I/4)

Il resto è purtroppo storia ben nota: migliaia di uomini e donne italiani, percossi, seviziati, infoibati, fatti sparire, trascinati nei campi di sterminio di Borovnica, Lepoglava, Maribor, Skofia Loka, Aidussina, aperti e operativi sino al Febbraio del 1950 !!.
E poi 350.000 esuli, privati con la violenza dei loro beni e del loro futuro, costretti ad andarsene e a subire il ludibrio dei comunisti italiani a Bologna, a Venezia ad Ancona ed ovunque arrivarono con le loro poche cose, raccolte in voluminosi fazzoletti e fatiscenti valige.

Una storia vergognosa, sancita da un altrettanto vergognoso trattato di pace.
Una vicenda che non può appartenere solo agli istriani, ai fiumani, ai dalmati ed ai giuliani, ma che è divenuta patrimonio di tutti gli italiani, nonostante continui ad essere una orrenda pagina poco conosciuta per quel silenzio dei vivi, o dei vincitori, con cui si è sempre nascosta la verità.

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